venerdì 21 febbraio 2014

VIVISEZIONE VERGOGNA UMANA

Ci si può immaginare a che punto di disperazione deve trovarsi una scimmia prima di uccidere il proprio figlioletto. Ma essa è evidentemente abbastanza intelligente da capire che per lui è meglio non arrivare vivo a destinazione.
(...) La follia sperimentatrice sta portando alla rapida estinzione di certe specie di primati come gli scimpanzé e i macachi rhesus, che rappresentano il risultato di un'evoluzione durata 40 milioni di anni;
IL CALVARIO

Di solito l'esperimento vero e proprio non è che una tappa di un lungo, terribile calvario.

Un'indagine svolta nel 1974 nell'Unione Sud-Africana rivelò che nel corso dei due anni precedenti, un numero stimato tra i 500 e i 1500 babbuini destinati ai laboratori nazionali morirono ancor prima dell'inizio degli esperimenti, per lo più di sete, d'insolazione o di freddo durante i trasporti. In un caso 20 babbuini adulti vennero trasportati per 180 chilometri stipati in una gabbia di un metro per due metri e mezzo. Accade spesso che le madri decapitino i loro piccoli nel corso dei trasporti.

In tedesco si definisce con Affenliebe — amore scimmiesco — un amore materno esagerato. Ci si può immaginare a che punto di disperazione deve trovarsi una scimmia prima di uccidere il proprio figlioletto. Ma essa è evidentemente abbastanza intelligente da capire che per lui è meglio non arrivare vivo a destinazione.

Il sistema più sbrigativo per fare grandi retate di scimmie è di sparare alle madri delle poppanti, dopo di che ci si può impadronire delle piccole che rimangono avvinghiate alle madri morenti Per ogni scimmietta così catturata nelle grandi battute in India Sud-America e Africa per soddisfare le richieste sempre crescenti dei laboratori statunitensi ed europei, molte altre rimangono uccise o ferite dai colpi d'arma da fuoco. Poi tra le scimmiette stipate nelle gabbie durante i trasporti aerei si verifica una mortalità che può raggiungere punte del 70%. Muoiono di traumi psichici e fisici, di sete, di angoscia, di soffocamento. Per ogni scimmia che giunge in un laboratorio, ne devono morire almeno altre cinque Sicché gli 85.283 primati sacrificati nel 1971 nei soli laboratori statunitensi hanno comportato lo sterminio di oltre 400.000 esemplari.

La follia sperimentatrice sta portando alla rapida estinzione di certe specie di primati come gli scimpanzé e i macachi rhesus, che rappresentano il risultato di un'evoluzione durata 40 milioni di anni; tanto che il governo indiano, nonostante il suo grande bisogno di valuta estera, ormai richiede, ingenuamente, l'assicurazione dagli importatori che gli animali serviranno a esperimenti "necessari", prima di permetterne l'esportazione.
Per ovviare all'imminente mancanza di questo materiale da esperimento, 40.000 primati vengono attualmente allevati negli Stati Uniti, in appositi parchi che simulano l'ambiente naturale. Ciò nonostante i nuovi nati coprono appena 1' 1% del fabbisogno.
Per quanto prolifiche allo stato naturale, le scimmie stentano a riprodursi in questi allevamenti.

Quanto ai cani, in molti paesi europei essi vengono forniti dagli accalappiacani municipali e da quelli privati, che racimolano anche i gattini troppo deboli per fuggire e li consegnano mezzo morti di paura e spesso con qualche arto spezzato ai professori universitari e ai laboratori pseudoscientifici di "ricerca" farmacologica. Così in Italia.

Invece in paesi in cui la tortura scientifica è organizzata un po' meglio, come la Svizzera, l'Inghilterra e gli Stati Uniti, la più parte dei cani e gatti proviene da appositi allevamenti: creature destinate a crescere, soffrire e morire senza aver mai conosciuto altro della vita che le celle degli stabulari e le violenze degli uomini.

Per gli animali da laboratorio, la morte equivale alla misericordia, al paradiso. Ma essi non hanno nemmeno la consolazione di sapere che la morte dovrà pure sopravvenire, prima o poi.
Ha scritto il già menzionato prof. Richard Ryder di Oxford: «Spesso gli animali rimangono imprigionati nei laboratori per mesi e anche per anni. Scimmie strappate alla grande libertà della foresta natia si trovano di colpo confinate in gabbie minuscole. Molti laboratori sono senza finestre, ventilati artificialmente. Per facilitare le pulizie, i pavimenti delle gabbie sono di rete metallica. Gli animali non possono mai sedersi o sdraiarsi su una superficie piana, morbida o cedevole. Il cibo consiste in pillole. Giorno e notte, non vedono nessuno se non qualche individuo in camice bianco.

C'è da meravigliarsi che quando vanno sotto il bisturi questi animali sono completamente pazzi, non rappresentano più alcun genere di vita animale conosciuta? Molte persone hanno constatato l'enorme potenziale di sviluppo emotivo e intellettuale degli animali.

Chi è stato tanto fortunato da poterli osservare allo stato libero rimane impressionato dalla complessità e completezza della vita che essi conducono. Queste gioie positive l'animale da laboratorio non le conosce mai». (Da Animals, Men and Morals, ed. Victor Gollancz, Londra, 1971, pag. 57.)

Vivendo con un padrone o in una famiglia che sanno apprezzarne l'affettuosità, un cane vive felice per dodici, quattordici anni e anche più. Rinchiuso in un laboratorio, il cane muore di tristezza o di rabbia impotente entro tre, quattro anni, anche senza esperimenti crudeli. Ma è raro che in laboratorio gli si chieda di vivere tanto a lungo. Tuttavia c'è un caso in cui per un esperimento sulla digestione un cane è stato tenuto con lo stomaco aperto per nove anni: tutta una vita. «Una vita da cane» commentò uno sperimentatore che oltre tutto aveva il dono dell'umorismo.

Suona tanto equilibrato e convincente il ragionamento del dott. Charles W. Mayo, direttore della celebre clinica di Rochester nel Minnesota, discendente del fondatore omonimo, il quale invece era contrario alla vivisezione: «Il fisiologo esperto rispetta profondamente l'integrità del sistema biologico. Egli sa meglio di tutti che la validità dei risultati delle sue ricerche su animali dipende dalle cure che ricevono questi animali e che di solito sono superiori alle cure che ricevono gli animali domestici».

Paragoniamo queste belle parole con la realtà.
Il primo caso proviene da una parente dello stesso dott. Mayo, Pegueen Fitzgerald, che è direttrice della Lega Investigativa sulla Vivisezione di New York e da anni ha anche un suo quotidiano programma radiofonico sulla stazione WOR, di New York. Nell'autunno 1970 la signora Fitzgerald mise in onda il seguente articolo del giornale goliardico Washington Square Journal, a finn di Sonny Kleinfield:
«Dal mese di settembre, in vista di esperimenti sul cervello alla New York University, sette scimmie vengono mantenute agganciate per la gola mediante collari di plexiglas perché le gabbie ordinate dall'Università non sono arrivate.

Ha dichiarato la studentessa Renée Wayburn, laureata della New York University, che aveva visitato il laboratorio e nominava come responsabile di questo stato di cose il dott. Michael Gazzaniga, professore di psicologia:
"Mi ero offerta di procurare io stessa delle gabbie, ma il professore ha risposto che non era necessario" ».

Una fotografia mostrava tre scimmie rannicchiate su un tubo contro un muro, agganciate mediante un collare infisso nella parete, che le manteneva semiappese, incapaci di sedersi e tantomeno di sdraiarsi. L'articolo riferiva che il prof. Gazzaniga si era giustificato cosi: «Gli animali in altre università sono completamente paralizzati, di modo che sebbene sentano dolore non possono fare assolutamente nulla (They can do nothing about it), e quindi il trattamento che noi riserviamo ai nostri animali è mite, in paragone».

Fred Myers, che come rappresentante della Humane Society degli Stati Uniti venne convocato a testimoniare nell'inchiesta parlamentare menzionata in precedenza, vi fece le seguenti rivelazioni :

«Negli ultimi cinque anni, visitando più di 40 dei più importanti laboratori americani, ho visto decine di migliaia di animali tenuti in condizioni di stallaggio così deplorevoli da costituire di per sé una crudeltà. All'Università Johns Hopkins, cani stipati in gabbie erano afflitti da rogna sanguinante che non riceveva alcun trattamento.

All'Università di Tulane c'erano gatti confinati in gabbie sospese dal soffitto, con la rete metallica cosi larga che gli animali non potevano né camminare né stare in piedi né sdraiarsi in maniera normale.

All'Università di New York, durante un fine settimana, ho percorso per più ore i corridoi di vari piani, lungo gabbie in cui erano imprigionati cani, gatti, scimmie, topi, conigli, capre e altri animali, dei quali molti erano fasciati in seguito a interventi chirurgici e palesemente in punto di morte, senza vedere un sol medico, veterinario, assistente o lavorante qualsiasi.

Nell'Ospedale Pediatrico di Cincinnati uno dei nostri ispettori ha trovato quattro giovani scimmie rhesus incatenate per la gola in gabbie di acciaio cosi strette che gli animali a stento potevano muoversi.

Gli addetti alle pulizie all'Università Leland Stanford, servendosi di una cannula, pulivano gli animali che giacevano malati mediante docce calde e fredde.

Ho visto dei semplici tecnici — uomini senza titoli accademici e nessuna pretesa di qualifiche professionali — eseguire operazioni chirurgiche nell'Istituto Nazionale della Sanità. Ho visto un cane vivo e pienamente cosciente, con un taglio aperto nella cavità toracica e addominale, contorcersi disperatamente sul pavimento di cemento di quel medesimo laboratorio, mentre dozzine di uomini e donne gli passavano vicino senza degnarlo di uno sguardo».



tratto da: Imperatrice Nuda
http://www.hansruesch.net/articoli/Imperatrice%20Nuda%20(1976).pdf

Il pdf di Imperatrice Nuda scaricabile anche da questo link :http://www.dmi.unipg.it/~mamone/sci-dem/nuocontri_1/ruesch_IN.pdf


Capitoli di IMPERATRICE NUDA:
http://www.facebook.com/photo.php?fbid=508213929256458&set=a.508213905923127.1073741842.469925656418619&type=3&src

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