venerdì 18 ottobre 2013

VERGOGNOSO

SPESE PAZZE: INDAGATO IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE LIGURE. ROSARIO MONTELEONE, ELETTO CON UDC, SOSPETTATO FORTEMENTE DI AVER AVUTO L’APPOGGIO DELLA ‘NDRANGHETA

 

Spese pazze in Regione indagato Monteleone

Genova - Tredici giorni dopo il blitz della Guardia di Finanza nei suoi uffici è arrivata l’iscrizione nel registro degli indagati per il presidente del consiglio regionale Rosario Monteleone e per il consigliereMarco Limoncini. L’ipotesi da cui partono gli inquirenti è precisa: si indaga su movimenti sospetti di denaro, transitati anche su conti personali di alcuni collaboratori, come la segretaria del presidente.
L’inchiesta sulle spese in Regione è quindi a una svolta. L’inchiesta è condotta dal pubblico ministero Francesco Pinto. Al setaccio degli inquirenti documenti su bilancispese di amministrazione e personale della presidenza e della vicepresidenza dell’ente. Gli atti riguardano uscite e pezze giustificative di tre anni: 2010, 2011 e 2012.
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I boss calabresi: «I vostri voti dateli a Monteleone»

Due boss parlano al telefono, uno è Domenico Belcastro, arrestato ieri a Genova. Parlano di voti, di elezioni, di promesse. E di un altro boss, Mimmo Gangemi, anche lui finito nella retata Ros, che «…vuole appoggiare Monteleone, adesso questo qua gli ha promesso un posto di lavoro al genero». «Questo qua» è Rosario Monteleone, presidente del consiglio regionale e coordinatore dell’Udc in Liguria, la longa manus di Pier Ferdinando Casini. «Sono indebitamente tirato in ballo» è il commento di Monteleone «non c’entro niente con questa gente». Le intercettazioni risalgono a qualche settimana prima delle elezioni regionali.
Dal colloquio tra i due uomini in odor di ’ndrangheta si capisce che è in atto uno scontro tra chi vorrebbe appoggiare Fortunata (Fortunella) Moio, 23 anni, candidata nella Lista Bertone Federazione Pensionati alleata del centrosinistra e chi – Mimmo Gangemi – invece vuole far confluire i voti su Rosario Monteleone, capolista dell’Udc, al fianco del centrosinistra. Il motivo, riportato nella telefonata intercettata, la promessa di un posto di lavoro al genero. Monteleone nega. «Escludo nella maniera più categorica qualsiasi tipo di appoggio elettorale».
E allora perché la citazione nella telefonata tra i due mafiosi? «Ho conosciuto occasionalmente Gangemi, mi ha chiesto un posto di lavoro per il genero a Reggio Calabria, ma io gli ho risposto che non potevo. Lui mi ha detto che si sarebbe rivolto ad altri partiti e così penso che abbia fatto». Monteleone non ricorda in quale occasione ha incontrato Gangemi e neppure se lo ha rivisto in seguito a quel primo «e unico» colloquio. «Boh, forse l’ho rivisto per strada, non lo so…mi sembra tutta una bufala, il frutto di qualcuno che millanta qualcosa».
Monteleone, 52 anni, ha origini calabresi, ma ha sempre negato di aver concentrato le sue campagne elettorali (la prima nel 1981 nella Democrazia Cristiana) sulla folta comunità calabrese di Genova: «Io prendo voti in tutti i quartieri di Genova» ha ripetuto anche prima delle elezioni del marzo scorso. Ieri sera ha informato il presidente della Regione Claudio Burlando «del fulmine a ciel sereno» e stamattina è a Roma per incontrare Casini. «Incontro già in programma, non vado apposta» tiene a precisare. C’è un altro politico genovese che in queste ore è al centro dell’interesse per i suoi, presunti, contatti con il boss Gangemi.
È il consigliere comunale Aldo Praticò, calabrese da 21 anni a Genova, nel marzo scorso candidato al consiglio regionale con il Pdl. Sul suo sito la Casa della Legalità ha pubblicato foto di Praticò con Gangemi. «Quelle foto sono state scattate durante la festa dei calabresi che si svolge ogni anno, un evento pubblico dove viene chi vuole, non una festa elettorale: quella semmai l’avrei fatta se fossi stato eletto in Regione. Eppoi basta: da 21 anni sento sempre le stesse cose sui calabresi e la ’ndrangheta e sui siciliani e la mafia. Non se ne può più».
Le intercettazioni:
«La stiamo appoggiando noialtri… ci impegniamo noi contro la volontà di compare Mimmo Gangemi che abbiamo avuto una discussione…. Che ha voluto appoggiare a un (inc) che è un finanziere, uno sbirro… cinque anni fa ha detto lui che è sbirro questo qua, che è un infame… che questo… adesso ha voluto appoggiare a Monteleone lui… lo potete appoggiare… uno vale l’altro, appoggiamo a Monteleone… adesso questo gli ha promesso un posto di lavoro al genero e voleva appoggiare a questo qua…».
È questa l’intercettazione telefonica inclusa nella maxi ordinanza messa a punto dai gip di Reggio Calabria e Milano che ha smantellato con 300 arresti una rete malavitosa calabrese su tutto il territorio nazionale che lambisce anche la Liguria. Chi parla è Domenico «Mimmo» Belcastro, 48 anni, imprenditore calabrese, considerato dagli inquirenti un leader emergente della `ndrangheta a Genova.
Sta avendo una conversazione con Giuseppe Commisso, il boss calabrese, suo referente. E parla del leader ´ndranghetuso genovese, Domenico «Mimmo» Gangemi, di 64 anni. Nelle sue parole fa capolino il nome di Monteleone, Rosario Monteleone, presidente del Consiglio regionale ligure, rappresentante dell’Udc, ex democristiano con varie cariche amministrative nel suo passato di politico di professione.
La battaglia tra Mimmo Belcastro e Mimmo Gangemi si gioca proprio sulla decisione dell’appoggio politico. Belcastro, originario di Siderno, ritiene di dovere dare il proprio appoggio per le regionali alla figlia di Vincenzo Moio, 51 anni, originario di Taurianova, residente a Camporosso, in provincia di Imperia, imprenditore edile ed ex vice sindaco di Ventimiglia con la maglia del Pdl. La telefonata risale al 4 marzo del 2010, ad urne quasi aperte.
«Stiamo appoggiando ad uno, voi sapete che è questo che lui veniva sempre a Siderno e vi conosce… quel Moio ve lo ricordate voi? Che è un amico che si impegna… e adesso sta candidando la figlia e l’appoggiamo noi…». Commisso chiede a Belcastro se in seno alla cellula della `ndrangheta genovese sia stata fatta una votazione. Belcastro assicura: «No!». E aggiunge: «(Gangemi, ndr) Se ne è andato a Ventimiglia lui a chiamare persone ad uno ad un altro là… invece questi hanno mandato da me a questo, no?… gli hanno detto: «andate da Mimmo e non vi preoccupate»… e lui si è risentito che è venuto da me… e io non l’ho mandato a chiamare… poi mi ha mandato a chiamare lui, poi alla fine ha detto che voleva parlare con Moio a chiedergli scusa che ha sbagliato in buona fede, poi gli ha chiesto scusa pure a questo Moio…».
L’appartenenza di Gangemi alla ´ndrangheta e chiara, e così appare in una conversazione avuta con il boss Domenico Oppedisano: Dice Gangemi: «Siamo tutti una cosa, pare, che la Liguria è ndranghetista. Noi siamo calabresi e quello che c’era qui lo abbiamo portato li. Quello che abbiamo lì è una cosa che abbiamo…noi siamo in collaborazione con la Calabria. Siamo tutti una cosa…calabresi. Mi trovo a Rosarno…sempre da qua sei partito». Segue l’avvertimento del boss Oppedisano: «Però compare quello che amministriamo lì, lo amministriamo per la nostra terra, li amministriamo sempre noi calabresi».
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