domenica 20 ottobre 2013

uscire dall'unione europea

Uscire dall'Unione Europea. Una proposta politica per il cambiamento In evidenza

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Uscire dall'Unione Europea. Una proposta politica per il cambiamento
La Rete dei Comunisti avanza una proposta politica generale per la rottura e il cambiamento sociale.
La svendita di importanti aziende strategiche come Telecom e Alitalia a multinazionali straniere è la conferma della prospettiva di regressione sociale prevista per il nostro ed altri paesi europei come Grecia, Spagna, Portogallo.

Le banche, le multinazionali, i poteri forti che in questi venti anni hanno imposto la costruzione  autoritaria dell’Unione Europea, stanno distruggendo le economie e i diritti sociali dei paesi più deboli per concentrare la ricchezza, le tecnologie, i servizi strategici e le risorse in pochi grandi monopoli europei.

Il prezzo che lavoratori e disoccupati, pensionati e giovani stanno pagando per questo processo di accentramento dei poteri decisionali negli apparati dell’Unione Europea è altissimo e ormai socialmente insopportabile.

In Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda la situazione economica e sociale è devastata dalla disoccupazione di massa, dalla chiusura delle fabbriche, dai tagli alla sanità e ai servizi sociali, dalla privatizzazione e svendita a prezzi stracciata dei beni pubblici, dai licenziamenti e dall’abbassamento dei salari, dai debiti che gli Stati e le famiglie non sono in grado di pagare.

Ma le disuguaglianze sociali stanno aumentando anche all’interno dei paesi più forti come Francia, Germania, Svezia.

I diktat che i gruppi dominanti nell’Unione Europea impongono sono ormai insopportabili e svantaggiosi per i settori popolari. Si arricchiscono ristrette oligarchie legate alle banche, al capitale finanziario e a pochi settori industriali avanzati mentre si impoverisce la maggioranza della popolazione europea.

In questi venti anni, tutti i governi – siano essi di centro-destra che di centro-sinistra – hanno impedito che si potesse discutere e decidere sull’introduzione dei Trattati Europei che stanno distruggendo la democrazia e gli interessi popolari nel nostro e negli altri paesi. Hanno imposto i trattati di Maastricht, di Lisbona, il Fiscal Compact, l’obbligo di pareggio in bilancio ed altri trattati capestro che impediscono di poter prendere misure tese a dare priorità alle esigenze popolari piuttosto che alle politiche di “austerità” volute dalla Banca Centrale Europea, dalla Commissione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale.

La stessa introduzione dell’Euro, ormai in vigore da dieci anni, ha dimostrato chiaramente come la moneta unica europea abbia avvantaggiato solo i grandi gruppi finanziari e industriali (soprattutto tedeschi) ma ha penalizzato i salari dei lavoratori, le pensioni e il potere d’acquisto delle famiglie. Le multinazionali europee traggono vantaggi dall’avere una sola moneta nella competizione con il dollaro ed altre monete nelle loro guerre valutarie. Ma i settori popolari sono stati impoveriti sempre di più perché le risorse che gli sottraggono sono destinate agli interessi delle banche e dei grandi gruppi capitalistici, incluso l’aumento delle spese militari, il pagamento degli interessi sul debito pubblico (che finiscono alle banche) o le grandi opere, spesso costose e inutili per la vita delle persone.

Il PIL Procapite e il potere d’acquisto in Europa, Stati Uniti, Giappone 

Eu 28=100
2008
2010
2012
EU 28
100
100
100
EURO 17
109
109
108
Germania
116
119
122
Irlanda
131
127
130
Grecia
93
87
75
Spagna
104
100
97
Francia
107
109
108
Italia
105
101
99
Portogallo
78
81
75
Finlandia
119
114
115
Svezia
124
124
129
Regno Unito
113
112
129
Norvegia
192
182
196
Turchia
47
50
56
Stati Uniti
147
148
149
Giappone
105
107
105

La spesa sociale in Europa (in percentuale del Pil)

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