tutto regolare per false flag
TUNISIA TI PORTA VIA – UN MESE FA L’AMBASCIATORE ITALIANO, DE CARDONA, DICHIARAVA CHE NON C’ERANO “MOTIVI DI PREOCCUPAZIONE PER GLI ITALIANI IN TUNISIA” – E I JIHADISTI AVEVANO ANCHE ANNUNCIATO “UNA GRANDE SORPRESA”
Uno dei messaggi di rivendicazione dell’Isis dice che il luogo della mattanza è stato “scelto per attirare l’attenzione dei cristiani, un luogo turistico” – Eppure l’ambasciata e il consolato americani a Tunisi dal 2012 sconsigliavano di recarsi in Tunisia con una serie di warning, allarmi…
Pierangelo Maurizio per “Libero quotidiano”
Quando si dice la tempestività. L’ambasciatore italiano a Tunisi, Raimondo De Cardona, ha dichiarato il 16 febbraio 2015, cioè un mese fa: «Non ci sono motivi di preoccupazione e di allarme per gli italiani in Tunisia», residenti (circa 4mila e non) e non. E poi vai con i distinguo sulla Tunisia che non è come la Libia. Infatti, mercoledì abbiamo capito che per alcuni aspetti può essere peggio. «La situazione della sicurezza in Tunisia è normale e stabilizzata» vaticinava il nostro ambasciatore, «si tratta di un Paese che ha dato una grande lezione di democrazia…».
Chi pagherà per la strage annunciata e i 4 morti e gli 11 feriti italiani di mercoledì? L’ambasciatore a Tunisi resterà al suo posto? A qualche funzionario dell’ambasciata, si presume dalle ricche indennità, verrà rimproverata una certa approssimazione nell’«aggiornare» il sito? È ancora presto per dire se le vittime italiane siano state frutto della casualità o se erano proprio loro i veri obiettivi. Più di qualcosa lo lascia pensare.
Ci sono i tweet girati nei giorni scorsi nella galassia jihadista che annunciavano «una grande sorpresa» in Tunisia. Uno dei messaggi di rivendicazione dell’Isis dice che il luogo della mattanza è stato «scelto per attirare l’attenzione dei cristiani, un luogo turistico». Eppure l’ambasciata e il consolato americani a Tunisi dal 2012 sconsigliavano di recarsi in Tunisia con una serie di warning, allarmi.
L’ultimo è del 13 marzo 2013, e riassume quelli di settembre, ottobre e novembre 2012. Riassume le dimostrazioni violente del settembre 2012, le incursioni «in varie località del Paese e nell’area della grande Tunisi» delle forze di sicurezza che hanno sequestrato quantitativi sempre più ingenti di armi ai gruppi jihadisti, l’omicidio di un leader dell’opposizione nel febbraio 2013. È vero che Obama ha ricominciato a strizzare – l’ultima volta il 10 marzo scorso – l’occhio alle «primavere arabe».
E negli ultimi due anni l’ambasciatore Usa a Tunisi non fa che ripetere che «la Tunisia deve ora dimostrare di essere sicura per il business». Ma, insomma, sui siti dell’ambasciata e del consolato i cittadini statunitensi trovano tuttora i warning, con tutte le tappe del terrore che hanno portato alla mattanza al museo del Bardo.
Il sito della nostra ambasciata? Fa un certo effetto l’«allarme» diffuso il 18 marzo a strage avvenuta, titolo «Avvisi particolari»: «Si è verificato oggi 18 marzo un attacco terroristico multiplo presso il Parlamento/Museo del Bardo a Tunisi. Si raccomanda di evitare zone limitrofe». Stop. Due righe appiccicate alla nota del 19 febbraio scorso (quella seguita alle parole ottimistiche dell’ambasciatore).
«La Tunisia ha vissuto nella calma le tornate elettorali dell’autunno scorso. Si sta assistendo a un graduale miglioramento delle condizioni di sicurezza nelle grandi città, favorito dalla ricomposizione del quadro politico tunisino a seguito della formazione di un Esecutivo condiviso tra le maggiori forze politiche del Paese», «le forze dell’ordine hanno peraltro messo a segno con successo un crescente numero di operazioni volte all’individuazione e all’annientamento di cellule legate agli ambienti del terrorismo o dedite al traffico d’armi».
Certo si raccomanda «di osservare le più opportune misure di sicurezza» (quali?) nel frequentare luoghi pubblici e di evitare «gli assembramenti», anche a Tunisi. Meglio evitare le zone di confine con Libia e Algeria e il deserto. E per quanto riguarda la capitale, unica precauzione si suggerisce «una rafforzata vigilanza» se si ama girovagare nell’estrema periferia e si sconsiglia «di attraversare la Medina negli orari notturni».
Una scampagnata, tutto sommato. La cosa si fa decisamente seria. I nostri servizi segreti hanno storicamente ottimi rapporti con quelli tunisini, tanto Bettino Craxi qualche anno fa rivelò che fummo noi a pilotare la destituzione incruenta di Bourghiba con Ben Alì(magari fossimo in grado di fare altrettanto ora in quel quadrante), i due autocrati più che dittatori che però hanno portato la Tunisia alla prosperità.
E i nostri 007 hanno consuetudine con quelli di Marocco, Egitto, Libano. Possibile che non abbiano avuto alcun sentore di ciò che i tagliagole hanno annunciato più o meno pubblicamente? Possibile che il governo e il ministro degli Esteri non abbiano avuto qualche report, almeno per far mettere sul sito della nostra ambasciata informazioni attendibili sui seri rischi per i nostri connazionali?
La cosa è doppiamente seria. Tra settembre e dicembre il premier Matteo Renzi ha provveduto a cambiare tutti i vertici di enti pubblici e dello Stato, compresi Aisi e Aise, cioè il servizio segreto interno e quello estero. E se questa è la prova data in quello che potrebbe essere il primo attacco della guerra dichiarata all’Italia, c’è da preoccuparsi.
Nessun commento:
Posta un commento