Dolce & Gabbana: “La famiglia è quella tradizionale. Non ci convincono i ‘bambini sintetici’ e gli uteri in affitto”
I due stilisti affidano al settimanale Panorama le loro riflessioni e Dolce, la metà più conservatrice della griffe siculo-milanese, rincara la dose, rispondendo a una domanda sulla voglia di paternità: "Sono gay, non posso avere un figlio. Credo che non si possa avere tutto dalla vita, se non c'è vuol dire che non ci deve essere. È anche bello privarsi di qualcosa. La vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. E una di queste è la famiglia”
“Non l’abbiamo inventata mica noi la famiglia. L’ha resa icona laSacra famiglia, ma non c’è religione, non c’è stato sociale che tenga: tu nasci e hai un padre e una madre. O almeno dovrebbe essere così, per questo non mi convincono quelli che io chiamo figli della chimica, i bambini sintetici. Uteri in affitto, semi scelti da un catalogo. E poi vai a spiegare a questi bambini chi è la madre. Procreare deve essere un atto d’amore, oggi neanche gli psichiatri sono pronti ad affrontare gli effetti di queste sperimentazioni”. A parlare non è Carlo Giovanardi, né Mario Adinolfi. Sono parole di Domenico Dolce, lo stilista che con Stefano Gabbanaha creato un impero della moda.
Entrambi omosessuali dichiarati da anni, Dolce & Gabbana hanno affidato le loro riflessioni al settimanale Panorama, che evidentemente aveva bisogno di una voce gay che smontasse le richieste del movimento LGBT, proprio quando sembra cheMatteo Renzi voglia accelerare sulle unioni alla tedesca.
Entrambi omosessuali dichiarati da anni, Dolce & Gabbana hanno affidato le loro riflessioni al settimanale Panorama, che evidentemente aveva bisogno di una voce gay che smontasse le richieste del movimento LGBT, proprio quando sembra cheMatteo Renzi voglia accelerare sulle unioni alla tedesca.
Ma Dolce rincara la dose, rispondendo a una domanda sulla voglia di paternità: “Sono gay, non posso avere un figlio. Credo che non si possa avere tutto dalla vita, se non c’è vuol dire che non ci deve essere. È anche bello privarsi di qualcosa. La vita ha un suopercorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. E una di queste è la famiglia”. Dolce, si sa, è la metà più conservatrice della griffe siculo-milanese, mentre Gabbana un figlio lo farebbe anche subito. Le dichiarazioni degli stilisti, come prevedibile, tengono banco da qualche ora sui social network, innescando un dibattito infuocato non solo tra sostenitori dei diritti gay e difensori a oltranza della famiglia tradizionale, ma anche all’interno dello stesso mondo omosessuale.
E sono in molti, inoltre, a sottolineare una certa spericolata virata rispetto a quanto gli stessi Dolce & Gabbana avevano dichiarato nel 2005 a Vanity Fair. All’epoca i due si erano fatti fotografare circondati da paffuti e allegri bimbi, con un titolo che non lasciava spazio a fraintendimenti: “Dolce & Gabbana. Il desiderio di essere padri”. Eppure l’uscita dei due stilisti che secondo molti è assai infelice, è solo l’ultima di una lunga serie, che già da qualche anno ha incrinato il rapporto tra la loro casa di moda e la comunità LGBT. Nel 2006, per esempio, Gabbana si era schierato contro il matrimonio gay, definendolo “una caricatura”. Ma come fa notare oggi il portale Gay.it, qualche mese fa il profilo ufficiale Instagram di D&G aveva fatto sperare in un endorsement proprio in un momento cruciale per la conquista dei diritti anche nel nostro Paese (che, è bene ricordarlo, insieme alla Grecia è l’unico membro dell’Ue a non prevedere né unioni civili né matrimonio egualitario): una foto di lancio per la collezione estate 2015, con i due stilisti circondati da tanti bambini, un giovane e aitante modello e una didascalia molto gay-friendly: “Amore, famiglia e risate. Questa è l’essenza dell’estate 2015″. Una famiglia non proprio tradizionale, tantomeno ispirata alla Sacra Famiglia. Ma evidentemente nel mondo della moda non si può fare a meno del mercato gay. Anche a costo di apparire incoerenti e fin troppo volubili su tempi delicati che coinvolgono la vita di così tante persone.
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