domenica 29 marzo 2015

PARIGI Gheddafi"

"Parigi ordinò di eliminare Gheddafi"

L'ex ministro della Difesa La Russa: "Non so chi fu poi a ucciderlo, ma la Francia aveva lanciato bombardamenti mirati"


«L'Italia non ci ha guadagnato» dall'intervento armato della Nato in Libia. «Parigi accese la miccia e ci spinse all'azione» ed «eliminare Gheddafi non era un obiettivo nascosto».
I francesi puntavano «a colpire il colonnello in maniera mirata, come fanno gli israeliani». Lo rivela al Giornale, Ignazio La Russa, ministro della Difesa nel 2011 ai tempi dei bombardamenti sulla Libia. A Parigi regnava Nicolas Sarkozy, oggi sotto inchiesta in Francia per varie ombre sui finanziamenti elettorali, compresi milioni di euro che sarebbero arrivati da Tripoli. Gheddafi, che avrebbe potuto raccontare in un tribunale la sua versione dei fatti, è stato ucciso.
Quale fu il ruolo della Francia del presidente Nicolas Sarkozy nell'intervento armato contro Gheddafi?
«La Francia accese la miccia e ci spinse all'azione. Parigi ruppe gli indugi e costrinse gli altri paesi a una scelta affannosa. È vero che Gheddafi bombardava i civili, ma i francesi non aspettarono il via libera degli organismi internazionali e agirono subito. Ciò impedì un'azione diplomatica alternativa».
Il governo italiano cosa pensava veramente dei bombardamenti?
«Berlusconi era il più restio a intervenire contro Gheddafi sospettando che l'atteggiamento della Francia fosse una reazione al rapporto vantaggioso che si era creato fra Italia e Libia».
È vero che Parigi voleva scalzare l'Eni per mettere le mani sulle risorse energetiche libiche?
«Secondo Berlusconi i francesi erano invidiosi e Parigi puntava a spodestare le nuove relazioni Italia-Libia servite a ridimensionare i flussi migratori verso l'Italia. Non c'era solo il problema dell'immigrazione da risolvere, ma siamo anche riusciti a consolidare il rapporto privilegiato nell'approvvigionamento energetico».
Berlusconi rimase molto turbato dal bombardamento mirato a Tripoli, che aveva come obiettivo il colonnello, ma uccise uno dei suoi figli. Chi l'ha voluto e qual era la bandiera dei caccia?
«Noi non partecipammo. A memoria non ho un ricordo preciso, ma credo che i francesi ci fossero, anche se nel raid erano coinvolti più assetti di diverse nazioni. In ogni caso alla Francia era attribuita la principale iniziativa di colpire Gheddafi in maniera mirata, come fanno gli israeliani. Noi non alzammo mai in volo i nostri caccia per bombardare case, famiglie, o figli del colonnello. Parigi non aveva la stessa logica».
Le risulta che nella lista di obiettivi della Nato fossero state inserite dai francesi le nostre infrastrutture petrolifere in Cirenaica?
«Mi risulta che siamo riusciti a ottenere un meccanismo non previsto: nelle riunioni per la pianificazione degli obiettivi c'era un nostro ufficiale con il cartellino rosso. L'Italia aveva deciso di non partecipare a determinate missioni, che comportavano il rischio di colpire obiettivi non militari. Il cartellino rosso fu alzato diverse volte per la vicinanza di centri abitati e civili».
Ci sono sospetti su coinvolgimenti di agenti stranieri nella morte di Gheddafi. Cosa ne pensa?
«Sapevamo che c'erano agenti di vari paesi che operavano in Libia. Non esistono prove certe, ma probabilmente anche nel frangente della morte di Gheddafi c'erano degli stranieri. Non in quell'occasione, ma anche noi avevamo personale sul terreno, che raccoglieva informazioni».
Nella morte del colonnello erano coinvolti i francesi?
«Non ho mai ricevuto rapporti a riguardo. I francesi, però, non erano i soli a puntare in maniera mirata sul colonnello. Anche gli americani pensavano che fosse una soluzione. Non me l'hanno mai detto direttamente a livello politico, ma i nostri militari riferivano che eliminare Gheddafi era un obiettivo non nascosto».
E noi cosa facevamo sul terreno?
«Prima dei bombardamenti l'attuale capo di stato maggiore dell'esercito, generale Graziano, andò di persona a Bengasi, quartier generale dei rivoluzionari (per preparare il terreno all'invio di addestratori, ndr). Sul terreno l'Italia mantenne sempre delle fonti informative».
Oggi la Libia è infiltrata dai terroristi, in mano alle milizie e punto di imbarco di decine di migliaia di migranti diretti verso le nostre coste. Era meglio lasciare Gheddafi al suo posto?
«Se ci fosse stata una possibilità di scelta forse sarebbe stato meglio. Però la storia non si fa con i se o con i ma. È stata la primavera araba a scatenare una serie di reazioni che hanno portato alla caduta di Gheddafi. Sicuramente l'Italia non ci ha guadagnato. In termini economici e di sicurezza non ne ha tratto alcun vantaggio».
Come si risolve l'invasione dei migranti dal mare?
«In Libia, di fatto, non esiste più un ordine costituito. Se vogliamo impedire tragedie come quelle di questi giorni non bisogna farli partire. L'Italia deve andare davanti alle coste libiche e se necessario usare la forza per far tornare indietro i barconi. Bisogna risolvere il problema di chi ha diritto all'asilo, i veri rifugiati, ma i clandestini vanno fermati in mare nelle acque territoriali di Tripoli. E se qualcuno cerca di impedirlo lanciamo operazioni militari contro i trafficanti di uomini».
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Il segreto da nascondere: l'omicidio di Gheddafi

Il raìs sarebbe stato eliminato per coprire i 50 milioni per la campagna di Sarkò


Cinquanta milioni di euro sborsati da Muammar Gheddafi per la corsa all'Eliseo e la sospetta esecuzione del colonnello sono i cadaveri nell'armadio dell'ex presidente francese Nicolas Sarkozy.
Non a caso la guerra della Nato in Libia è scattata il 19 marzo 2011 con un bombardamento dei caccia francesi sulle forze di Gheddafi, che stavano per travolgere i ribelli a Bengasi.
I fantasmi libici, sempre seccamente smentiti con sdegno da Sarkozy, sono riapparsi con il clamoroso fermo di ieri. Nelle telefonate intercettate e con le pressioni su un giudice, l'ex capo di stato si preoccupava proprio delle indagini sui presunti fondi di Gheddafi alla sua campagna elettorale che lo portò all'Eliseo nel 2007.
Il primo ad accusare Sarkozy di aver accettato i milioni di Tripoli per farsi eleggere era stato Saif el Islam, figlio ancora vivo del colonnello, tre giorni prima dell'attacco Nato. Il 25 ottobre 2011 l'ex primo ministro libico, Baghdadi Ali al-Mahmoudi, fuggito ed arrestato in Tunisia ammetteva durante un interrogatorio: «Ho supervisionato personalmente il dossier del finanziamento di Tripoli alla campagna di Sarkozy».
Un anno dopo l'attacco Nato in Libia, fra smentite e querele salta fuori che Brice Hortefeux, diventato ministro durante la presidenza Sarkozy, chiuse l'accordo il 6 ottobre 2006 in una riunione con Abdullah Senussi, cognato del colonnello ed il trafficante d'armi Ziad Takieddine. L'accordo era riportato in un documento firmato da Mussa Kussa, allora capo degli onnipresenti servizi segreti libici ed oggi riparato in Qatar. I soldi sarebbero stati versati segretamente da Bashir Saleh, capo di gabinetto del colonnello. La storia è stata confermata da Moftah Missouri, l'interprete personale del rais libico.
Sarkozy accoglieva Gheddafi dei tempi d'oro a Parigi, come «il fratello leader». Se è vera la storia del finanziamento illecito il colonnello l'avrebbe resa pubblica, per sbugiardare il presidente francese, nel caso fosse stato processato. Il 20 ottobre 2011, quando la colonna di Gheddafi venne individuata e bombardata da due caccia Rafale francesi, il rais era stato preso vivo, ma poi gli hanno sparato il colpo di grazia. «Nei giorni precedenti c'erano state diverse missioni tattiche di almeno 9 elicotteri su Sirte (dove si nascondeva il colonnello nda) - racconta a il Giornale una fonte Nato - Uno inglese e gli altri francesi, che colpivano obiettivi mirati». La fine di Gheddafi iniziò con una telefonata a Damasco, dal suo apparecchio satellitare, intercettata dalla Nato. I piloti dei caccia francesi ed un Predator americano fornirono continue informazioni sulla colonna del colonnello in fuga alla base Nato di Napoli e a Poggio Renatico, che gestiva le operazioni aeree. Parte di queste informazioni venivano girate ai corpi speciali e all'intelligence alleata, al fianco dei ribelli a Sirte.
«L'impressione è che dopo il primo gruppo di insorti che catturarono Gheddafi vivo sia arrivato un secondo, che sapesse esattamente cosa fare e avesse ordini precisi di eliminare i prigionieri» ha spiegato una fonte riservata de il Giornale allora impegnata nel conflitto. Una parte dei rivoluzionari voleva portare Gheddafi a Misurata, come testimoniano le urla nei video registrati dai telefonini. Poi qualcuno del secondo gruppo, con l'ordine di uccidere, dev'essersi avvicinato al colonnello sanguinante, ma vivo, per il colpo di grazia in mezzo alla confusione.
Mesi dopo, Mahmoud Jibril, che è stato primo ministro ad interim, dopo la caduta del regime, confermava alla tv egiziana: «Un agente straniero mescolato ai rivoluzionari ha ucciso Gheddafi».
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Così Sarkozy fregò Gheddafi (e l'Italia)

Le Monde: Nicolas trascinò l'Europa in guerra per nascondere gli aiuti del Colonnello. Ora cerca di cancellare le prove

I servizi segreti sono alla caccia di settanta scatoloni pieni di cassette audio e video che contengono le registrazioni degli incontri e delle telefonate fra il defunto colonnello Gheddafi ed i dignitari di mezzo mondo, quando veniva trattato con i guanti bianchi.
Il primo a doversi preoccupare degli scottanti contenuti delle registrazioni è l'ex presidente francese Nicolas Sarkozy, come sostiene il quotidiano le Monde che è tornato sul finanziamento libico alla campagna elettorale di Sarkozy nel 2007.
Nel marzo 2011, poche ore prima dei bombardamenti della Nato sulla Libia, Muammar Gheddafi rilasciava a il Giornale l'ultima intervista della sua vita ad una testata italiana. Alla domanda sull'interventismo francese che ha spinto in guerra mezza Europa, compreso il nostro Paese, rispondeva: «Penso che Sarkozy ha un problema di disordine mentale. Ha detto delle cose che possono saltar fuori solo da un pazzo». E per ribadire il concetto si sporgeva verso chi scrive battendosi il dito indice sulla tempia, come si fa per indicare i picchiatelli. Il Colonnello non riusciva a comprendere come l'ex amico francese, che aveva aiutato con un cospicuo finanziamento (forse 50 milioni di euro) per conquistare l'Eliseo fosse così deciso a pugnalarlo alle spalle.
Dell'affaire Sarkozy erano al corrente tre fedelissimi di Gheddafi: il responsabile del suo gabinetto, Bashir Saleh, Abdallah Mansour consigliere del Colonnello e Sabri Shadi, capo dell'aviazione libica. Saleh, il testimone chiave, vive in Sudafrica, ma nel 2011 era apparso in Francia e poi sparito nonostante un mandato cattura dell'Interpol. Il caso era stato gestito da Bernard Squarcini, uomo di Sarkozy, ancora oggi a capo del controspionaggio. E sempre Squarcini è coinvolto nella caccia alle cassette scottanti di Gheddafi, che potrebbero contenere gli incontri con altri leader europei. Silvio Berlusconi non ha mai nascosto l'amicizia con il colonnello, mentre Romano Prodi e Massimo D'Alema, che pure avevano frequentato la tenda di Gheddafi cercano sempre di farlo dimenticare. 
Lo sorso anno un politico francese di sinistra, Michel Scarbonchi, viene avvicinato da Mohammed Albichari, il figlio di un capo dei servizi di Gheddafi morto nel 1997 in uno strano incidente stradale. Albichari sostiene che un gruppo di ribelli di Bengasi ha sequestrato «70 cartoni di cassette» di Gheddafi. Scarbonchi si rivolge al capo del controspionaggio, che incontra il contatto libico. «Avevano recuperato la videoteca di Gheddafi con i suoi incontri e le conversazioni segrete con i leader stranieri» conferma Squarcini a Le Monde. I ribelli vogliono soldi e consegnano come esca una sola cassetta, di poca importanza, che riguarda il presidente della Cosa d'Avorio. Il materiale è nascosto in un luogo segreto. Pochi mesi dopo Albichari sostiene di essere «stato tradito» e muore per una crisi diabetica a soli 37 anni. Non solo: il corpo di Choukri Ghanem, ex ministro del Petrolio libico, custode di ulteriori informazioni sensibili, viene trovato a galleggiare nel Danubio a Vienna.
La caccia alle registrazioni del Colonnello deve essere iniziata nell'ottobre 2011, quando la colonna di Gheddafi è stata individuata e bombardata da due caccia Rafale francesi. Il rais libico era stato preso vivo, ma poi gli hanno sparato il colpo di grazia. «L'impressione è che dopo il primo gruppo di ribelli sia arrivato un secondo, che sapesse esattamente cosa fare e avesse ordini precisi di eliminare i prigionieri» spiega una fonte riservata de il Giornale che era impegnata nel conflitto. L'ombra dei servizi francesi sulla fine di Gheddafi è pesante. Sarkozy non poteva permettersi che il colonnello, magari in un'aula di tribunale, rivelasse i rapporti molto stretti con Parigi. La Francia ci aveva tirato per i capelli nella guerra in Libia stuzzicando Berlusconi sui rapporti con Gheddafi. Peccato che Sarkozy ne avesse di ben più imbarazzanti.
Delle cassette di Gheddafi non si sa più nulla. L'unico che potrebbe far luce sul suo contenuto è Seif al Islam, il figlio del colonnello fatto prigioniero, che i libici vogliono processare e condannare a morte.

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