Ravenna: la mattanza dei daini riprende
Il Consiglio di Stato rigetta le richieste delle Associazioni
Siamo forse all’ultimo atto, purtroppo. Il Consiglio di Stato riunitosi in Camera di Consiglio il 5 marzo, ha respinto le istanze delle associazioni Vittime della Caccia, Earth e Animal Liberation, che assieme all’associazione C.LA.M.A. hanno costituito il coordinamento “Viva i daini vivi della pineta di Classe” con l’obiettivo di fare fronte unico contro la delibera della provincia di Ravenna che disponeva l’abbattimento dei daini della Pineta di Classe.
Secondo quanto riportato nel comunicato emesso dalle associazioni il Consiglio di Stato ha ritenuto il “provvedimento motivato e pienamente sostenuto dagli Enti che hanno concorso all’istruttoria quali l’Ente Parco per il Delta del Po e Ispra“, e che “non risulta dimostrata la applicabilità e la efficacia nella situazione data delle misure alternative proposte che potranno tuttavia utilmente essere prese in considerazione per risolvere i non secondari problemi che l’intervento programmato lascia aperti“.
In sostanza, denunciano le associazioni, si avvalla ancora il parere di chi sostiene ilricorso alle doppiette invece che i metodi ecologici, e si nega la possibilità di applicare alternative non cruente, rimandate ad un futuro non definito.
In sostanza, denunciano le associazioni, si avvalla ancora il parere di chi sostiene ilricorso alle doppiette invece che i metodi ecologici, e si nega la possibilità di applicare alternative non cruente, rimandate ad un futuro non definito.
La vicenda ha avuto inizio lo scorso novembre con il provvedimento della Provincia di Ravenna che prevedeva un piano di abbattimento di 67 daini del Parco di Classe sito lungo la statale Adriatica a Sud della città, a seguito dello sconfinamento nelle aree agricole fuori dalla pineta protetta, adducendo come motivazione gli incidenti stradali e i presunti danni all’agricoltura.
Immediate si sono levate le proteste di associazioni, comitati e cittadini. In particolare le associazioni Vittime della Caccia, Earth ed Animal Liberation, sostenute dall’associazione C.LA.M.A. si sono attivate per impugnare l’ordinanza. Si è trattato di un lavoro impegnativo, sia a livello organizzativo che per il rischio economico. In prima istanza il Tar di Bologna ha infatti condannato le associazioni al pagamento di oltre 4 mila euro rigettandone le richieste. Questo non ha fermato però il Coordinamento che ha continuato la battaglia legale grazie alle donazioni dei tanti privati, alla tenacia delle associazioni ed all’ottimo operato degli avvocati, che hanno messo la propria professionalità gratuitamente al servizio della causa.
Purtroppo, il Consiglio di Stato, che in prima istanza aveva accolto la richiesta di sospensione della caccia ai daini come richiesto delle associazioni, non ha poi ritenuto di accoglierne le ragioni.
La sentenza del Consiglio di Stato da così il via libera ad un vero e proprio massacro visto che, prima ancora della pronuncia, la Provincia aveva disposto una proroga dell’attività di abbattimento degli animali di 15 giorni, con il rischio concreto di abbattere anche femmine gravide data la stagione.
“In Italia malgrado la legge scritta, si ricorre sempre e solo alle doppiette, senza limiti di spazio e tempo, senza rispetto e senza necessità ;consentendo ai cacciatori di sparare in luoghi frequentati dalle famiglie per le passeggiate domenicali; anche nei periodi di riproduzione. Quello che avviene in Italia alla fauna selvatica è paragonabile ad una macelleria a cielo aperto; con il nome Macello Italia il Coordinamento definisce il progetto con cui intende influire a livello politico e di sensibilizzazione, perché tutto questo abbia fine ed i parchi e pinete tornino ad essere rifugio di animali innocenti e di cittadini pacifici.” hanno dichiarato le Associazioni che costituiscono il Coordinamento.
Anche Lega Nazionale per la Difesa del Cane ha espresso tutta la sua incredulità sulla vicenda “Lega Nazionale per la Difesa del Cane giudica inaccettabile la decisione maturata in sede di Consiglio di Stato, incurante di una molteplicità di fattori che, a quanto pare, non sono stati valutati con obiettività, favorendo palesemente le pressanti brame venatorie con il pretesto di presunti danni alle colture da parte dei poveri daini, ormai definitivamente condannati a morte. Senza appello.” ha conclusoMichele Di Leva Responsabile Caccia e Fauna selvatica LNDC.
Fonti: Associazione vittime della Caccia e LNDC
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