domenica 26 aprile 2015

IL NEW YORK TIMES MASSACRA RENZI! NESSUNO TI RACCONTA LA REPUTAZIONE DELL’EBETE ALL’ESTERO? LEGGI QUI

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1.IL “NEW YORK TIMES” SVELA L’IRRILEVANZA ASSOLUTA DEL POVERO RENZI: “OBAMA SAPEVA DEI DUE OSTAGGI MORTI MA NON DISSE NULLA A RENZI” NELLA VISITA DEL 17 APRILE
2. MA UNA BATTUTA DEL NOSTRO PREMIER SULLA “CERTEZZA” RICEVUTA DA OBAMA AL TELEFONO MERCOLEDÌ SU LO PORTO FA PENSARE CHE FOSSE STATO MESSO SULL’AVVISO
3. IN OGNI CASO LA FIGURA È PESSIMA E RESTA DA CAPIRE ANCHE CHI HA FORNITO AI SERVIZI AMERICANI IL REPERTO PER IL CONTROLLO SUL DNA DEL COOPERANTE ITALIANO
4. SALLUSTI: QUANDO RENZI VA FUORI DALL’ITALIA “RICORDA QUELLE SQUADRE DI CALCIO CHE IN CAMPIONATO FANNO SCINTILLE MA IN CHAMPIONS LEAGUE NON VANNO OLTRE I PRELIMINARI”
Venerdì 17 aprile il presidente Consiglio veniva ricevuto allo Studio Ovale. Obama sapeva già che il drone Usa aveva ucciso due ostaggi, tra cui l’italiano. Una versione, del New York Times , che crea imbarazzo a tutti. Eccola: «La settimana scorsa i vertici dell’intelligence Usa ebbero il più alto livello di certezza nel collegare le morti di Weinstein e Lo Porto all’attacco del drone. Obama tolse il segreto di Stato sull’episodio, ma non disse nulla al primo ministro italiano in visita alla Casa Bianca».
Un trattamento irriguardoso verso un alleato. Mancanza di rispetto? La confusione è aumentata ieri quando sulla vicenda è tornato a parlare Josh Earnest, portavoce di Obama. Alla domanda se ci fosse stato un accenno alla morte di Lo Porto in occasione della visita di Renzi, Earnest ha risposto: «C’è stata la telefonata diretta tra i due mercoledì sera. Se ne abbiano parlato quando Renzi era qui, non lo so». L’ipotesi è che le informazioni sulla tragedia avvenuta in Pakistan circolassero già a livello di servizi.
I DUBBI SUI NOSTRI SERVIZI SEGRETI CHI HA DATO LA PROVA PER IL DNA?
Fiorenza Sarzanini per “Il Corriere della Sera
 Ci sono almeno due punti oscuri nella versione ufficiale fornita dal governo italiano sull’uccisione di Giovanni Lo Porto, il cooperante italiano rapito nel gennaio 2012 a Multan, al confine tra Pakistan e Afghanistan. Due interrogativi che il Parlamento rivolgerà al sottosegretario con delega ai servizi segreti Marco Minniti, convocato davanti al comitato di controllo per martedì.
Perché vanno chiariti i reali rapporti del nostro Paese con gli Stati Uniti, soprattutto bisogna capire come mai, mentre l’Italia si impegnava — nei colloqui ufficiali avvenuti la scorsa settimana a Washington — a rimanere al fianco dell’alleato in Afghanistan, il presidente Barack Obama non abbia ritenuto di dover condividere con il presidente del Consiglio Matteo Renzi ogni passaggio di quanto stava accadendo. E se invece l’ha fatto, si deve comprendere come mai il premier e il titolare della Farnesina Paolo Gentiloni abbiano deciso di negarlo.
Si torna dunque a ieri mattina quando — prima della relazione del ministro degli Esteri alla Camera — circola l’indiscrezione secondo la quale nel corso dell’incontro avvenuto il 17 aprile scorso nello studio Ovale della Casa Bianca, Obama abbia anticipato a Matteo Renzi la possibilità che un ostaggio italiano fosse rimasto ucciso nei raid.
Circostanza ufficialmente negata, ma rilanciata dopo la dichiarazione rilasciata ieri sera dal premier italiano alla trasmissione de La7, Ottoemezzo : «La certezza che i due corpi fossero quelli dei due cooperanti noi l’abbiamo avuta mercoledì e credo che anche gli americani l’abbiano saputo mercoledì». «Certezza», dunque conferma a un sospetto già noto.
 Ma perché negarlo? Il fatto che la morte risalga al gennaio scorso sta creando non pochi imbarazzi. Perché comunque nulla risulta essere stato detto prima del 17 aprile, eppure è accertato come da settimane gli Stati Uniti si stessero occupando della vicenda ed è fin troppo evidente che abbiano deciso di non affrontarla con l’Italia.
Eppure sono state compiute numerose verifiche, addirittura è stato effettuato un esame comparativo del Dna per accertare che si trattasse proprio di Giovanni Lo Porto. Ma anche su questo si sarebbe deciso di mantenere il segreto. E allora chi ha fornito ai servizi segreti statunitensi il reperto per effettuare la comparazione sul codice genetico? Possibile che nessuno nel nostro Paese ne sapesse nulla?
E qui si arriva al secondo punto. Gli 007 italiani erano stati informati che Lo Porto poteva essere tenuto prigioniero insieme a Warren Weinstein, l’anziano americano rapito successivamente? La collaborazione tra i servizi di intelligence ha previsto uno scambio informativo sugli ostaggi oppure, come spesso avviene in questi casi, gli Stati Uniti si sono mossi in totale autonomia, addirittura celando ai nostri 007 notizie preziose?
Le ultime informazioni fornite dai vertici dell’Aise al Copasir su Lo Porto risalgono al dicembre scorso. Gli 007 avevano assicurato di aver ricevuto la conferma che era ancora vivo, pur non potendo fornire notizie ulteriori sulle sue condizioni di salute. Del resto già agli inizi del 2014, quando erano stati recapitati a distanza di poche settimane due video, compariva molto provato.
Fino ad allora gli agenti segreti si erano mossi in collaborazione con i colleghi tedeschi. Tutto era però cambiato il 10 ottobre scorso quando il collega Bernd Muehlenbeck era stato liberato. Mentre Giovanni Lo Porto è stato probabilmente ceduto a un nuovo gruppo terrorista e poi ucciso nel raid statunitense.
 MA I DRONI NON SONO IL VERO NEMICO
Alessandro Sallusti per “Il Giornale
 Penso ci sia un nesso tra l’isolamento politico in cui si è cacciato Matteo Renzi dentro e fuori il suo partito e le difficoltà che l’Italia sta incontrando sul piano internazionale. Il fallimento del vertice europeo sull’emergenza sbarchi (ci hanno liquidato con una mancia) e lo schiaffo di Obama che ha tenuta nascosta la morte di un nostro cooperante, sono solo gli ultimi episodi che dimostrano quanto in poco conto siano tenuti i diritti e le necessità dell’Italia monocolore renziana financo da amici e alleati. Probabilmente su questo terreno Renzi paga dazio alla sua veloce ascesa e conseguente inesperienza. Da sindaco a premier senza passare neppure per il Parlamento, o per un’ora di lavoro, può entusiasmare i tuoi fan e illudere parlamentari in fuga da partiti allo sbando.
 Ma è cosa, direi curriculum, che lascia perplessi i grandi del mondo, abituati a interlocutori di ben altra autorevolezza. Parliamo di leader solidi e scafati, alcuni con alle spalle decenni di esperienza ai massimi livelli, capi o membri di lobby che decidono i destini di miliardi di persone.
E noi a tanto cosa contrapponiamo? Un premier simpatico e caciarone che si porta appresso la lobbina di giovani consiglieri comunali, amici di calcetto e vigilesse sveglie con la quale governava – secondo alcuni pure male – il Comune di Firenze. Ovviamente non può esserci partita. Qualche italiano Renzi ancora lo può stupire con battute (peraltro scritte da altri) ed effetti speciali in tv di fronte a conduttori per lo più compiacenti. Ma quando mette piede fuori dall’Italia, la musica cambia. Grandi cortesie, grossi sorrisi, ma l’uomo evidentemente non c’è. Per non parlare dei suoi ministri. Quelli degli Esteri, prima la Mogherini e ora Gentiloni, sono pesi piuma, la cattiva fama di quello dell’Interno, Angelino Alfano, ha superato i confini nazionali.
 Renzi e il suo governo ricordano quelle squadre di calcio che in campionato fanno scintille ma in Champions League non vanno oltre i preliminari. Simpatiche, appunto, ma senza storia e senza futuro.
Da che mondo è mondo la politica estera non è questione di partito ma di Stato, non di anagrafe ma di esperienza, non tiene conto di divisioni ma cerca l’unità. Se invece, come sta accadendo, uno continua a comportarsi come se fosse sindaco, quando arrivano Obama e la Merkel non puoi che metterti a servizio. E i risultati si vedono.

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