martedì 15 ottobre 2013

vivisezione

Editoriale: BEN VENGA LA FINE DI “QUELLA” MEDICINA Le malattie cardiovascolari, il cancro, il Parkinson e l’Alzheimer sono le quattro patologie più diffuse nel mondo industrializzato. Ogni secondo, da una busta sigillata dell’ospedale o dalla viva voce del suo medico, qualcuno viene a sapere che ne è afflitto, e attraversa una soglia che lo segnerà per sempre rendendo irreversibile il “prima” e il “dopo”. Nello stesso tempo, in quel medesimo secondo, nei laboratori di tutto il mondo, migliaia di topi, ratti, maiali, cani, capre, conigli e scimmie sono legati a un tavolo e tormentati con tutti i mezzi di cui la scienza dispone per scovare un rimedio-miracolo che continua a eludere ogni aspettativa. La maggioranza dei ricercatori - medici, biologi, docenti universitari, primari ospedalieri, dipendenti delle multinazionali produttrici di animali da laboratorio - sostiene che "il prezzo è giusto" e ne vale la pena. Che la sofferenza degli uni va accettata perché serve a sanare il dolore degli altri. Ma è davvero così? La prima cosa che conviene ricordare quando ci si pone questa do- manda è che gli animali non sono nostri e non sono oggetti. Sono i nostri compagni di avventura su questa terra, esseri viventi che come noi mettono al mondo dei cuccioli e li amano, creature che distinguono tra il giorno e la notte, tra il piacere e la sofferenza, e che patiscono profondamente le ferite e la solitudine. E già questo assunto limpidamente antispecista basterebbe per opporsi alla vivisezione. Ma, come insegna il rapporto che avete tra le mani, non c'è solo un problema di etica. In gioco ci sono anche i presupposti scientifici e il ruolo economico-sociale della sperimentazione animale, che è ricerca di una cura per le peggiori malattie, sì, ma anche un business multimilionario che fa larghissimo uso di finanziamenti pubblici pagati dai contribuenti. E che non si stanca di fare appello alla generosità dei singoli cittadini per alimentare la grande ruota della speranza. Per quanto incredibile possa sembrare, a differenza di ogni altro settore di ricerca, nell’ambito della sperimentazione animale è la "consuetudine" il vero comandante: neppure uno dei cosiddetti esperimenti in vivo che si eseguono nei laboratori del mondo, e di cui si parla in queste pagine, è mai stato convalidato. Da 70anni a questa parte non esiste un solo protocollo di studi che ne abbia verificato in modo sistematico la fondatezza, mettendo a confronto proclami e risultati. Nessuna équipe di ricercatori ha mai perso un anno o due della propria vita professionale per indagare retrospettivamente se ciò che è stato fatto abbia prodotto risultati che si potevano ottenere anche in altro modo. Nessun governo, nessuna istituzione nazionale o savrannazionale hanno mai chiesto che questa indagine venisse fatta, e che la questione venisse aperta e dibattuta a fondo, quanto meno in ambito scientifico. Solo un caso o una dimenticanza fortuita? Noi non crediamo. Per tutti questi motivi, con crescente intensità e frequenza, affiorano interrogativi e perplessità tra gli stessi scienziati, e non dei minori (nel rapporto ne trovate alcuni esempi). Ma a fronte di queste voci critiche, protagonisti illustri della ricerca italiana continuano a sostenere che se si fermasse la sperimentazione sugli animali si fermerebbe anche la medicina. La risposta è che non “la” medicina si fermerebbe bensì “quella” medicina: la medicina che fa scempio di animali indifesi senza interrogarsi sulla congruità tra fini e mezzi, la medicina che si fonda su protocolli mai sottoposti a critica e revisione, la medicina cui pare normale cercare la salute dell'uomo dentro processi di straziante decomposizione, dolore e morte. A noi questa svolta non sembrerebbe una sfortuna: perché al posto di "quella" medicina potremmo finalmente puntare su una medicina all'altezza dei tempi, basata sugli strumenti scientifici ipersofisticati di cui ormai disponiamo, e dove, con grande beneficio di tutti, scienza farebbe finalmente rima con etica, giustizia e vita. A questo obiettivo mirano il rapporto di Animal Aid e tutto il nostro lavoro. Non è una lettura facile, ma in ogni caso: buona lettura. inserto in "LaVoce dei SenzaVoce" Fonte: dossier di Animal Aid tradotto dalla Leal: VITTIME DELLA SOLIDARIETA' (http://www.leal.it/rivista/VOCE85.pdf) ____________________________

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