lunedì 18 novembre 2013

BALENE

La verità...
Giappone, vatti a nascondere...
Dalla pagina di "Sea Sheperd Italia"

In termini scientifici, il Giappone non ha affatto bisogno di uccidere le balene

Articolo di Rowan Hooper da "Japantimes"

10 agosto 2013

Gli argomenti finali della difesa e dell’accusa sono stati ascoltati a metà luglio scorso e la Corte Internazionale di Giustizia sta ora elaborando la propria sentenza. La questione verte sul diritto del Giappone di condurre il suo programma stagionale di baleneria "scientifica" in acque antartiche.
Ma il caso ha alimentato discussioni sulla definizione stessa di scienza.

La sfida legale al Giappone è stata sferrata, presso la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) dell'Aja, dall’Australia che ha chiesto al giudice olandese di dichiarare il programma di baleneria del Giappone illegale perché trattasi, in realtà, di caccia commerciale alle balene – e non di ricerca scientifica, la quale è ammissibile sulla base della moratoria del 1982 sulla caccia commerciale alle balene, emessa dalla Commissione Baleniera Internazionale (IWC), entrata in vigore nel 1985/86 per le stagioni di caccia costiera e pelagica.

Il 1° giugno 2010, l’Australia ha avviato un procedimento presso la Corte Internazionale di Giustizia contro il Giappone, relativo alla violazione degli obblighi internazionali in materia di caccia alle balene.

Il Giappone sostiene che l'Australia abbia intrapreso una "crociata allarmista " contro la caccia alle balene.

La posta in gioco è alta. I rapporti politici tra Giappone e Australia sono rimasti tesi durante il processo e il Giappone ha accusato l'Australia di aver “offeso la dignità di una nazione”, mettendo in discussione la serietà del proprio programma di baleneria.

Ma in Oceano Antartico la posta in gioco, soprattutto per migliaia di balenottere minori, è molto alta. Se il Giappone dovesse vincere la causa - e alcuni commentatori suggeriscono che sia in una posizione di forza - lo status giuridico del suo programma di baleneria potrebbe uscirne rafforzato.

Masayuki Komatsu, capo negoziatore del Giappone per le questioni riguardanti la baleneria tra il 1999 ed il 2004, ha detto al quotidiano The Australian che la Corte Internazionale di Giustizia potrebbe concludere che il programma di baleneria "scientifica" del Giappone - che molti paesi, come l’Australia, ritengono una copertura per operazioni di caccia commerciale alle balene - sia legittimo.

Komatsu told the Sydney-based The Australian newspaper that he had been privately told by United States government sources that it was unfortunate Australia had brought the case.

Lo scenario peggiore, per gli avversari della baleneria, è che i giudici stravolgano il dettato della moratoria dell'IWC sulla caccia commerciale alle balene del 1985-1986, noto come articolo 10E della Convenzione Internazionale sulla Regolamentazione della caccia alle balene. Questo risultato sarebbe disastroso per le balene di tutto il mondo - ed è proprio per questo che la sfida legale contro il Giappone, naturalmente sostenuta da molti oppositori della baleneria, è altamente rischiosa.

Komatsu ha riferito al quotidiano di Sydney, “The Australian”, che fonti governative degli Stati Uniti, in via confidenziale, avrebbero detto che era un peccato che l'Australia avesse portato il caso davanti alla Corte.

"Anche i burocrati del vostro governo non sono stati entusiasti di portare questo caso alla Corte Internazionale di Giustizia perché, nell’ipotesi peggiore, l'articolo 10E della convenzione potrebbe essere eluso," ha detto.

Anche il team legale del Giappone all'Aia ritiene che la legge sia dalla propria parte. Noriyuki Shikata, portavoce della delegazione giapponese, è stato critico sugli argomenti di diritto portati in tribunale dall'Australia. Durante le osservazioni di chiusura del mese scorso, Shikata ha dichiarato: "Non abbiamo sentito confutazioni giuridiche efficaci sulla base di prove e ragionamenti e abbiamo avuto l'impressione che molte delle accuse siano guidate da impulsi emozionali, non da argomentazioni scientifiche."

Diversi esperti legali internazionali hanno sostenuto il Giappone.

Allan Boyle, professore di diritto pubblico internazionale presso l'Università di Edimburgo, ha affermato che se l’attuale programma di baleneria del Giappone non è da considerarsi scientifico, allora non lo sono nemmeno le attività di ricerca di numerosi istituti di tutto il mondo che utilizzano i dati sulla pesca per valutare i livelli di catture sostenibili.

Un altro esperto legale britannico, Vaughn Lowe, professore di legge emerito presso l'Università di Oxford, ha detto che "non esiste un’unica formula corretta" per qualificare una ricerca scientifica. Ha detto che il punto di vista del Giappone sul proprio programma di baleneria è che sia "un’esagerazione assurda dire che non si tratti di ricerca scientifica in toto."

Diamo un'occhiata a ciò che il Giappone ha imparato dal proprio programma di baleneria.

Il suo obiettivo dichiarato è che deve uccidere le balene per capire l'ecologia della loro alimentazione e la composizione della popolazione delle varie specie. Ha bisogno di capire questo, così dice, in modo da poter "gestire" i numeri di balene attraverso la caccia.

Ora, è vero che attraverso la cattura e l'uccisione delle balene ed analizzando il contenuto dei loro stomaci è possibile conoscere molto sulla biologia dei cetacei. In passato era l'unico metodo reale a disposizione per studiare questi animali. Ma ormai, da molti anni, è del tutto inutile uccidere balene per ottenere le informazioni di cui l’Istituto Giapponese di Ricerca sui Cetacei dichiara di aver bisogno.

Questo istituto, tra l'altro, opera sotto il patrocinio dell'Agenzia della Pesca Giapponese, una divisione del Ministero dell'Agricoltura, delle Foreste e della Pesca, il quale stabilisce le quote di cattura annuali.

Sulla base di tali quote, tra il 1988 e la prima metà del 2011, 13.663 balene sono state catturate dal Giappone, il quale ha eluso la moratoria in nome della ricerca scientifica. Di queste, 3.573 sono state uccise nel Pacifico Settentrionale e 10.090 in Oceano Antartico, anche all’interno di una vasta area designata nel 1994 dall’IWC come Santuario dei Cetacei dell'Oceano del Sud.

Ma è molto meglio raccogliere “cacca” che uccidere le balene. Raccogliere le loro feci può forse non essere il lavoro più piacevole del mondo, ma l’analisi del DNA che si trova nelle grandi quantità di feci di balena che galleggiano in mare aperto può dire agli scienziati - senza bisogno di aprire i loro stomaci – che cosa questi animali hanno mangiato.

Inoltre, i campioni di DNA possono essere prelevati con relativa facilità da questi possenti mammiferi marini rimuovendo una piccola quantità della loro pelle. E si può apprendere molto anche dal loro muco nasale.

I ricercatori possono esaminare lo sbuffo di una balena - compreso il suo muco – procurandosi un po’ della sostanza che sgorga dal suo sfiatatoio. (Se non riuscite ad immaginare come si possa arrivare abbastanza vicino al naso di una balena per farlo, pensate in modo creativo: Karina Acevedo-Whitehouse, della Zoological Society di Londra, guida elicotteri telecomandati sopra le balene che affiorano in superficie e cattura i campioni di muco in volo con delle capsule di Petri fissate ai lati degli elicotteri).

Attraverso questi campioni, gli scienziati possono determinare quali virus, funghi e batteri vivono nei polmoni delle balene.

L’uccisione delle balene fornisce dati irrilevanti per la scienza. Meno dell'1% degli articoli pubblicati sulla biologia dei cetacei provengono da studi che hanno richiesto l'uccisione di una balena.

In realtà, lo studiare di balene vive ci dice molto di più. I tag satellitari permettono ai biologi di monitorare le balene e scoprire le rotte di migrazione, nonché le routine quotidiane. E i dispositivi acustici possono registrare il rumore marino, in modo da poter avere un quadro dell’ambiente sonoro sottomarino e un'idea della quantità di inquinamento acustico provocato dalle imbarcazioni che le balene sono costrette a tollerare.

Quindi, nonostante quello che gli esperti legali - non biologi - possano obiettare, le affermazioni del Giappone secondo le quali sarebbe necessario cacciare in modo letale le balene per condurre una ricerca scientifica proprio non reggono.

La preoccupazione è che la Corte Internazionale di Giustizia si pronunci solo sugli argomenti legali, che potrebbero favorire il Giappone.

Può anche essere vero che il caso dell'Australia sia stato in parte guidato da fattori emozionali, come dice Shikata. Ma il caso del Giappone è guidato dall’orgoglio nazionalista.

Nel riassumere la causa legale per il Giappone, il Vice Ministro degli Affari Esteri, Koji Tsuruoka, ha detto: "Abbiamo esposto al mondo la verità sulla caccia a scopo scientifico del Giappone".

Ma, purtroppo, questo non è affatto accaduto.

Adesso i giudici dovranno decidere cosa fare. Ci sono molte informazioni da elaborare e la sentenza non verrà emessa prima di 4-6 mesi.

Traduzione a cura di Cristina Giusti

Articolo originale: http://www.japantimes.co.jp/news/2013/08/10/national/in-science-terms-japan-has-no-need-at-all-to-kill-whales/#.UolNtnbYU8q
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