martedì 26 novembre 2013

Un messaggio alieno è nascosto

Un messaggio alieno è nascosto nel nostro DNA? Lo ipotizza un astrofisico del Kazakistan

26 novembre 2013 | Sei in EsobiologiaPrimo PianoVita Extraterrestre
La risposta alla domanda se siamo soli nell’universo, piuttosto che dalla ricerca nel cosmo, potrebbe essere proprio sotto il nostro naso, più letteralmente, all’interno di ogni cellula del nostro corpo.
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Secondo l’astrofisico Vladimir I. Shcherbak, della Al-Farabi Kazakh National University del Kazakistan, e Maxim A. Makukov dell’Istituto Astrofisico Fesenkov, i nostri geni potrebbero contenere nel loro design una sorta di marchio di fabbrica al loro interno, scritta eoni fa in un altro posto della nostra galassia.
Questo specie di griffe sarebbe il timbro indelebile di una civiltà extraterrestre che ci ha preceduto di molti milioni o miliardi di anni. L’impronta biologica nel nostro genoma, sarebbe l’eredità lasciata da questa remota civiltà alla Via Lattea.
I due astrofisici ipotizzano che il messaggio intelligente lasciato nel nostro DNA è scritto con una semantica e una matematica che non possono essere spiegate con la teoria classica dell’evoluzione darwiniana.
Come riporta l’articolo di Discovery News, Shcherbak e Makukov lo chiamano SETI biologico, affermando che questo sistema di comunicazione è molto più duraturo ed efficace rispetto alla possibilità di rilevare gli alieni attraverso la ricezione di un una trasmissione radiofonica extraterrestre. Così scrivono sulla rivista Icarus:
“Una volta fissato, il codice rimane immutato attraverso i tempi cosmologici, infatti si tratta del sistema più durevole conosciuto. Quindi rappresenta una memoria eccezionalmente affidabile per una firma intelligente.
Una volta che il genoma è opportunamente riscritto, il nuovo codice con il marchio di fabbrica rimarrà congelato nella trasmissione del DNA alle successive generazioni, venendo tramandato attraverso lo spazio e il tempo”.
Per sostenere tale ipotesi, i modelli di codice genetico devono essere statisticamente molto significativi e intelligenti, cioè devono essere in possesso di caratteristiche che sono incompatibili con qualsiasi processo naturale, spiegano gli autori.
Secondo l’analisi dettagliata dei due ricercatori, il genoma umano mostra un’approfondita precisione nell’ordine di mappatura tra i nucleotidi del DNA e gli aminoacidi.
“Alcuni semplici accorgimenti nel codice rivelano un insieme di modelli aritmetici e ideografici che fanno pensare ad un linguaggio simbolico”, continuano i due. “Accurati e sistematici, questi modelli appaiono come il prodotto di una precisione logica e informatica non banale”.
L’interpretazione del dati porta i due ricercatori ad una conclusione straordinaria:
“Il nostro codice genetico sembra essere stato inventato al di fuori del Sistema Solare già diversi miliardi di anni fa”.
La conclusione di Shcherbak e Makukov, in effetti, sembra appoggiare la teoria della panspermia, l’ipotesi secondo cui la vita sulla Terra sarebbe stata seminata dallo spazio. Ma ci sono altri indizi che possano sostenere le conclusioni dei due astrofisici?

Materiale “strano” nel nostro DNA

Una ricerca pubblicata su Nature nel 2012, condotta da Robert Gifford, paleo virologo presso Aaron Diamond AIDS Research Center, e John Coffin, virologo alla Tufts University School of Medicine di Boston, rivela che tutti noi potremmo essere meno umani di quanto pensiamo.
Lo studio spiega che il genoma umano è in parte un virus, per la precisione il Bornavirus, portatore di morte per cavalli e pecore. Sembra che 2 milioni di anni fa, questo virus abbia inserito parte del suo materiale genetico nel nostro DNA.
La scoperta dimostra come questi virus di tipo RNA possono comportarsi come i retrovirus (ad esempio HIV) ed integrarsi stabilmente come ospiti dei nostri geni. Questo lavoro di ricerca potrebbe consentire di capirne molto di più sulla nostra evoluzione, rivelando come il mondo attuale sia anche il frutto del lavoro di un virus contenuto in ognuno di noi.
“La conoscenza di noi stessi come specie è stata leggermente mal interpretata” afferma Robert Gifford. Insomma non abbiamo tento conto che il DNA umano si evoluto anche grazie al contributo di batteri ed altri microrganismi e che le nostre difese immunitarie hanno fatto ricorso a quel materiale genetico per difendersi dalle infezioni. Sembra che fino all’8% del nostro genoma potrebbe ospitare materiale genetico dei virus.
In uno studio parallelo, alcuni ricercatori Giapponesi hanno trovato copie di un gene delBornavirus inserite in almeno quattro zone diverse del nostro genoma. Ricerche condotte su altri mammiferi hanno rivelato la sua presenza in una vasta quantità di specie per milioni di anni.
“Hanno fornito le prove di un reperto fossile con tracce del Bornavirus”, afferma John Coffin, virologo alla Tufts University School of Medicine di Boston e coautore dello studio “Questo ci dice anche che l’evoluzione dei virus non è andata come pensavamo”.
Gli scienziati sostengono che il questa “infezione preistorica” potrebbe essere una fonte di mutazione umana, specialmente nei nostri neuroni. E se invece di una “infezione” si trattasse del “marchio di fabbrica” ipotizzato da Shcherbak e Makukov?

Umano e Alieni potrebbero avere lo stesso DNA
Misteriose strutture aliene nella tundra siberiana

Gli alieni potrebbero somigliarci più di quanto pensiamo

In un episodio di Star Trek The Next Generation – Il segreto della vita – si ipotizza che tutte le razze aliene, umani compresi, discendano da unica specie antica che per prima ha abitato l’universo, condividendo buona parte del codice genetico e facendo di tutte le specie senzienti un’unica grande famiglia cosmica.
L’idea è perfetta per un episodio di fantascienza in puro stile “ecumenico” startrekkiano, ma per il direttore dell’Istituto sulle Origini della McMaster University, Ralph Pudritz, l’idea che gli alieni possano essere simili a noi non è così fantasiosa.
Abbiamo sempre immaginato la vita senziente extraterrestre come qualcosa di completamente “aliena” rispetto alla vita umana. Eppure, secondo lo studio dello scienziato americano, esiste una struttura di “Dna universale”, che accomuna gli esseri umani e gli extraterresti.
La teoria si basa sulla ricerca, attualmente in corso, sugli amminoacidi che sono le 20 sostanze chimiche standard che compongono il DNA, molecola dalla quale dipende la vita umana. Di questi 20 amminoacidi, ne esistono 10 che, secondo i ricrcatori, si sarebbero formati milioni di anni fa nello spazio profondo.
Secondo Pudritz, siccome queste 10 sostanze chimiche hanno bisogno di meno calore e di una pressione inferiore rispetto a quella richiesta dagli altri aminoacidi più complessi, la loro capacità di sopravvivenza in ambienti ostili è notevolmente superiore, tale da poter esistere anche sulla superficie di un meterorite.
Infatti, secondo alcune teorie, la vita sul pianeta Terra, come anche su altri possibili pianeti abitabili, sarebbe giunta grazie alla caduta di antichi meteoriti sui quali erano presenti i componenti fondamentali della vita, appunto gli amminoacidi. “Questi 10 agenti chimici potrebbero essere adatti a rendere più efficienti i codici genetici, a seconda dell’ambiente di sviluppo”, continuato Pudritz.
Anche se nessuna prova empirica è stata ancora presentata a sostegno della teoria di Pudritz, non c’è dubbio che la questione pone interessanti quesiti sull’origine della specie umana. Ma secondo il ricercatore americano, sarebbe sbagliato immaginare degli alieni perfettamente uguali a noi: “Credo che non possiamo fare alcun tipo di previsione sull’aspetto degli extraterrestri. Ci sarebbero comunque delle differenze generate dall’ambiente specifico di sviluppo della specie”.
Questa affascinante teoria, se venisse confermata, avvalorerebbe anche la tesi dei Teorici degli Antichi Astronauti, secondo la quale, in antichità, alcuni extraterrestri in visita sul pianeta Terra, contribuirono all’evoluzione e allo sviluppo di una civiltà umana sul nostro pianeta.
Se così fosse, l’umanità non solo non si ritroverebbe più ad essere l’unica specie ad abitare l’Universo, ma farebbe parte di una vera e propria famiglia cosmica di dimensioni… universali!

Conclusioni

Gli approcci di queste ricerche rappresentano un approccio nuovo e coraggioso per comprendere le nostre origini e, soprattutto, il nostro destino come umanità.
Sappiamo così poco circa l’origine della vita sulla Terra tanto che rasenta la presunzione il voler dare un comprendere una struttura genetica che presumibilmente sfida ogni spiegazione naturale.
Tuttavia, bisogna considerare anche l’effetto sconcertante che tali rivelazioni causano alla nostra sensibilità, in quanto distruggono tutte le nostre convinzioni sulla nostra origine, sul concetto di umanità e, in fine, sulla stessa idea di Dio.
Anche se il nostro codice genetico dovesse essere l’impronta di un bioingenegnere extraterrestre, allora, in ultima analisi, chi ha progettato il progettista?
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