Quarantamila obiezioni al mega allevamento di visoni

Visoni nelle gabbie di allevamento www.EssereAnimali.org
Il progetto di realizzare a Modena quello che diventerebbe il più grande allevamento di visoni italiano, previsto con una capacità di quarantamila animali, scatena l’alzata di scudi degli attivisti in difesa delle altre specie. Associazione capofila, Essere Animali, che per sabato 21 dicembre ha organizzato un corteo di protesta e informazione, non prima di aver chiesto al Comune di Modena di prendere posizione.
“Certo, le amministrazioni locali non possono vietare per principio gli allevamenti da pelliccia, regolamentati da una legge nazionale: a tale proposito abbiamo infatti lanciato la campagnaVisoni Liberi che ne chiede l’abolizione. Una proposta di legge in tal senso è già depositata alle commissioni referenti di Camera (C288) e Senato (Atto S62) e abbiamo invitato anche il Comune di Modena a sottoscrivere il disegno normativo” dicono da Essere Animali. “Ma le istituzioni modenesi non hanno le mani legate. E’ nelle loro competenze, ad esempio, valutare l’impatto sul territorio di un simile progetto, ancora in fase istruttoria”.
Di preciso in località Portile, a sud della Città, la Mavical srl ha in animo di realizzare un allevamento “da 38 capanni, nelle cui gabbie l’attività inizierebbe con ottomila fattrici e milleseicento maschi riproduttori in grado di raggiungere in breve decine di migliaia di animali prigionieri”.
Secondo Giovanni Boccù, presidente dell’Aiav-Associazione italiana allevatori visoni e a sua volta titolare di un maxi allevamento, mentre il figlio Stefano partecipa all’impresa Mavical, si tratterebbe di “un microbo rispetto agli allevamenti finlandesi che raggiungono centinaia di migliaia di pelli annue. L’Italia oggi ne tira fuori appena duecentomila a fronte dei 60 milioni di produzione mondiale, destinata a raggiungere i 500 milioni entro vent’anni. Se la gente volesse animali vivi glieli venderemmo pure, ma la società chiede altro e noi rispettiamo tutti i parametri UE. Adesso chiederemo di utilizzare pure le carni degli animali come si fa nel Nord Europa per gli impianti di biodisel e biogas”.
A dispetto dell’innalzamento generale delle temperature, il business della pelliccia si basa soprattutto sulla corsa allo status symbol dei paesi nuovi ricchi. Una volta abbastanza emancipate dalla cafonaggine le signore nostrane, si alleva e uccide per impellicciare quindi cinesi, russi, coreani e persino, a quanto pare, brasiliani e argentini, fieri di ostentare il visone made in Italy.
Negli stabulari, una fattrice viene uccisa quando raggiunge i tre anni, mentre i cuccioli sono sottratti alla madre fra i trentacinque giorni e le otto settimane di vita per morire una volta considerati adulti, vale a dire non oltre gli otto mesi di età. Perlopiù le loro pellicce vengono poi vendute all’asta; il cuore internazionale di questo mercato è a Copenaghen.
“Secondo un sondaggio Eurispes l’83% della popolazione è contraria ad allevamenti che solo nel nostro Paese e per il profitto economico di poche famiglie, costringono gli animali a un’esistenza infernale costretti in gabbie fatte per intero di rete metallica fino alla morte, fra i sette e gli otto mesi di vita, nelle camere a gas” ribattono da Essere Animali (di recente uniti in un unico movimento con Nemesi Animale i cui attivisti, la scorsa estate, sono stati inseguiti e tamponati dopo aver fotografato un allevamento) della video investigazione  Morire per una pelliccia – gli allevamenti di visoni in Italia.
Da Gabriele Giacobazzi, assessore alla Programmazione e gestione del territorio del Comune di Modena, arriva intanto un primo riscontro: “E’ vero, abbiamo ricevuto una richiesta da parte della Mavical srl e sono in corso gli approfondimenti del caso. Nel merito, il nostro orientamento non è positivo. Voglio comunque ricordare che purtroppo non esistono norme a vietare in modo specifico questo tipo di attività in zona agricola”.
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