I 90 giorni da pecora di Letta
di Ivo Mej
Tempio Seicho-ji, provincia di Awa, Giappone. Il 28 aprile del 1253, Nichiren Daishonin a mezzogiorno, fonda il suo insegnamento recitando per la prima volta il mantra Nam Myoho Renge Kyo.
760 anni dopo, il 28 aprile 2013, il mandarino del Pd, Enrico Letta, vara il primo governo italiano taoista, mettendo insieme due forze apparentemente opposte e contrastanti quanto lo Yin e lo Yang. Il mandarino parte dal principio che nulla può essere completamente yin o completamente yang ma tutto contiene anche il seme del proprio opposto. Ed è incredibile scoprire quanto il taoismo possa permeare profondamente le larghe intese che da 90 giorni esatti governano l'Italia in crisi.
Per esempio, il Tao recita che le due forze sono interdipendenti, hanno origine reciproca, l'una non può esistere senza l'altra. Oppure che si consumano e si sostengono a vicenda, sono costantemente mantenute in equilibrio. Ma anche che si trasformano l'una nell'altra: a un certo punto, lo yin può trasformarsi nello yang e viceversa.
Insomma, nessuno ha mai descritto meglio del Tao l'attuale situazione politica italiana. Una situazione che è ineludibile per il Tao, figuriamoci per il suo mandarino.
Per celebrare i primi 3 mesi del suo governo, in un discorso all'assemblea del gruppo Pd della Camera, Letta è stato chiaro, che più chiaro non si può: «Questi primi 90 giorni dimostrano che è possibile dare risposte all'Italia e all'Europa, come è accaduto sul lavoro. Cambiare si può».
Cambiare si può ma non certo governo, perché - prosegue il premier mandarino - «non c'è alternativa politica a questa maggioranza, e nemmeno il voto lo è». Leggete il labiale: Non-si-vo-ta. Neanche se i 200 mila posti di lavoro promessi ai giovani non arriveranno mai. Gli infingardi detrattori come il professor Tito Boeri sono avvertiti. Secondo i calcoli dell'economista, i posti che il decreto lavoro di Letta potrà creare da qui al 2020 saranno al massimo 28-29 mila.
E poi altri - come l'ex Pd Mario Adinolfi - hanno preso nota dei successi del mandarino in questi 3 mesi: disoccupazione ai massimi da 25 anni a questa parte, debito pubblico impazzito, imprese che collassano due al minuto, prezzo della benzina al record storico, contrazione dei consumi delle famiglie, Standard&Poor's che straccia il nostro rating, Fmi che calcola la recessione italiana 2013 il triplo della media europea.
Ma il mandarino non demorde: «Basta fare i fighetti. Cercare l'applauso individuale con un tweet o su Facebook non basta più, se falliamo saremo travolti tutti insieme e, con noi, l'Italia». Ma come? Ma se è proprio lui a twittare a più non posso, persino dalle riunioni europee di Bruxelles? Se la pensate così, è segno che non avete ancora capito niente del Tao.
Il giorno è notte, la notte è giorno, insomma, un po' come in 1984 di George Orwell: "la guerra è pace, l'ignoranza è forza, la libertà è schiavitù". Chiaro adesso?
Letta poi - liberatosi ormai dal complesso di essere additato come democristiano - ha persino citato Aldo Moro, affermando che «questo è il tempo che ci è dato, abbiamo la responsabilità di dare risposte alle esigenze di questo tempo». Beh, certo, sentire citare - non Moro - ma il tempo, da uno che è stato soprannominato il temporeggiatore fa un certo effetto.
Sarà per smentire il pettegolezzo che il mandarino avrebbe fatto fissare in fretta e furia il voto sul cambiamento dell'articolo 138 della Costituzione, forse addirittura a lunedì prossimo, attirandosi le ire del solito Grillo che lo dipinge come un golpista: Il vero obiettivo di questo governo - scrive sul blog - è la distruzione dell'impianto costituzionale per poter cambiare le regole del gioco democratico e assicurare ai partiti il potere e la greppia di Stato.
Intanto però, aspettiamo il 31 di agosto per vedere che fine fanno esodati, cassa integrazione in deroga, Imu ed Iva, con l'inquietante consapevolezza che, nel frattempo, l'Italia si è guadagnata un altro podio, quello della pressione fiscale effettiva.
Secondo uno studio sull'economia sommersa, presentato ieri da Confcommercio, le tasse pagate dagli italiani, in percentuale di Pil emerso, sono il 54% del reddito, primo posto assoluto in Europa.
Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, è stato chiarissimo: «Il livello attuale della pressione fiscale è incompatibile con qualsiasi concreta prospettiva di ripresa». Ma almeno - come assicura il mandarino Letta - il governo resterà stabile, «a patto di saper mettere da parte l'individualità e restare uniti», capito Renzi?
La stabilità assurge a valore supremo, non negoziabile, diventa idolatria - scrive un paio di giorni fa Barbara Spinelli su Repubblica - e per custodirla è necessario disgiungerla da princìpi democratici essenziali come l'imperio della legge, la responsabilità del governante, la sua imputabilità: tutte cose che turbano.
Assolutamente meglio allora l'imperturbabilità del Tao e la legge universale dell'unione tra gli opposti. «A fine anno avremo la pianura», chiosa, serafico il mandarino Letta al termine del suo intervento. Una bella pianura piena d'erba, dove passare altri 90 giorni da pecora.
Tempio Seicho-ji, provincia di Awa, Giappone. Il 28 aprile del 1253, Nichiren Daishonin a mezzogiorno, fonda il suo insegnamento recitando per la prima volta il mantra Nam Myoho Renge Kyo.
760 anni dopo, il 28 aprile 2013, il mandarino del Pd, Enrico Letta, vara il primo governo italiano taoista, mettendo insieme due forze apparentemente opposte e contrastanti quanto lo Yin e lo Yang. Il mandarino parte dal principio che nulla può essere completamente yin o completamente yang ma tutto contiene anche il seme del proprio opposto. Ed è incredibile scoprire quanto il taoismo possa permeare profondamente le larghe intese che da 90 giorni esatti governano l'Italia in crisi.
Per esempio, il Tao recita che le due forze sono interdipendenti, hanno origine reciproca, l'una non può esistere senza l'altra. Oppure che si consumano e si sostengono a vicenda, sono costantemente mantenute in equilibrio. Ma anche che si trasformano l'una nell'altra: a un certo punto, lo yin può trasformarsi nello yang e viceversa.
Insomma, nessuno ha mai descritto meglio del Tao l'attuale situazione politica italiana. Una situazione che è ineludibile per il Tao, figuriamoci per il suo mandarino.
Per celebrare i primi 3 mesi del suo governo, in un discorso all'assemblea del gruppo Pd della Camera, Letta è stato chiaro, che più chiaro non si può: «Questi primi 90 giorni dimostrano che è possibile dare risposte all'Italia e all'Europa, come è accaduto sul lavoro. Cambiare si può».
Cambiare si può ma non certo governo, perché - prosegue il premier mandarino - «non c'è alternativa politica a questa maggioranza, e nemmeno il voto lo è». Leggete il labiale: Non-si-vo-ta. Neanche se i 200 mila posti di lavoro promessi ai giovani non arriveranno mai. Gli infingardi detrattori come il professor Tito Boeri sono avvertiti. Secondo i calcoli dell'economista, i posti che il decreto lavoro di Letta potrà creare da qui al 2020 saranno al massimo 28-29 mila.
E poi altri - come l'ex Pd Mario Adinolfi - hanno preso nota dei successi del mandarino in questi 3 mesi: disoccupazione ai massimi da 25 anni a questa parte, debito pubblico impazzito, imprese che collassano due al minuto, prezzo della benzina al record storico, contrazione dei consumi delle famiglie, Standard&Poor's che straccia il nostro rating, Fmi che calcola la recessione italiana 2013 il triplo della media europea.
Ma il mandarino non demorde: «Basta fare i fighetti. Cercare l'applauso individuale con un tweet o su Facebook non basta più, se falliamo saremo travolti tutti insieme e, con noi, l'Italia». Ma come? Ma se è proprio lui a twittare a più non posso, persino dalle riunioni europee di Bruxelles? Se la pensate così, è segno che non avete ancora capito niente del Tao.
Il giorno è notte, la notte è giorno, insomma, un po' come in 1984 di George Orwell: "la guerra è pace, l'ignoranza è forza, la libertà è schiavitù". Chiaro adesso?
Letta poi - liberatosi ormai dal complesso di essere additato come democristiano - ha persino citato Aldo Moro, affermando che «questo è il tempo che ci è dato, abbiamo la responsabilità di dare risposte alle esigenze di questo tempo». Beh, certo, sentire citare - non Moro - ma il tempo, da uno che è stato soprannominato il temporeggiatore fa un certo effetto.
Sarà per smentire il pettegolezzo che il mandarino avrebbe fatto fissare in fretta e furia il voto sul cambiamento dell'articolo 138 della Costituzione, forse addirittura a lunedì prossimo, attirandosi le ire del solito Grillo che lo dipinge come un golpista: Il vero obiettivo di questo governo - scrive sul blog - è la distruzione dell'impianto costituzionale per poter cambiare le regole del gioco democratico e assicurare ai partiti il potere e la greppia di Stato.
Intanto però, aspettiamo il 31 di agosto per vedere che fine fanno esodati, cassa integrazione in deroga, Imu ed Iva, con l'inquietante consapevolezza che, nel frattempo, l'Italia si è guadagnata un altro podio, quello della pressione fiscale effettiva.
Secondo uno studio sull'economia sommersa, presentato ieri da Confcommercio, le tasse pagate dagli italiani, in percentuale di Pil emerso, sono il 54% del reddito, primo posto assoluto in Europa.
Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, è stato chiarissimo: «Il livello attuale della pressione fiscale è incompatibile con qualsiasi concreta prospettiva di ripresa». Ma almeno - come assicura il mandarino Letta - il governo resterà stabile, «a patto di saper mettere da parte l'individualità e restare uniti», capito Renzi?
La stabilità assurge a valore supremo, non negoziabile, diventa idolatria - scrive un paio di giorni fa Barbara Spinelli su Repubblica - e per custodirla è necessario disgiungerla da princìpi democratici essenziali come l'imperio della legge, la responsabilità del governante, la sua imputabilità: tutte cose che turbano.
Assolutamente meglio allora l'imperturbabilità del Tao e la legge universale dell'unione tra gli opposti. «A fine anno avremo la pianura», chiosa, serafico il mandarino Letta al termine del suo intervento. Una bella pianura piena d'erba, dove passare altri 90 giorni da pecora.
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