Scandali e affari della Cancellieri indagata a Catania per abuso d'ufficio
Il sistema del ministro: fa il prefetto a Genova e va ai vertici della società dei trasporti, lo fa a Catania, diventa commissario del teatro Bellini e viene indagata. E con Telecom...
01/11/2013
Anna Maria Cancellieri
Anna Maria Cancellieri è un prefetto prestato alla politica. Un tecnico, come si usa dire. Eppure la sua carriera non è un grigio tran tran, costellata com’è di amicizie influenti, incarichi prestigiosi e qualche piccola scivolata. Di certo nelle città in cui ha lavorato come prefetto ha lasciato ottimi ricordi e diversi estimatori. E poco importa se la ministra della Giustizia sembra avere la sfortuna di attirare l’attenzione di personaggi destinati a finire nei guai giudiziari. L’ultimo caso è quello della famiglia Ligresti, delle cui disavventure la Guardasigilli si è occupata personalmente. Ma non ci sono solo i Ligresti nella sua agenda di amici inguaiati. Per esempio viene richiamata a Genova, dove era stata prefetto, nel giugno del 2011 a ricoprire il prestigioso ruolo di vicepresidente della cigolante azienda dei trasporti cittadina. «Voluta da me e dal sindaco Marta Vincenzi» spiega Paolo Pissarello, ex assessoreai Trasporti della capoluogo ligure. Non potevano non piacersi Supermarta, regina incontrastata delle preferenze, e la Superprefetta, inviata a commissariare comuni in crisi di giro per l’Italia. La Vincenzi all’epoca non era ancora indagata. Poi però a Genova si scatenò l’alluvione (Cancellieri era ancora alla Amt) e la sindachessa è finita nei guai. Nei giorni scorsi i magistrati hanno chiesto il suo rinvio a giudizio per falso e calunnia, nell’ambito di un’inchiesta che sta cercando di accertare le responsabilità di quel disastro. ai Trasporti della capoluogo ligure. Non potevano non piacersi Supermarta, regina incontrastata delle preferenze, e la Superprefetta, inviata a commissariare comuni in crisi di giro per l’Italia. La Vincenzi all’epoca non era ancora indagata. Poi però a Genova si scatenò l’alluvione (Cancellieri era ancora alla Amt) e la sindachessa è finita nei guai. Nei giorni scorsi i magistrati hanno chiesto il suo rinvio a giudizio per falso e calunnia, nell’ambito di un’inchiesta che sta cercando di accertare le responsabilità di quel disastro.
Ma se il Nord ha dato a Cancellieri qualche delusione, il Sud molte di più. La Guardasigilli è stata per quattro anni prefetto di Catania, terra d’origine del marito farmacista, Sebastiano Peluso, che nelle vicinanze del capoluogo etneo possiede un avviato agriturismo. «La signora, quando è stata nominata ministro, stava raccogliendo le olive» tramanda la vulgata popolare. In realtà in Sicilia ha ricoperto incarichi di alto prestigio. Per esempio nel 2009, dopo essere andata in «quiescenza» come prefetto, ha subito collezionato due incarichi: l’allora presidente della Regione Raffaele Lombardo l’ha nominata commissario del Teatro Bellini e l’ha posta al vertice della delicata commissione per il Piano rifiuti (da sempre uno dei business più appetibili per la criminalità organizzata). L’incontro tra l’ex prefetto e il presidente purtroppo non ha portato i frutti sperati e Lombardo è persino finito indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Cancellieri, garantista, è rimasta al suo posto ancora per qualche mese. Purtroppo per lui, nel giugno 2012, Lombardo, dopo aver perso la poltrona di governatore, ha guadagnato la sbarra da imputato «coatto». Ma questo è successo quando Cancellieri era già partita per altri lidi. A Catania le è rimasto appiccicato un piccolo grattacapo. Un’iscrizione per abuso d’ufficio, ricordo di quando era commissario al Bellini per alcune consulenze, ritenute inutili e costose. A denunciarla è stata l’avvocato Antonio Fiumefreddo: «La Regione in quel momento non poteva fare assunzioni né offrire lavori». Il legale aggiunge un aneddoto personale: «Un giorno andai da lei per protestare per alcune sue decisioni e lei mi rispose che la legge in Italia è sostanza e non forma. Obiettai che le isituzioni dello Stato non possono ragionare in questo modo». Fiumefreddo ci tiene a precisare che il prefetto che ha chiesto lo scioglimento per mafia del comune di Paternò, patria dei Ligresti, fu il neo insediato Giovanni Finazzo, il successore di Cancellieri. «Il Guardasigilli qui non ha dato l’impressione di essere una grande esperta di mafia» conclude l’avvocato. Il 21 novembre 2012 l’ex onorevole idv Francesco Barbato, in un’interrogazione parlamentare sottolineò: «Nel 2009 quando era ancora prefetto di Genova dichiarò che non vi fossero infiltrazioni mafiose in città, smentita qualche anno più tardi per i numerosi arresti per ’ndrangheta condotti dalle forze dell'ordine».
Barbato chiede le sue dimissioni sciorinando un lunghissimo rosario di contestazioni. Per Barbato la Cancellieri ha anche la colpa di aver respinto le dimissioni del vicecapo della Polizia Nicola Izzo, poi arrestato. Il parlamentare rimembra anche le vicissitudini giudiziarie del marito di Cancellieri. Citando «notizie online che fanno riferimento a decisioni della magistratura aventi ad oggetto l'accertamento di responsabilità per truffa ai danni dello Stato». In effetti in una sentenza del Consiglio di Stato del 2006 il nome del Peluso è tra i ricorrenti. I quali, secondo i giudici, «tutti hanno acquistato medicinali a più riprese, a prezzi inferiori a quelli praticati dai produttori, con “fustelle segna-prezzo” false, con reiterate irregolarità nella conduzione dell’esercizio». Per i magistrati «ciò emerge da diverse sentenze penali» citate nel documento. In quell’occasione il difensore di Peluso è Carlo Malinconico, il professore che con la Cancellieri condivide a partire dal novembre 2011 la «sobria» esperienza nel governo Monti, con l’incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Dopo pochi mesi, però, è costretto a dimettersi per aver accettato in dono 20 mila euro di soggiorni in un lussuosissimo resort all’Argentario di proprietà di un costruttore della cosiddetta cricca degli appalti. Malinconico nell’aprile 2013 viene arrestato per due consulenze da 500 mila euro, secondo i magistrati il «ringraziamento» di un paio di imprenditori per i pareri favorevoli di Malinconico in veste di esperto di fiducia del ministero dell’ambiente.
Ma le interrogazioni più toste riguardano i braccialetti elettronici antifuga, alternativi al carcere. L’ex ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma nel gennaio 2012 domanda a Cancellieri: «Visto che la convenzione con Telecom, costata al ministero 100 milioni di euro, ha consentito in 10 anni l’utilizzo di 14 braccialetti per i condannati, perché è stata prorogata fino al 2017?». Quindi chiede di annullare il contratto di proroga, stipulato il 31 dicembre 2011, «anche perché la vecchia tecnologia, per utilizzare i 400 braccialetti previsti dalla vecchia convenzione e i 2000 dalla proroga, è del tutto superata». Cancellieri replica che per i braccialetti sono stati investiti «solo» 9 milioni di euro. Nitto Palma ribatte che ognuno vale quasi 700 mila euro, più che da Tiffany. Nel 2013 tocca ai grillini tornare sull’argomento delle presunte «spese folli per i braccialetti elettronici targati Telecom ed i possibili conflitti d'interessi del ministro della Giustizia». Scrivono i Cinquestelle: «Il responsabile Administration Finance and Control della Telecom è Piegiorgio Peluso che, con uno stipendio annuo lordo di circa 600mila euro, risulta essere figlio di Anna Maria Cancellieri ovvero colei che, in veste di ministro dell'interno prima e di ministro della Giustizia poi, avrebbe assunto la responsabilità di queste ingenti spese per l’erario». Non è in discussione che, nel settembre 2012, Peluso, dopo aver lasciato la Fonsai dei Ligresti con 5 milioni di buona uscita per un anno di lavoro, si sia accasato a Telecom Italia. Ma questo non è un reato.
di Giacomo Amadori
Ma se il Nord ha dato a Cancellieri qualche delusione, il Sud molte di più. La Guardasigilli è stata per quattro anni prefetto di Catania, terra d’origine del marito farmacista, Sebastiano Peluso, che nelle vicinanze del capoluogo etneo possiede un avviato agriturismo. «La signora, quando è stata nominata ministro, stava raccogliendo le olive» tramanda la vulgata popolare. In realtà in Sicilia ha ricoperto incarichi di alto prestigio. Per esempio nel 2009, dopo essere andata in «quiescenza» come prefetto, ha subito collezionato due incarichi: l’allora presidente della Regione Raffaele Lombardo l’ha nominata commissario del Teatro Bellini e l’ha posta al vertice della delicata commissione per il Piano rifiuti (da sempre uno dei business più appetibili per la criminalità organizzata). L’incontro tra l’ex prefetto e il presidente purtroppo non ha portato i frutti sperati e Lombardo è persino finito indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Cancellieri, garantista, è rimasta al suo posto ancora per qualche mese. Purtroppo per lui, nel giugno 2012, Lombardo, dopo aver perso la poltrona di governatore, ha guadagnato la sbarra da imputato «coatto». Ma questo è successo quando Cancellieri era già partita per altri lidi. A Catania le è rimasto appiccicato un piccolo grattacapo. Un’iscrizione per abuso d’ufficio, ricordo di quando era commissario al Bellini per alcune consulenze, ritenute inutili e costose. A denunciarla è stata l’avvocato Antonio Fiumefreddo: «La Regione in quel momento non poteva fare assunzioni né offrire lavori». Il legale aggiunge un aneddoto personale: «Un giorno andai da lei per protestare per alcune sue decisioni e lei mi rispose che la legge in Italia è sostanza e non forma. Obiettai che le isituzioni dello Stato non possono ragionare in questo modo». Fiumefreddo ci tiene a precisare che il prefetto che ha chiesto lo scioglimento per mafia del comune di Paternò, patria dei Ligresti, fu il neo insediato Giovanni Finazzo, il successore di Cancellieri. «Il Guardasigilli qui non ha dato l’impressione di essere una grande esperta di mafia» conclude l’avvocato. Il 21 novembre 2012 l’ex onorevole idv Francesco Barbato, in un’interrogazione parlamentare sottolineò: «Nel 2009 quando era ancora prefetto di Genova dichiarò che non vi fossero infiltrazioni mafiose in città, smentita qualche anno più tardi per i numerosi arresti per ’ndrangheta condotti dalle forze dell'ordine».
Barbato chiede le sue dimissioni sciorinando un lunghissimo rosario di contestazioni. Per Barbato la Cancellieri ha anche la colpa di aver respinto le dimissioni del vicecapo della Polizia Nicola Izzo, poi arrestato. Il parlamentare rimembra anche le vicissitudini giudiziarie del marito di Cancellieri. Citando «notizie online che fanno riferimento a decisioni della magistratura aventi ad oggetto l'accertamento di responsabilità per truffa ai danni dello Stato». In effetti in una sentenza del Consiglio di Stato del 2006 il nome del Peluso è tra i ricorrenti. I quali, secondo i giudici, «tutti hanno acquistato medicinali a più riprese, a prezzi inferiori a quelli praticati dai produttori, con “fustelle segna-prezzo” false, con reiterate irregolarità nella conduzione dell’esercizio». Per i magistrati «ciò emerge da diverse sentenze penali» citate nel documento. In quell’occasione il difensore di Peluso è Carlo Malinconico, il professore che con la Cancellieri condivide a partire dal novembre 2011 la «sobria» esperienza nel governo Monti, con l’incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Dopo pochi mesi, però, è costretto a dimettersi per aver accettato in dono 20 mila euro di soggiorni in un lussuosissimo resort all’Argentario di proprietà di un costruttore della cosiddetta cricca degli appalti. Malinconico nell’aprile 2013 viene arrestato per due consulenze da 500 mila euro, secondo i magistrati il «ringraziamento» di un paio di imprenditori per i pareri favorevoli di Malinconico in veste di esperto di fiducia del ministero dell’ambiente.
Ma le interrogazioni più toste riguardano i braccialetti elettronici antifuga, alternativi al carcere. L’ex ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma nel gennaio 2012 domanda a Cancellieri: «Visto che la convenzione con Telecom, costata al ministero 100 milioni di euro, ha consentito in 10 anni l’utilizzo di 14 braccialetti per i condannati, perché è stata prorogata fino al 2017?». Quindi chiede di annullare il contratto di proroga, stipulato il 31 dicembre 2011, «anche perché la vecchia tecnologia, per utilizzare i 400 braccialetti previsti dalla vecchia convenzione e i 2000 dalla proroga, è del tutto superata». Cancellieri replica che per i braccialetti sono stati investiti «solo» 9 milioni di euro. Nitto Palma ribatte che ognuno vale quasi 700 mila euro, più che da Tiffany. Nel 2013 tocca ai grillini tornare sull’argomento delle presunte «spese folli per i braccialetti elettronici targati Telecom ed i possibili conflitti d'interessi del ministro della Giustizia». Scrivono i Cinquestelle: «Il responsabile Administration Finance and Control della Telecom è Piegiorgio Peluso che, con uno stipendio annuo lordo di circa 600mila euro, risulta essere figlio di Anna Maria Cancellieri ovvero colei che, in veste di ministro dell'interno prima e di ministro della Giustizia poi, avrebbe assunto la responsabilità di queste ingenti spese per l’erario». Non è in discussione che, nel settembre 2012, Peluso, dopo aver lasciato la Fonsai dei Ligresti con 5 milioni di buona uscita per un anno di lavoro, si sia accasato a Telecom Italia. Ma questo non è un reato.
di Giacomo Amadori
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