Uscire dall'Unione Europea. Una proposta politica per il cambiamento In evidenza
- Rete dei Comunisti
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La Rete dei Comunisti avanza una proposta politica generale per la rottura e il cambiamento sociale.
La svendita di importanti aziende strategiche come Telecom e Alitalia a multinazionali straniere è la conferma della prospettiva di regressione sociale prevista per il nostro ed altri paesi europei come Grecia, Spagna, Portogallo.
Le banche, le multinazionali, i poteri forti che in questi venti anni hanno imposto la costruzione autoritaria dell’Unione Europea, stanno distruggendo le economie e i diritti sociali dei paesi più deboli per concentrare la ricchezza, le tecnologie, i servizi strategici e le risorse in pochi grandi monopoli europei.
Il prezzo che lavoratori e disoccupati, pensionati e giovani stanno pagando per questo processo di accentramento dei poteri decisionali negli apparati dell’Unione Europea è altissimo e ormai socialmente insopportabile.
In Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda la situazione economica e sociale è devastata dalla disoccupazione di massa, dalla chiusura delle fabbriche, dai tagli alla sanità e ai servizi sociali, dalla privatizzazione e svendita a prezzi stracciata dei beni pubblici, dai licenziamenti e dall’abbassamento dei salari, dai debiti che gli Stati e le famiglie non sono in grado di pagare.
Ma le disuguaglianze sociali stanno aumentando anche all’interno dei paesi più forti come Francia, Germania, Svezia.
I diktat che i gruppi dominanti nell’Unione Europea impongono sono ormai insopportabili e svantaggiosi per i settori popolari. Si arricchiscono ristrette oligarchie legate alle banche, al capitale finanziario e a pochi settori industriali avanzati mentre si impoverisce la maggioranza della popolazione europea.
In questi venti anni, tutti i governi – siano essi di centro-destra che di centro-sinistra – hanno impedito che si potesse discutere e decidere sull’introduzione dei Trattati Europei che stanno distruggendo la democrazia e gli interessi popolari nel nostro e negli altri paesi. Hanno imposto i trattati di Maastricht, di Lisbona, il Fiscal Compact, l’obbligo di pareggio in bilancio ed altri trattati capestro che impediscono di poter prendere misure tese a dare priorità alle esigenze popolari piuttosto che alle politiche di “austerità” volute dalla Banca Centrale Europea, dalla Commissione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale.
La stessa introduzione dell’Euro, ormai in vigore da dieci anni, ha dimostrato chiaramente come la moneta unica europea abbia avvantaggiato solo i grandi gruppi finanziari e industriali (soprattutto tedeschi) ma ha penalizzato i salari dei lavoratori, le pensioni e il potere d’acquisto delle famiglie. Le multinazionali europee traggono vantaggi dall’avere una sola moneta nella competizione con il dollaro ed altre monete nelle loro guerre valutarie. Ma i settori popolari sono stati impoveriti sempre di più perché le risorse che gli sottraggono sono destinate agli interessi delle banche e dei grandi gruppi capitalistici, incluso l’aumento delle spese militari, il pagamento degli interessi sul debito pubblico (che finiscono alle banche) o le grandi opere, spesso costose e inutili per la vita delle persone.
Il PIL Procapite e il potere d’acquisto in Europa, Stati Uniti, Giappone
Eu 28=100
|
2008
|
2010
|
2012
|
EU 28
|
100
|
100
|
100
|
EURO 17
|
109
|
109
|
108
|
Germania
|
116
|
119
|
122
|
Irlanda
|
131
|
127
|
130
|
Grecia
|
93
|
87
|
75
|
Spagna
|
104
|
100
|
97
|
Francia
|
107
|
109
|
108
|
Italia
|
105
|
101
|
99
|
Portogallo
|
78
|
81
|
75
|
Finlandia
|
119
|
114
|
115
|
Svezia
|
124
|
124
|
129
|
Regno Unito
|
113
|
112
|
129
|
Norvegia
|
192
|
182
|
196
|
Turchia
|
47
|
50
|
56
|
Stati Uniti
|
147
|
148
|
149
|
Giappone
|
105
|
107
|
105
|
La spesa sociale in Europa (in percentuale del Pil)
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