venerdì 27 settembre 2013
Nairobi. Chi c’è dietro l’assalto al centro commerciale?
Nairobi. Chi c’è dietro l’assalto al centro commerciale?
L’inferno che si è scatenato, il 21, a Nairobi, presso il centro commerciale Westfield, ha lasciato il mondo senza parole a causa della ferocia con cui i terroristi somali di Al Shabaab hanno massacrato decine di innocenti. Un incubo proseguito per giorni nell’incertezza e nella violenza, che si è risolto soltanto con la liberazione degli ostaggi e la sconfitta dei criminali.
E proprio ora, che si smette di trattenere il respiro dalla tensione, e la si scioglie in un sospiro, iniziano a delinearsi numerose incoerenze e coincidenze quantomeno curiose in merito all’attentato. Un panorama che va ad unire poteri forti, come i servizi segreti britannici, israeliani e statunitensi, nonché lo spettro della Cina, rivelatasi più che ghiotta nei confronti delle incredibili risorse celate nel sottosuolo africano. Sommando anche soltanto questi due fattori, la Cina comunista e i servizi segreti americani, la soluzione verrebbe quasi automatica, rappresentata da un’unica parola:Gladio. L’unità stay-behind promossa dalla Nato, legata a doppio filo con gli 007 atlantici, utilizzata durante la Guerra Fredda per contrastare l’avanzata sovietica.
Fin dal principio, uno dei primi quesiti che hanno aleggiato attorno all’attentato ha riguardato la possibilità di introdurre indisturbatamente così tante armi in un centro commerciale. A chiederselo per primo è stato Laband Onditi Rao, il vicepresidente del Kenya alla Camera Nazionale di Commercio, il quale s’è detto perplesso della facilità con cui i terroristi siano riusciti a raggiungere il Mall, carichi di armi, senza esser scoperti né bloccati. Soprattutto in quanto, e questo è appurato, all’interno del centro erano presenti, fin dai primi spari, agenti di sicurezza americani e britannici. Cosa ci facessero lì non è dato saperlo, considerato che la polizia keniota ha raggiunto il luogo soltanto dopo mezz’ora dall’esordio del conflitto: resta oggettivo il dato secondo cui gli 007 statunitensi hanno salvato l’avvocato della Banca Mondiale Bendita Malakia, mentre un uomo dei Sas è stato riconosciuto mentre si aggirava per i negozi.
Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che gli uomini dei servizi segreti sapessero preventivamente dell’attentato. Una tesi confermata anche dal senatore keniota Sonko, il quale ha ricordato come, tre mesi fa, avesse aiutato due donne a rivolgersi alle autorità per denunciare un’inquietante previsione. Le signore avevano infatti raccontato di essere a conoscenza di un assalto al centro commerciale di Nairobi, che si sarebbe dovuto tenere intorno il 24 settembre. Può darsi, dunque, che avessero scoperto qualcosa, ma che siano state volutamente ignorate per proteggere un gioco di potere che ricorda quelli verificatisi durante la Guerra Fredda, quando anche l’Italia venne coinvolta in stragi e attentati dietro cui si stagliava l’ombra di Gladio.
Bisogna sempre tener presente che la Cia, l’M16 (i servizi segreti britannici) e persino il Mossad (quelli israeliani) sono fortemente presenti in Kenya, tanto più che il paese è considerato al tempo stesso la base avanzata israeliana sul continente e quella d’intelligence degli Usa per il controllo dell’Africa Orientale e del Corno d’Africa.
Con il governo israeliano, nello specifico, vi è una strettissima collaborazione sul piano di sicurezza, che prosegue da anni e che trae origine dalla lotta per l’indipendenza dei Mau Mau, i cui leader venivano addestrati proprio nel paese ebraico. Attualmente, a Nairobi, risiede una comunità ebraica di circa 600 individui, per lo più uomini d’affari, diplomatici e funzionari degli uffici d’intelligence. Il Kenya è diventato una sorta di “colonia” per i ricchi israeliani, tanto più che lo stesso centro commerciale è di proprietà di un noto ebreo, Frank Lowy. Lo stesso che, cinquanta giorni prima dell’11 settembre stipulò un’assicurazione da tre 3,5 miliardi di dollari per gli edifici del complesso WTC di New York, di sua proprietà. Per intendersi, quelli danneggiati dall’attentato alle Torri Gemelle. E non furono gli unici: incredibilmente, i centri commerciali e hotel a lui riconducibili, sparsi per il mondo, sono quasi sempre finiti nel mirino di terroristi di vario genere, a partire appunto da New York per finire a Giacarta, passando da Islamabad e Perth.
Nonostante l’alta frequentazione, dunque, di israeliani presso il centro commerciale di Nairobi, testimoni hanno spiegato come essi non siano stati presi di mira dai terroristi. Un’evidenza quantomeno ambigua.
Discorso diverso con l’M16. Il Kenya risente ancora molto della colonizzazione britannica e vede con astio gli inglesi. Malgrado ciò, a sconfiggere gli uomini di Al Shabaab, sono intervenuti anche gli agenti segreti di sua Maestà. I quali si sono battuti, appunto, contro i terroristi, tra cui spicca una strana figura: la vedova bianca, Samantha Lewthwaite.
Madre di quattro ragazzi e figlia di un soldato inglese, la donna frequentò la Scuola di Studi Orientali e Africani, collegata all’M16. Fu qui che conobbe Germaine Linday, giamaicano, il quale è ritenuto il presunto attentatore della metropolitana King Cross, a Londra, del 7 luglio 2005. Non solo: secondo un alto funzionario dell’antiterrorismo keniano, la vedova bianca finanziò anche la cellula di Al Qaeda sita a Mombasa, laddove la donna possiede inoltre una villa di lusso. Questo imporrebbe, dunque, un collegamento -che ad ogni modo era già prevedibile- tra i terroristi medio-orientali di Bin Laden e quelli africani. Frattanto, Al-Shabaab ha rivendicato su Twitter l’appartenenza di Samantha Lewthwaite nei propri ranghi. E grazie allo stesso messaggio è stato possibile riconoscere un ennesimo particolare curioso: i tweet di Al-Shabaab su social network sono tutti in un perfetto e sofisticato inglese, degno dei migliori professori di Cambridge.
Il sospetto è dunque che la cellula terroristica sia comandata dalle forze occidentali e, tornando al fulcro di tutto, da Gladio. D’altronde, le modalità stesse dell’attentato al centro commerciale hanno ricordato fin troppo da vicino gli assalti in Belgio, negli anni ottanta, dove uomini armati, collegati alla struttura paramilitare della Nato e della Cia, s’introdussero all’interno di supermercati per sparare contro i clienti. Era, neanche troppo sorprendentemente, il periodo in cui gli Stati Uniti insistevano per schierare i propri euro-missili in diversi paesi del nostro continente. Gli assalti si configuravano dunque come tentativi atti a seminare confusione e paura tra la popolazione, la quale avrebbe di conseguenza spinto all’installazione delle testate sul proprio territorio, per sentirsi protetta.
Ma se ai tempi l’obiettivo fu facilmente riconoscibile, cosa avrebbe spinto Cia, Mossad e M16 a inscenare l’assalto a Nairobi dei giorni scorsi? Ricordiamo sempre il fine di Gladio: bloccare l’avanzata comunista. Ebbene, ultimamente il Kenya si sta avvicinando sempre di più alla Cina. Ad essa ha affidato progetti per infrastrutture, mentre il ministero della difesa del paese orientale, alcuni anni fa, decise di modernizzare le forze armate keniote. Ma è soprattutto il settore minerario e petrolifero ad interessare i cinesi. Impossibile, dunque non riconoscere un nesso con i giacimenti di petrolio recentemente scoperti in Congo e in Somalia -laddove, tra l’altro, la presenza di Gladio è sempre stata palpabile-. In questo contesto, il Kenya figurerebbe come paese chiave, in quanto l’oro nero estrapolato dovrebbe essere trasportato attraverso un oleodotto fino all’interno del paese. Un piatto che fa facilmente gola e non solo ai cinesi. Possibilissimo, dunque, che il presunto intento di Gladio, sia sì, quello di scacciare la potenza comunista, ma al tempo stesso liberarsi la strada per il possedimento del petrolio per affidarlo alle Sette Sorelle.
C’è un ultimo fattore da considerare. Il governo keniota potrebbe aver offerto persino il proprio appoggio alla realizzazione dell’attentato. D’altronde, a causa della crisi che ne è conseguita, i vertici di potere hanno potuto godere di alcuni vantaggi. Per esempio, il presidente Kenyatta e il suo vice Ruto avrebbero dovuto in questi giorni affrontare l’accusa di crimini contro l’umanità, a causa del loro coordinamento delle violenze che travolsero il Kenya dopo le elezioni del 2007. Questo processo, però, è stato inaspettatamente sospeso. Il motivo: la crisi degli ostaggi a Nairobi.
Fonte: http://www.free-italia.net/2013/09/nairobi-chi-ce-dietro-lassalto-al.html
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