domenica 29 settembre 2013
DIRITTI
"Io avvocato, vi spiego perché la cura Di Bella è un diritto"
I media stanno riscoprendo la cura Di Bella, in realtà molti malati di cancro non hanno mai smesso di credere in questa terapia come dimostrano i migliaia di ricorsi in tribunale e le sentenze a loro favore....
Gioia Locati - Gio, 19/04/2012 - 18:18
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Da novembre il Giornale.it si sta occupando della cura Di Bella. Abbiamo aperto una sezione dedicata che man mano si arricchisce di testimonianze di pazienti guariti e di commenti dei lettori, accanto alle opinioni di autorevoli medici.
Durante questi mesi in molti si sono chiesti il perché della nostra campagna stampa. Non si tratta di una campagna. Non è neppure il resoconto di una notizia esclusiva inseguita tra mille difficoltà, come capita spesso nel nostro mestiere. Semmai è vero il contrario: è la notizia che si è imposta da sola con forza dirompente.
Immaginate un grande fiume carsico, che scorre in sordina e aumenta via via il suo volume, a un certo punto l’acqua affiora in superficie, erompe dal nascondiglio, dilaga. Ecco, il fiume carsico è formato dai malati di cancro curati (e in cura) con la terapia Di Bella. Relegati nell’angolo, dopo che la sperimentazione ministeriale del 1998 decretò l’inefficacia del metodo, hanno continuato a curarsi in questo modo, in molti casi con successo, in altri, quando lo stadio della malattia era o è troppo avanzato, no. E, tuttavia - riferiscono i parenti che hanno accompagnato i loro congiunti nell’ultimo tratto- questa cura ha sempre garantito ai malati una morte dignitosa.
Dal 1998 la terapia Di Bella si è alimentata con il passa parola, con uno scambio di informazioni quasi "carbonaro" perchè dalla medicina ufficiale arrivavano solo discredito e irrisione (sul perché di questo parleremo in seguito). La sezione è nata con l’intento di far sentire il grido di gioia di chi, in questo modo, ha sconfitto il cancro.
Nei giorni scorsi i media hanno ripreso a interessarsi della cura Di Bella. La notizia di un ricorso fatto da un paziente di Bari, che si era rivolto al giudice per ottenere la terapia gratuita, è rimbalzata da un tiggì all’altro, oltre che su radio e testate online. Non si sono fatti attendere i commenti dei politici e dei rappresentanti della sanità ufficiali, critici nei confronti dell’interferenza della magistratura nelle questioni di salute oltre che sull’efficacia della terapia.
In redazione abbiamo ricevuto decine di mail di protesta, persone in cura da anni con la Di Bella - molte delle quali hanno ottenuto l’erogazione gratuita della terapia grazie alle sentenze di magistrati – preoccupate delle loro sorti, timorose che il clamore di questi giorni possa ripercuotersi sulla loro terapia salvavita.
Abbiamo chiesto all’avvocato Marisa Cataldo, di Bari, di spiegarci quali sono i diritti degli ammalati. Cataldo, civilista, si occupa da una decina d’anni esclusivamente dei ricorsi di malati di cancro che scelgono di curarsi con la Di Bella, "Ho seguito almeno 250 pazienti in Puglia, tutti i loro ricorsi sono andati a buon fine, tranne uno che è stato rigettato un paio di mesi fa (non sappiamo se procedere, ora questo paziente è stato ricoverato)". Una premessa è d’obbligo: dal 1998 sono più di duemila i ricorsi fatti dai pazienti dibelliani, la regione che annovera più sentenze favorevoli è la Puglia, seguita dalla Sicilia e dal Lazio. La più ostile al metodo Di Bella è l’Emilia. Qui però Barbara Bartorelli (la cui testimonianza è online nella sezione con il titolo “Così sono guarita dal linfoma senza subire trapianto”) si vide rigettare il ricorso ma vinse in appello.
Avvocato, ci spiega come vengono vinti questi ricorsi?
“Da un lato ci sono i provvedimenti di urgenza, dall’altro le sentenze di merito. I primi si hanno quando un giudice riconosce il fumus boni iuris, ossia la parvenza del buon diritto, unito al periculum in mora, ossia al pericolo di vita, ad esempio nel caso in cui un paziente non riesca ad acquistare i farmaci perché non ha capacità finanziaria e quindi non è in grado di tutelare il suo diritto alla salute, allora il magistrato emette un provvedimento di urgenza e obbliga la Asl a erogare la terapia gratuita per un certo periodo di tempo, in genere un anno o 18 mesi”.
E le sentenze di merito?
“Sono quelle che fanno la giurisprudenza, che esaminano la materia sotto tutti i punti di vista. La cura va riconosciuta agli indigenti quando si dimostra che la terapia impedisce alla malattia di progredire o quando non c’è una cura alternativa. Ho avuto pazienti che hanno scelto il metodo Di Bella da subito o perché cardiopatici o perchè affetti da disfunzioni renali, in entrambi i casi non si può sopportare la chemioterapia, altri ancora che si erano sottoposti a dolorosi cicli di chemioterapia, senza alcun risultato”.
Una sentenza di merito è definitiva…
“Esattamente. Spesso sono io a chiedere un rinvio al giudice e non la conferma del decreto di urgenza perché il paziente mi chiede tempo per fare una Tac, così dopo il referto si porta un ulteriore documento al giudice. Un malato non ha interesse a strumentalizzare la propria salute per avere una terapia, se non vede i miglioramenti non prende farmaci inutilmente…”
Allora non sempre un giudice ricorre a periti per valutare lo stato di salute del paziente?
“Non sempre, io ricostruisco la storia della malattia dal primo referto istologico, documento le diagnosi, porto gli esami, mostro l’andamento del cancro prima e dopo le cure tradizionali e con la Di Bella”.
Perché un malato di cancro si rivolge a un tribunale?
“Il diritto alla salute non può essere pregiudicato da un ‘tetto di spesa’, il bilancio dello Stato non può comprimere il diritto che una persona ha di curarsi. Questa è una garanzia costituzionale”.
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