Esperimenti sugli animali, a Milano
più di venti centri e migliaia di cavie
Il capoluogo lombardo è la capitale italiana in questo settore. Si testano i farmaci tumorali sui topolini, gli anti Aids sulle scimmie, quelli per le malattie reanli sui maiali in laboratori pubblici e privati. "Non c'è alternativa"
di LUCA DE VITO- TAG
- vivisezione
Sui siti web degli attivisti circolano liste nere e dossier su quella che gli animalisti, con una forzatura semantica secondo gli scienziati, chiamano “vivisezione”. Elenchi di laboratori che hanno l’autorizzazione del ministero della Salute per questo tipo di test. In città sono migliaia gli animaletti che vengono sacrificati a fini scientifici: «Il nostro primo obiettivo è che si conosca il problema — spiega Claudio Pomo del gruppo “Nemesi Animale”, che ha prodotto uno di questi dossier — molti, non sapendo dell’esistenza di questi luoghi, non ne percepiscono la concretezza».
Il 95 per cento della ricerca che viene effettuata è su cavie e topolini, ma ciò non vuol dire che non ci siano luoghi dove si sperimenta anche su cani e scimmie. A Nerviano c’è il Nerviano Medical Sciences, il più grande centro di ricerca farmaceutica d’Europa. Qui — dove lavorano 575 ricercatori del campo biomedico — anni fa arrivavano carichi con centinaia di macachi. Adesso, assicurano dal centro, la situazione è migliorata, ma di animali (non solo topolini) continuano ad arrivarne. Tra i bersagli ci sono anche gli allevamenti, come quello della multinazionale Harlan a Bresso, che vende cavie per la ricerca: «Noi siamo sempre presi di mira — si sfoga uno dei responsabili al telefono dietro promessa di anonimato — ma gli animalisti non capiscono che colpendo noi non cambiano nulla: se fanno chiudere un allevamento, ce ne saranno altri a cui i laboratori potranno rivolgersi».
Un altro degli obiettivi sensibili è l’ospedale San Raffaele. «Lì abbiamo la prova che in passato sono stati fatti test neurologici sulle scimmie — spiega Pomo — con tanto di risultati delle ricerche pubblicati su riviste scientifiche». Anche se ad oggi, i macachi che si trovano in via Olgettina servono per osservazioni di tipo comportamentale. La questione più controversa però, riguarda le finalità di questi studi. Istituti di fama internazionale come il “Mario Negri”, l’Istituto dei tumori, lo Ieo e l’Ifom fanno ricerche oncologiche, neurologiche utilizzando cavie. «Noi usiamo solo ratti e topi — spiega Silvio Garattini, direttore dell’istituto Mario Negri — ma ci sono degli studi che richiedono l’uso di maiali, in particolare quelli sulle malattie cardiocircolatorie e renali, mentre per studiare il virus dell’Aids si usa la scimmia. Poche cellule in vitro, purtroppo, sono molto lontane dalla complessità di un organismo vivente. E studiare sugli animali è ancora una necessità».
Del resto, le cose stanno cambiando sia dal punto di vista legislativo che nella sensibilità di chi fa ricerca. «In passato c’è stata un’attenzione insufficiente — spiega Giuseppe Pelicci, condirettore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia di Milano — ma oggi le procedure per l’uso di animali devono essere approvate dai comitati etici e dal ministero della Salute. E bisogna tenere conto del fatto che il 96 per cento dei farmaci viene scartato in una fase preliminare, quella dei test sulle colture cellulari. Solo una piccola percentuale viene poi testata anche sugli animali, e viene fatto perché non c’è alternativa. Visti anche i costi elevati che comportano questo genere di ricerche, se ne farebbe volentieri a meno».
Esiste poi tutta una serie di sperimentazioni che riguardano il benessere degli animali stessi e dell’ambiente. Alla Statale — dove tra i vari laboratori è presente il maggior numero di stabulari in città — il dipartimento di Scienze veterinarie e sanità pubblica porta avanti il progetto Awin, coordinato da Silvana Mattiello, che si occupa del benessere degli animali da reddito. Awin usa per la sperimentazione molte specie, ma in modo incruento e per scopi che riguardano direttamente il miglioramento del loro stato di salute. Discorso simile vale per l’Istituto di ricerche sulle Acque di Brugherio, dove gruppi di pesci vengono nutriti con prodotti potenzialmente tossici ritrovati nei fiumi, con l’obiettivo di salvaguardarne gli ambienti.
(02 maggio 2013)©
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