Pubblicato 09 Ottobre 2013
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Punta il dito contro altri colleghi Chiara Schettini, l’ex giudice della Sezione Fallimentare del Tribunale di Roma arrestata dalla procura di Perugia con le ipotesi di falso, peculato, corruzione e minacce. Nelcorso dell’interrogatorio di venerdì scorso, il giudice si è difesa per otto ore negando di avere incassato i soldi sottratti alla curatela, ma ha anche accusato altri giudici, responsabili, secondo l’indagata, di avere applicato i metodi che le vengono contestati incassando i soldi dei fallimenti.
PARCELLE GONFIATE
Sono due i magistrati chiamati in causa da Chiara Schettini venerdì scorso davanti al gip di Perugia Lidia Brutti e al pm Emanuela Corradi. Il magistrato ha accusato altri due giudici delegati della sezione fallimentare di Roma che, secondo l’indagata, ancora detenuta, avrebbero preso i soldi dai fallimenti affidando incarichi a professionisti amici pronti a gonfiare le parcelle. I soldi, sottratti ai creditori, sarebbero poi stati poi spartiti tra giudici e professionisti. Chiara Schettini, fino al momento dell’arresto in servizio a L’Aquila, ha anche indicato le procedure fallimentari nel corso delle quali sarebbero avvenuti gli episodi di appropriazione da parte degli ex colleghi, fornendo elementi per eventuali indagini. Le accuse, d’altra parte non alleggeriscono minimamente la posizione del magistrato, ma potrebbero dare il via a nuove indagini.
UN «TESORO» SPARITO
Secondo i pm sono tre i fallimenti ai quali il giudice Schettini, insieme all’ex compagno, il commercialista Piercarlo Rossi, e a un piccolo esercito di prestanome e finti creditori, sarebbe riuscita a sottrarre 4 milioni e 800 mila euro. Agli atti dell’accusa ci sono soprattutto le parole di Federico Di Lauro, excuratore fallimentare, poi finito in manette, che ha raccontato le modalità di appropriazione di Schettini e del suo ex compagno, consegnando ai pm anche le registrazioni dei dialoghi con il giudice. Ma le indagini della procura di Perugia riguardano anche un’altra procedura fallimentare, quella della società Fanni 2000, non ancora contestata al magistrato. E, non a caso, tra i motivi dell’arresto ci sono le minacce della Schettini a un avvocato, perché ritrattasse le denuncia presentata in procura sulle procedure prefallimentari della Fanni 2000.
In base a quell’esposto, che il giudice avrebbe voluto ”sistemare”, pensando così di salvarsi davanti al Csm che l’aveva trasferita da Roma a L’Aquila, la Schettini, il curatore e un consulente avrebbero favorito uno dei creditori, falsificando anche un verbale di udienza e autorizzando il curatore a una transazione a vantaggio della società creditrice. Un atto annullato dal giudice che ha sostituito la Schettini dopo il suo trasferimento.
PARCELLE GONFIATE
Sono due i magistrati chiamati in causa da Chiara Schettini venerdì scorso davanti al gip di Perugia Lidia Brutti e al pm Emanuela Corradi. Il magistrato ha accusato altri due giudici delegati della sezione fallimentare di Roma che, secondo l’indagata, ancora detenuta, avrebbero preso i soldi dai fallimenti affidando incarichi a professionisti amici pronti a gonfiare le parcelle. I soldi, sottratti ai creditori, sarebbero poi stati poi spartiti tra giudici e professionisti. Chiara Schettini, fino al momento dell’arresto in servizio a L’Aquila, ha anche indicato le procedure fallimentari nel corso delle quali sarebbero avvenuti gli episodi di appropriazione da parte degli ex colleghi, fornendo elementi per eventuali indagini. Le accuse, d’altra parte non alleggeriscono minimamente la posizione del magistrato, ma potrebbero dare il via a nuove indagini.
UN «TESORO» SPARITO
Secondo i pm sono tre i fallimenti ai quali il giudice Schettini, insieme all’ex compagno, il commercialista Piercarlo Rossi, e a un piccolo esercito di prestanome e finti creditori, sarebbe riuscita a sottrarre 4 milioni e 800 mila euro. Agli atti dell’accusa ci sono soprattutto le parole di Federico Di Lauro, excuratore fallimentare, poi finito in manette, che ha raccontato le modalità di appropriazione di Schettini e del suo ex compagno, consegnando ai pm anche le registrazioni dei dialoghi con il giudice. Ma le indagini della procura di Perugia riguardano anche un’altra procedura fallimentare, quella della società Fanni 2000, non ancora contestata al magistrato. E, non a caso, tra i motivi dell’arresto ci sono le minacce della Schettini a un avvocato, perché ritrattasse le denuncia presentata in procura sulle procedure prefallimentari della Fanni 2000.
In base a quell’esposto, che il giudice avrebbe voluto ”sistemare”, pensando così di salvarsi davanti al Csm che l’aveva trasferita da Roma a L’Aquila, la Schettini, il curatore e un consulente avrebbero favorito uno dei creditori, falsificando anche un verbale di udienza e autorizzando il curatore a una transazione a vantaggio della società creditrice. Un atto annullato dal giudice che ha sostituito la Schettini dopo il suo trasferimento.
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