Marine Le Pen sfida l’Europa tedesca, vincente al grido fuori dall’euro: una rischiosa Speranza per l’Europa
Leggiamo sui giornali una notizia che onestamente aspettavamo da tempo: in Francia Marine Le Pen è in cima ai sondaggi elettorali francesi per le europee al grido di usciamo dall’Euro.
Ritengo che questa notizia, se confermata, rappresenti un possibile punto di svolta per l’intero continente. Come si è detto, Angela Merkel è certamente tra i politici più importanti ed influenti del pianeta, con la sua eccelsa cultura e grande intelligenzai, condizione che fa sfigurare qualsiasi altro politico quanto meno continentale. Parimenti, è certo che oggi la Germania stia vivendo il coronamento di un sogno, ossia quello del dominio continentale anche se solo economico: il progetto dell’euro sta portando i suoi frutti, dolci e succosi per il nord Europa, amari ed indigesti per il sud Europa. Si è anche detto che la fine del progetto dell’euro attuale si sarebbe dovuto infrangere prima o poi contro l’unico ostacolo concreto, ossia la Franciaii, e tale “chiamata” si sta probabilmente avverando.
Parimenti, è bene notare che negli ultimi 5 anni oltre alle primavere arabe ed i conseguenti sconvolgimenti nelle leadership locali, si è visto un progressivo annientamento delle classi politiche storiche in vari paesi europei che conta meno, principalmente Italia e Spagna (la Grecia merita un discorso a parte). Ossia, dove prima c’erano primi ministri forti e supportati, oggi abbiamo figure che definire succubi dell’Europa tedesca è certamente riduttivo. Parlo soprattutto di E. Letta e di M. Rajoy. A questi bisogna aggiungere una presidenza debole e confusa nella Francia di Hollande, oltre ad un capo del governo inglese non all’altezza dei suoi illustri predecessori degli ultimi 30 anni, per non parlare dell’Inghilterra di Churchill (quello sotto assedio tedesco). Per quanto riguarda la gerenza delle istituzioni europee il quadro non cambia, anzi rischia addirittura di essere peggiore: il presidente della Commissione Europea Barroso non sembra incline a sfidare la Germania, anzi. Il potente commissario europeo agli affari monetari Olli Rehn sembra più un cane da riporto tedesco nell’applicazione di ricette economiche tanto austere quanto fallimentari e principalmente a danno dei paesi euro periferici (oltre che spingersi addirittura oltre il lecito nella forma di comunicazione utilizzataiii). Van Rompuy era e resta una comparsa, troppo spesso silente. Allo stesso tempo Martin Schultz, presidente del parlamento Europeo – carica molto meno rilevante delle ultime due citate sopra – non perde occasione per far sentire la propria voce a supporto delle politiche di austerity. Mario Draghi è tendenzialmente l’unico che sembra riuscire ad avere un minimo di margine di manovra, ma abbiamo tutti notato come dopo i primi efficaci e riusciti interventi a supporto di maggiore integrazione e solidarietà monetaria europea sia stato messo sotto tutela – si potrebbe anche dire sotto assedio – dal presidente ella Bundesbank, Jens Weidmann, uomo della Cancelleria attuale e costante critico di qualsiasi politica della BCE mirata a supportare una vera risoluzione della crisi (leggasi in particolare edulcorare l’applicazione integrale dell’ European Stability Mechanism, ESM e/o ammorbidimento dei parametri di Maastricht). Escludendo il caso di Draghi, a pensare male viene da dire che non sia un caso che Angela Merkel si sia attorniata di leaders europei di cartapesta, leaders certamente non in grado di reggere la forza d’urto delle decisioni tedesche in ambito europeo: secondo chi scrive tutto questo non è avvenuto casualmente. Dunque, in questo contesto possiamo tranquillamente concludere che la cancelleria tedesca abbia raggiunto grandissimi risultati anche in campo di politica estera europea oltre che di risultati economici nazionali.
Quello che deve essere opportunamente stigmatizzato oggi, alla luce dei recenti sondaggi elettorali su Marine Le Pen, è proprio la nascita di una nuova stella polare europea alternativa alla Germania, frutto di una scuola politica di altissimo rango – il fronte della destra nazionale di Jean Marie Le Pen – oggi evoluto fino allo sdoganamento in termini di partito non estremista. E tutto questo facendo sfoggio di grande e pubblica critica nei confronti dell’Europa e soprattutto dell’euro. E quindi della Germania.
Perdurando la crisi economica, penso che madame Le Pen avrà molti sostenitori, anche fuori dalla Francia. Effettivamente, è ormai chiaro a tutti che, dopo i primi attimi di confusione – purtroppo durati anni -, l’unico Paese che ci guadagna dall’Euro è sempre e comunque la Germania, lo stesso paese che sta imponendo l’austerity ai periferici, di fatto traendone vantaggio anche a livello monetario oltre che industriale (i tassi tedeschi sono negativi – o quasi – perché quelli periferici sono molto elevati, i CDS evidenziano chiaramente come il paese finanziariamente più sicuro d’Europa sia in ogni caso la Germania assieme ai paesi satelliti). La cosa che più colpisce è però che nonostante l’egemonia economica sul continente e gli innegabili vantaggi per il paese di Goethe, Frau Merkel non si voglia esimere dal continuare ad imporre ricette lacrime e sangue ai paesi periferici, ricette che per la Grecia lo stesso FMI – oltre ad una serie impressionante di studiosiiv – non ha esitato a definire inopportune e addirittura dannose: infatti se nuove tasse imposte dall’Europa implicano un moltiplicatore fiscale maggiore di 1 – come fu nel caso ellenico, ossia per ogni euro di nuove tasse vi è una decrescita maggiore di 1 euro – queste non servono a nulla se non ad affossare ulteriormente il paese che applica tale draconiana ricetta. Quindi, ipotizzando che l’Europa sia solidaristica e non vessatoria, ovvero che NON ci sia solo un Paese che si avvantaggia dalla contingenza ma tutti i Paesi europei, è veramente incomprensibile l’atteggiamento tedesco. Dunque, per spiegare cosa stia realmente accadendo dobbiamo cambiare l’ipotesi, ossia dire finalmente che l’Europa attuale non è un progetto solidaristico ma piuttosto uno strumento a vantaggio della Germania nel continente. Messa così forse la premessa rende bene, ma onestamente ritengo che anche questa versione sia riduttiva ed incompleta oltre che di parte, questa volta a danno del popolo tedesco: infatti quello che non ci viene chiaramente detto dai media è che la Germania intende che l’Europa dell’euro ed i periferici in particolare abbiano effettivamente goduto di un vantaggio chiaro e materiale con la moneta unica. Ossia hanno convertito i loro patrimoni in una moneta molto più solida di quella che era la lira, la peseta o l’escudo. E dunque la visione tedesca è che, sì, un vantaggio i periferici in generale e l’Italia in particolare l’hanno avuto e quindi ora devono sorbirsi le conseguenze. Il problema è che, a livello sia di soggetti che di classi sociali interessate alle conseguenze di tale “conversione”, chi ha beneficiato sono prima di tutto coloro che non avevano debiti in lire convertiti in euro (e dunque lo Stato ne è uscito con le ossa rotte con il suo enorme debito contratto in lire), e poi i grandi patrimoni che hanno da una parte semplicemente convertito la valuta dei propri portafogli in uno pseudo marco [stabile] e dall’altra hanno anche beneficiato in conto capitale della convergenza dei tassi italiani e tedeschi, almeno fino al 2009, senza parlare del boom del mattone e degli investimenti in business de-regolati sotto la spinta europea ed influenzati grandemente dai tassi in forte discesa. Che poi questi capitali, sentita puzza di bruciato nel 2008, abbiano bellamente deciso di spostarsi all’estero è un’altra storia, storia triste per altro in quanto sottrae base imponibile per eventuali azioni di risanamento là da venire (la Fiat e le grandi famiglie che alla stessa fanno riferimento sono un caso scuola, hanno abbandonato la nave con un tempismo perfetto!)
Chi invece ci ha perso sono la gran massa dei lavoratori e dunque la classe media, ossia quello strato di popolazione che deve lavorare per vivere, cosa che in Italia si traduce – possiamo forse dire “si traduceva” – principalmente in impieghi in aziende manifatturiere di medie e piccole dimensioni oggi in forte crisi. Dunque la perdita di competitività legata all’euro – riduzione di competitività che ha giocato a favore soprattutto della Germania – ha tagliato le gambe soprattutto alla classe media ed a quella di fascia bassa, portandola spesso allo stremo (oggi si stanno vendendo tutto per sopravvivere). Bene, Marine Le Pen ed il nuovo Fronte Nazionale hanno al centro delle loro attenzioni proprio gli svantaggiati dall’euro, ed ora che il “trucco” tedesco dell’euro favorevole alla sola Germania bene o male è stato smascherato dagli specialisti e da un a parte della stampa specializzata – e sarà verità sempre più condivisa con la popolazione nei prossimi mesi, anche grazie alla sovraesposizione di M.me Le Pen – le politiche anti europeiste inizieranno ad avere presa sulla base della popolazione.
Secondo chi scrive questo è un ottimo risultato, in quanto sintomo che l’Europa sta diventando veramente democratica. Infatti la democrazia europea, in base al Trattato di Roma, non dovrebbe essere considerata stato per stato ma piuttosto in termini sovranazionali, ossia nell’ambito di una costruzione europea in cui gli interessi liberi e democratici di tutti i Paesi partecipanti vangano presi in considerazione, senza favoritismi o evidenti e perduranti asimmetrie. Tanto per chiarire la posizione di scrive, la politica dell’euro austero ha tutte le caratteristiche di uno strumento antidemocratico, risultando sotto molti addirittura tendenzialmente fascista. Infatti, all’atto pratico la moneta unica attuale applica alcuni dei principi cardine del fascismo, elementi ben individuati dagli esperti – vedasi oltre -, ossia un diritto asimmetrico che dietro il mantra di privilegiare il supposto bene comune europeo di fatto avvantaggia soprattutto il bene di alcuni in particolare (i cittadini tedeschi), con parallela cooptazione delle elites filo-euro nei vari Paesi (periferici), sempre e comunque in una forma di massima rispettabilità eurocentrica (ad es. la supposta rispettabilità dei vari Monti, Barroso, Letta, Samaras etc.) ed individuando nella necessità di ridurre il debito – e notasi bene, non della disoccupazione, in tale caso l’austerity non avrebbe alcun senso – il nemico da sconfiggere: consiglio a tutti di leggere R. O. Paxtonv, massimo storico e studioso del fascismo, certamente le sue opere saprebbero illuminare molti osservatori interessati a quanto sta accadendo nell’Europa tedesca dell’euro austero, permettendo di connotarne le caratteristiche salienti in un contesto storico/analitico.
L’utilità del movimento di Marine Le Pen è inoltre estremamente importante per disinnescare un danno collaterale – ad orologeria – estremamente antistorico oltre che temibilissimo, ossia l’odio per la ricchezza, odio che inevitabilmente sfocia – almeno guardando alla storia – in qualche forma di comunismo e/o in sanguinose conseguenze. Mi spiego meglio: oggi al fine di cercare un’uscita dalla crisi si stanno attuando misure fiscali certamente draconiane che prima o poi sfiniranno la popolazione. Parimenti abbiamo un’Europa tedesca, ed anzi la Germania in particolare, che stigmatizza l’importanza e l’inevitabilità dell’austerity oltre a suggerire la conseguente necessità – e questa è la vera novità – di aggredire i capitali [notasi, non i redditi] privati al fine di abbattere il debito nazionale (vedasi nota vi). Questi sono ingredienti che porteranno inevitabilmente ad una forma di tassazione coercitiva dei capitali mirata ad intaccare direttamente o indirettamente il risparmio privato (ossia, colpendo proprio l’asset dove l’Italia è più ricca, vedasi il grafico successivo).
E notasi che questo dovrebbe accadere non in forma lieve ma anzi in modo sostanziale, basti pensare che eminentissimi studiosi tedeschi hanno ipotizzato addirittura prelievi dai risparmi dei cittadini europeriferici nell’ordine del 15% del risparmio famigliare netto!vi Dunque, è auspicabile oltre che atteso che la base culturale del movimento Lepenista si scagli contro tale degenerazione, degenerazione nel senso che negherebbe tutto quanto abbiamo imparato in 70 anni di capitalismo o giù di lì. Ossia eviterebbe che si innescasse una sorta di guerra santa civile contro la ricchezza da combattere strada per strada nei paesi schiacciati dal debito, guerra da cui inevitabilmente trarrebbe vantaggio solo un paese, ancora la Germania, ossia il paese europeo più stabile e prospero. E’ certo comunque che la crisi stia cominciando a mordere anche Oltralpe, forse proprio per questo i risultati elettorali di Marine Le Pen sembrano essere destinati a dare ragione al fronte anti euro ed a rendere il messaggio anti-moneta unica più credibile e forte in Europa. Anche perchè, e questa è il cuore della presente dissertazione, in assenza di reazioni forti la Francia è destinata ad un ruolo di sostanziale subalternità rispetto alla Germania, inizialmente economica e poi anche politica (estera), è solo questione di tempo.
Chi scrive ritiene infatti che la Francia rappresenti l’evoluzione naturale della situazione di crisi che iniziò con i Paesi periferici, il cui attacco speculativo sarebbe stato comunque inevitabile. Ricordiamo la Spagna, Paese che seppe seguire con dovizia tutte le ricette europee tra cui, ricordiamo, l’alienazione di assets strategici (energia, trasporti su tutti, oggi si leccano le ferite) e fino al 2008 darling degli stessi istituti di compliance economica che oggi ne stigmatizzano gli errori: oggi si trova peggio dell’Italia proprio per aver seguito tali ricette (la Spagna non ha saputo costruire e/o mantenere una connotazione industriale, Endesa ed Iberia sono solo la punta dell’iceberg). Possibile che nessuno veda questo aspetto? Vedrete il fuoco di fila contro il freno alle privatizzazioni italiane, a breve (nel fine settimana ha già iniziato la stampa internazionale, passo falso di Letta su Alitalia, scritto in francese…).
Come vedete dedico sempre molta attenzione alla spiegazione dei meccanismi anche nascosti oltre che alle basi teoriche che stanno dietro al pasticcio dell’euro, vedasi i bollettini di guerra economica quotidiana sistematicamente riportatati dai principali giornali. In questo senso il movimento lepenista rischia di divenire un movimento di liberazione contro il giogo euro-tedesco ed inizialmente tale sviluppo sarebbe certamente benvenuto se non altro al fine di contenere lo strapotere decisionale della Germania in ambito continentale.
Onestamente non so se un successo lepenista in Francia sarebbe sufficiente a convincere l’attuale Cancelleria tedesca a prendere in considerazione un ammorbidimento dei parametri di Maastricht e/o un allentamento dell’austerity, ma certamente il latore del messaggio sembra sufficientemente forte sia in termini politici che di provenienza per riuscire dove tutti hanno fallito fino ad oggi. Vedremo.
Esistono in ogni caso due minacce all’orizzonte. La prima, non sappiamo effettivamente come e se le politiche lepeniste sapranno evolvere una volta – eventualmente – conquistato il potere: il Fronte Nazionale del nuovo corso rimarrebbe un movimento democratico e cadrebbe nel populismo più becero, mutuando le radici del movimento del padre di Marine? E, altro problema anche più rilevante, come reagirebbe la Germania a questa sfida? Abbiamo tutti notato nelle ultime settimane l’accensione di un dibattito in Germania di cui penso nessun vivente abbia mai sentito parlare prima: ossia, la Germania si sta interrogando se la sua potenza (ed impegno) militare sia adeguata a quella economica, anche se limitatamente ad una veste europea (e notasi, a lanciare questo messaggio è stato niente meno che il Presidente della Repubblica tedesco, J. Gaucktvii). Chi scrive ritiene che questa apertura tedesca ad un’interpretazione più radicale e completa del proprio ruolo egemonico in Europa considerando anche l’aspetto militare sia allo stato attuale ancora poco probabile ma comunque gravida di enormi rischi per tutto il continente in caso di concretizzazione. Lo spirito militaresco teutonico è indiscutibile, chiunque abbia lavorato in aziende tedesche ben capisce a cosa mi stia riferendo. E chiunque abbia la pazienza di leggere la biografia di George Patton, il conquistatore dell’Europa tedesca nella seconda guerra mondiale, sa bene quanta verità ci sia dietro alle affermazioni precedenti. Se da parte della Germania dovesse effettivamente emergere la volontà concreta di passare il Rubicone leveraggiando la presenza militare tedesca anche solo in veste europea, con interventi nei vari scenari mondiali, beh, la cosa si farebbe molto seria. Anche perché una volta che un esercito forte esiste lo si deve impiegare, che lo si faccia su una scala globale o continentale poco importa. E quindi, a fronte di tale considerazione, sarebbe consequenziale impegnarsi in militarmente anche a seguito di contingenze mirate a scongiurare un possibile crollo dell’Europa della moneta unica, ad esempio intervenendo in selezionati Paesi a supporto di Governi pro-euro. Mi metto nei panni dei lettori e già sento le critiche, certamente questa è una visione a cui non sembriamo abituati e per questo apparentemente poco credibile. Sono spiacente di deludere alcuni degli astanti, quelli meno informati o semplicemente ottimisti (inguaribili): già l’anno scorso il Tagesspiegel espresse pubblicamente l’ipotesi proprio di un intervento militare in Grecia al fine di fare quello che si è paventato sopra, ossia sostenere un governo pro- Euro (riferimento viii; la ragione dell’intervento nell’articolo citato era la necessità di mantenere integra la democrazia in tale Paese, ma i risultati non cambiano). O che dire del commento del Frankfurter Allgemeine Zeitung (riferimento viii) sulla possibilità di un intervento in Grecia in quanto incapace di proteggere i i suoi confini europei da ondate di migranti, forse questa versione vi suona più famigliare…
Dunque? Si noti che fa un mare di differenza se un ipotetico intervento militare in un Paese europeo a “rischio democratico” (uso il metro tedesco, ma dovrei dire “a rischio uscita dall’euro”) fosse osteggiato dalla Francia, visto che le elites tedesche sembrano essere schierate per affrontare una siffatta possibilità (non siamo più nell’ambito dell’impossibile, vedasi ancora il riferimento viii).
Per tutto quanto sopra spiegato il movimento lepenista va seguito con estrema attenzione da parte non solo dei votanti francesi ma anche e soprattutto dei cittadini europei. Infatti è arrivato il momento di constatare ufficialmente e pubblicamente che l’Europa tedesca attuale, quella dell’euro austero per intenderci, non fa gli interessi del continente ma principalmente quelli tedeschi: non è accettabile che l’Europa del Trattato di Roma accetti popolazioni alla fame all’interno dei suoi stessi confini per colpa del debito. Questo è un dato di fatto e la Germania farebbe bene a comprenderlo, anche nel proprio interesse prospettico: se in un continente intere generazioni dovessero crescere considerando un supposto partner più come un approfittatore – e magari anche affamatore, come in Grecia – piuttosto che come un collega amico, beh, allora ne parliamo fra venti anni cara Frau Merkel…
Mitt Dolcino
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Riferimenti e Note:
i http://scenarieconomici.it/i-due-politici-piu-capaci-deuropa-e-probabilmente-del-mondo-stanno-forgiando-il-futuro-per-litalia-una-sfida-senza-chances/
ii http://scenarieconomici.it/limu-italiana-lue-e-la-sua-doppia-morale-2/
iii http://scenarieconomici.it/limu-italiana-lue-e-la-sua-doppia-morale-2/
iv Vedasi la nota (7) nel seguente documento: http://scenarieconomici.it/impatto-economico-delluscita-dalleuro-dei-paesi-sud-europei-secondo-la-bertelsmann-stiftung-litalia-possibile-artefice-del-crollo-economico-mondiale/
v The Anatomy of Fascism, Robert O. Paxton, March 8, 2005 | ISBN-10: 1400033918 |
vi “Die Mär von den klammen Krisenstaaten“ ; „Commerzbank: Italien sollte eine einmalige Vermögensteuer erheben“, Dietmar Neurer, Handelsblatt, 15.03.2013
- A “New Orientation” for Germany’s military — but to what end? – Q&A with Patrick Keller, Foreign and Defense Policy, Defense, AEI American Enterprise Institute, October 11, 2013
- Sleeping Demons, German Foreign Policy, 07 October 2013, http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58684
- Thomas Straubhaar: “Wir brauchen ein Protektorat”; www.tagesspiegel.de 06.05.2012
- Wolfgang Münchau: Willkommen in Weimar; www.spiegel.de 09.05.2012
- Griechenlands Schicksalswahl; Frankfurter Allgemeine Zeitung 18.05.2012
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