lunedì 19 ottobre 2015

CONFESSIONI DI UN VEGANO

Confessioni di un Vegano
Non sono mai stato migliore di nessun altro. Appena nato odiavo la carne e il latte vaccino e amavo la frutta. I miei genitori come la maggior parte degli altri si sono accontentati della versione dei medici, della tv, dei propri genitori e mi hanno forzato a impostare le mie abitudini. Quelle “abitudini”, dopo qualche colica, mi sono andate giù bene e mi sono anche piaciute.
Amavo gli animali? Certo, come tutti i bambini. Crescendo li ho amati tanto e tanto loro mi hanno amato. Per animali, come tanti, intendevo quelli domestici e quelli più vicini alla mia cultura occidentale: cani, gatti, uccellini. Le distinzioni tra animali buoni e cattivi era netta. “Non ho ucciso direttamente animali”, mi dicevo, anche se questa affermazione (quella che più o meno facciamo tutti) dimenticava le migliaia di zanzare uccise perchè “fastidiose” o le formiche calpestate perchè troppo disattento e incurante. Serpenti, scarafaggi, pipistrelli, poi erano chiaramente nemici.
Ho avuto la fortuna di dedicare la mia vita allo studio e ho sempre svolto lavori intellettuali, seduto ad una bella scrivania, senza sporcarmi le mani. Questo mi ha consentito di non dovermi procacciare il cibo da me, accontentandomi quindi di ciò che mi passava il convento senza doverne mai vedere dietro la scia di sangue. Una vita come tante, senza curarmi troppo dell’ambiente, dei miei simili e, soprattutto, di esseri apparentemente diversi da me. Ho bevuto alcolici e fumato anche un bel po di sigarette, non curandomi della mia salute nè di come quei prodotti venissero creati e testati. Per un certo periodo di “massimo splendore” e stimolato dall tv compravo uova di galline allevate (almeno secondo la confezione) a terra, permettendomi, così, di tenere la coscienza piuttosto tranquilla e beata. Un essere umano a tutti gli effetti, non così dissimile da tanti tanti altri. Un bel paio di occhiali mi facevano vedere tutto bello e perfetto e mi permettevano di considerarmi piuttosto libero e felice.
Ero un cattolico praticante e una bella confessione a settimana aumentava quel senso di apparente purezza. Era più o meno chiaro il messaggio che mi era stato impartito proprio in ambito religioso che fossi io il “re” del pianeta e che rispettare i comandamenti mi avrebbe consentito un posto in paradiso, comandamenti tutti riferiti agli altri “re” umani, senza alcun distinguo.
Nel 2009 il mio mondo, quello che mi sembrava tanto faticosamente costruito, è crollato. Le certezze, le relazioni, la salute. Tutto ha scricchiolato pericolosamente. Dopo una breve ma intensa depressione ho analizzato con attenzione il mio mondo, trovando tutta una serie di punti deboli. Ringrazio ancora quel buio perché proprio quel buio mi ha consentito di svegliarmi da un torpore lungo 30 anni. Da quella mia voglia di rivedere la luce si è dato l’avvio al cambiamento che avrebbe dato i natali ad un uomo completamente nuovo.
Mi sono fatto coraggio e ho iniziato a guardare dentro la scatola della mia esistenza scoprendo innanzitutto di non essere adatto a fare il cattolico, almeno quel tipo di cattolico che mi era stato insegnato. Avevo imparato ad attendere che “qualcuno” facesse per me, che un miracolo arrivasse. Questo non si addiceva più a quel vero me che si faceva avanti, profondamente desideroso di tirarsi su le maniche e di scrivere da solo il proprio destino. Il primo passo è stato quindi quello di studiare altre religioni, decidendo di puntare tutto sul Buddismo.
L’inizio della vita Buddista ha come aperto una porta chiusa da quando ero bambino, riportando alla luce tutta una serie di sensibilità, emozioni, come nascoste da una patina di foschia che si era negli anni come indurita. Il Buddismo fa della compassione uno dei suoi capisaldi e proprio questa, risvegliata in me, ha riacceso quell’amore con cui ero arrivato in questo mondo.
Un pomeriggio di primavera del 2009, mentre correvo su una pista di asfalto, mi sono fermato e ho provato una strana vibrazione in tutto il corpo. Si è fatta strada in me una forte compassione verso ogni forma di vita, dai vegetali agli uomini, passando, naturalmente, dagli animali non umani. Senza alcun tipo di conoscenza ho deciso di buttarmi a capofitto in una nuova avventura, quella vegana. Mi sono chiesto: “Posso io vivere senza causare sofferenza ad un essere senziente?” Ho deciso quindi di provarci.
I primi tentativi solitari non sono stati affatto positivi. Il Tofu al naturale e il Seitan non correttamente condito mi hanno deluso. Ho pensato che l’essere vegano mi avrebbe costretto a ripiegare su questi cibi per me “alieni”. Le abitudini alimentari, anche se sbagliate secondo il mio nuovo pensiero, hanno preso il sopravvento e, lentamente, sono tornato a vestire i miei begli occhiali e a mangiare prodotti animali e derivati.
La mia salute è peggiorata. Il mio apparato digerente e i miei reni hanno mostrato forti segni di cedimento. Un calcolo renale è rimasto nell’uretere per mesi, facendomi rischiare un rene e costringendomi ad un intervento in anestesia totale per essere asportato. Il mio intestino si è infiammato ed è rimasto tale. I medici mi hanno riempito di medicinali e mi mi hanno fatto intendere che il mio “intestino irritabile” fosse qualcosa a cui avrei dovuto abituarmi, dipendendo quindi per sempre da palliativi chimici. Sono arrivato a prendere una decina di pillole al giorno, passando da un ospedale all’altro per controlli e analisi. Ho fatto tanto sport e per aiutarmi ho condotto diete iper caloriche, aggiungendo qualche integratore. Tutto questo ha peggiorato il tutto.
Il ritorno del mondo Vegano è arrivato di nuovo nel mondo Buddista al quale ormai facevo sempre più parte. Anche tra i Buddisti, nonostante un credo molto più in linea con pensieri compassionevoli, non c’era alcun movimento ambientalista o vegano, se non pochi soggetti. Una di questi, E., si è presentata come Chef Vegana durante un meeting. Memore della mia illuminazione in corsa, le ho chiesto di girarmi qualche ricetta, giusto per provare a non ricadere nella cucina che mi aveva così tremendamente toccato in precedenza. Lei, saggia, ha iniziato con il girarmi un video. Non un video qualsiasi ma “ Il miglior discorso che potrai mai sentire di Gary Yourofsky”. Lo ho visionato con accanto un collega che non ha avuto la mia stessa reazione e con in mano un panino con la mozzarella, l’ultima che io abbia mangiato. Durante il video mi sono guardato meglio dentro, ho buttato il panino e ho ripreso il viaggio.
Ho scoperto tante nuove ricette, ho iniziato a cucinare come mai avevo fatto. Senza alcuna preparazione mi sono recato dal medico di base a cui ho chiesto quante analisi del sangue avrei dovuto fare e che tipo di apporto proteico avrei dovuto mantenere. Lei, non Vegana, mi ha detto qualcosa che rimarrà sempre nella mia mente: “Non sprechi soldi pubblici con analisi inutili. Le dico una cosa, se tutti i miei pazienti fossero vegani non avrei da lavorare”. Questa volta l’avventura ha iniziato a piacermi, mi ha preso, mi ha entusiasmato.
L’essere Vegano mi ha reso più buono, più calmo, più sensibile. Ho deciso di entrare nel mondo attivista per i diritti e la liberazione degli animali e mi si è aperto un mondo che avrei già dovuto ben conoscere ma che, per pigrizia e ignoranza, avevo scelto di non vedere. La mia salute è migliorata sensibilmente, ho perso gradualmente il mio grasso superfluo (sono dimagrito di 10 kg) e ho abbandonato ogni farmaco prima per ragioni etiche (gli unici farmaci che oggi assumo sono per ragioni realmente gravi, situazioni che si sono fatte assai rare). Da attivista, non potevo più accettare di servirmi con leggerezza di prodotti creati con il sangue di quelli che ormai erano diventati i miei veri amici e fratelli. Ho guardato con i miei occhi l’orrore, ho preso acqua e freddo per protestare per le atrocità che finalmente sono riuscito a percepire e che, ora, mi fanno sanguinare il cuore.
Ho scoperto, così, che l’essere Vegano non è solo buono per il palato. Lo è anche per esseri viventi innocenti. Lo è per la mia salute e per l’intero mondo. Perchè questa “piccola” scelta si rivela giusta su tutti i fronti. Più analizzo ciò che la contraddistingue, più mi accorgo che è l’unica corretta, realmente ecologica, la sola in grado di salvare me e il mondo in cui sempre più timidamente abito.
Oggi la mia salute è perfetta e conosco a malapena il mio nuovo medico di base. Sento un amore grande nel cuore per tutto ciò che mi circonda e in questo mi sento perfettamente a mio agio. Ho trovato il mio equilibrio e la mia missione. Non solo quella di continuare questo cammino per me ma di condividerla con chi può avere la stessa straordinaria esperienza di risveglio, esperienza che oggi e soprattutto nel prossimo futuro si rende necessaria per salvare un mondo che sta sgretolandosi.
Spero che leggendo questa nota tu possa ritrovarti non in un eroe ma in un uomo comune, con tutte le sue incongruenze e i suoi passi falsi, quelli necessari per migliorarsi e maturare. Naturalmente per il bene di tutti e tutto mi auguro che possa fare finalmente la tua scelta. Sì, perché a pensarci bene, ciò che mangi e ciò che fai non è proprio frutto di una tua scelta consapevole, quanto di ciò a cui sei “abituato”. Quello che posso augurarmi è che tu abbia la mia stessa curiosità e la stessa determinazione, quella che mi è mancata all’inizio ma che poi è arrivata come uno Tzunami spazzando via tutta una serie di cattive abitudini, di malanni, di rabbia e delusioni.
Ti auguro una “buona” vita, ricordando che essere buoni non si può senza accendere un organo che tv, società e scuola tentano di spegnere e distrarre, il cuore. E quando il cuore è acceso, allora non puoi non vedere ciò che vedo io, provare le mie stesse emozioni e piangere per le stesse cose. Perché il mio cuore è come il tuo e il nostro è come quello di qualunque altro essere che respira e desidera ciò che io e te desideriamo più di qualunque altra cosa: vivere.

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