giovedì 2 aprile 2015

LA PAURA DELLA VERITA" SIAMO NOI CITTADINI DA QUERELARE QUESTI PERSONAGGI

BECHIS:, MA È TUTTA COLPA SUA – “VICENDA SCANDALOSA, SONO UN PRIVATO CITTADINO”. CHE PARTECIPA ALLE DIREZIONI PD, HA LA SCORTA, E VENDE I SUOI VINI E LIBRI ALLE COOP CHE CERCANO FAVORI DAL PARTITO
Perché durante la presentazione a Roma il neo-premier Renzi disse che lo avrebbe candidato a commissario europeo (gran bugia) – Per questo i manager dicono: “Investiamo su di lui, è uno che mette le mani nella merda”. Magari millantano, ma i pm non possono non indagare… –

Franco Bechis per “Libero Quotidiano”
In fondo se l’è cavata con poco Filippo Barone, il povero inviato di Virus che ieri ha osato rivolgere una domanda non gradita a Massimo D’Alema sul vino-gate emerso dalle carte della inchiesta di Ischia. «Come si chiama? Mi dia il nome, che lo trasmetto ai miei avvocati e la querelo», lo ha aggredito il lider Maximo. Ha querelato mezza stampa italiana D’Alema nella sua lunga carriera politica. Non essendo uomo di spirito, querelò Giorgio Forattini per una vignetta. Ma la querela per lui è un atto di amore nei confronti della libera informazione.
Quando è arrabbiato ha ben altri sentimenti. Su Radio 24 fu raccontato un suo faccia a faccia con un giornalista ancora più sgradito: «Ai miei tempi quelli come lei li menavamo», lo apostrofò D’Alema. Infuriato per un retroscena di Augusto Minzolini, e trovandoselo di fronte in Transatlantico, l’ex politico comunista non trovò di meglio che rivolgersi ai suoi collaboratori: «Toglietemelo dai piedi».
Non molto tempo fa, dopo la batosta elettorale del Pd nel 2013, D’Alema prese la parola in direzione del partito e disse con ammirazione: «Beppe Grillo prende a calci i giornalisti e appare più nuovo di noi». Di fronte a questi precedenti l’inviato di Virus deve sentirsi fortunato per l’antipatico scontro di ieri: D’Alema non l’ha preso a pedate. Anche se querelare una domanda può diventare un nuovo primato: attende solo una risposta, è fatta per essere rettificata ed emendata in pochi secondi.
Non può essere diffamatoria per costituzione. Quella di Barone era in effetti imprecisa, visto che aveva chiesto a D’Alema un giudizio su un fatto che non è avvenuto: «le sembra giusto usare una manifestazione Pd per vendere il suo vino a una coop rossa?». In effetti la coop rossa il vino di D’Alema l’ha ordinato alla sua azienda: poco più di 20 mila euro in due diversi momenti, fra il 2013 e il 2014. Secondo le carte della inchiesta di John Henry Woodcock ad essere vendute alla stessa coop (la Cpl Concordia) in una manifestazione del Pd, quella elettorale per l’elezione del sindaco di Ischia poi arrestato, erano state 500 copie del libro di D’Alema «Non solo euro», e non le bottiglie di vino.

Quel libro per altro ha un posto centrale in questa vicenda che tanto fa arrabbiare D’Alema, e spiega perchè l’inserimento di quelle intercettazioni ha un senso in quella ordinanza di custodia cautelare, anche se fino a questo momento l’ex segretario dei Ds non risulta ancora indagato. Ricordate quando fu presentato? Il 18 marzo 2014 al Tempio di Adriano a Roma.
E a presentarlo a sorpresa fu Matteo Renzi, che già era diventato presidente del Consiglio. In quell’occasione il premier lasciò intendere che avrebbe candidato D’Alema come ministro nella nuova commissione europea che sarebbe nata dopo le imminenti elezioni. Lo scrissero molti giornali il mattino successivo, pure la stampa di casa Pd. Non era vero: una promessa da marinaio, ma si sarebbe appreso solo mesi dopo. Da giorni però quell’ipotesi di un D’Alema commissario europeo era circolata sia in ambienti del governo che sui giornali.
Non è un particolare secondario per l’inchiesta di Ischia. Risale infatti ad appena una settimana prima di quella presentazione di Renzi una intercettazioni ambientali disposte dai pm di Napoli. Era l’11 marzo 2014, e il colloquio era fra il direttore rapporti istituzionali della Cpl Concordia, Francesco Simone e il responsabile commerciale della coop rossa, Nicola Verrini. I due si dicono che bisogna investire su D’Alema, perchè diventerà commissario europeo, e siccome lui è uno che «mette le mani nella merda e ci ha dato cose», vale la pena aiutarlo.
È il punto che rende assai debole uno degli argomenti utilizzati da D’Alema nelle protesta che è seguita. «Il mio caso non è come quello di Maurizio Lupi», ha subito detto, «io sono un privato cittadino e non un ministro della Repubblica a cui fanno un regalo», evidentemente sperando di ottenerne i favori. Invece quelli di Cpl Concordia comprano vini e libro di D’Alema proprio perchè sperano che diventi ministro europeo, e di averne in cambio dei favori. Magari millantano, ma in quella intercettazione ambientale dicono di averne già ricevuti in passato da lui: investono su una speranza che per loro è già certezza.
Non è un tema di scarso interesse giudiziario, anche se appunto potrebbe trattarsi di millanteria: ma i pm hanno il dovere di indagare su quelle oscure frasi captate. C’è un secondo argomento utilizzato da D’Alema in questi giorni che fa acqua da tutte le parti. Giornali e pm dovrebbero ignorarlo perchè- dice- «sono un privato cittadino». Questo è sicuramente falso. C’è un altro privato cittadino che interviene alle direzioni del Partito democratico? C’è un altro privato cittadino che va a lanciare la campagna elettorale di un sindaco di Ischia?
C’è un altro privato cittadino che può contare sulla scorta e l’auto che lo accompagna dove va? C’è qualche altro privato cittadino che percepisce un vitalizio da 5.674,21 euro ogni mese? C’è un altro privato cittadino che aprendo una impresa e lanciando un vino che si chiama (ironia della sorte) «Sfide», riuscirebbe a farsene acquistare 1.000 bottiglie sulle 3 mila prodotte da un coop rossa che si occupa di metano? No, D’Alema non è un privato cittadino. Ma un uomo politico anche se non è stato più candidato in Parlamento (perchè i nuovi capi lo hanno rottamato).

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