Sos alluminio, finalmente sono stati scoperti i meccanismi di tossicità di questo metallo che limita la crescita delle piante e rende i terreni improduttivi. L'alluminio costituisce un problema soprattutto per i suoli acidi, cioè circa il 40% dei terreni agricoli del mondo.
Negli ultimi 40 anni un terzo dei terreni coltivabili di tutto il mondo è andato perso perché non produceva più. Uno degli elementi maggiormente responsabili del fenomeno è proprio l'alluminio.
La conferma arriva da una nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Plant Physiology, ha visto la collaborazione di Università del Queensland (Australia), Università dell'Australia del Sud, Università di Oxford ed Elettra Sincrotrone Trieste in AREA Science Park.
Come spiegano gli esperti, nei suoli acidi i minerali si dissolvono e rilasciano in soluzione l'alluminio, che poi limita la crescita delle piante. Sebbene gli effetti dell'alluminio fossero noti sin dai primi del Novecento, le cause della sua tossicità per le piante non erano mai state comprese fino in fondo.
I ricercatori hanno utilizzato uno speciale microscopio, denominato TwinMic, per fotografare per la prima volta le modalità di accumulo dell'alluminio nelle radici dei semi di soia, in funzione dei tempi di esposizione.
Lo studio ha dimostrato che gli effetti tossici dell'alluminio sono estremamente rapidi, esercitandosi già a partire dai primi cinque minuti di esposizione al metallo e sono dovuti a un'inibizione diretta dell'allungamento di determinate cellule situate all'apice della radice e direttamente responsabili della sua crescita.
"Questo studio" – ha commentato Peter Kopittke dell'Università australiana del Queensland, primo autore della pubblicazione – "è una chiave importante per la corretta costruzione di strategie atte a contrastare la perdita dei suoli agricoli. Una possibile soluzione per tutelare la produzione agricola passa infatti attraverso la produzione di colture più resistenti all'alluminio. A questo scopo la conoscenza dei meccanismi d'accumulo e d'azione del metallo, a livello cellulare e subcellulare, è di fondamentale importanza".
Gli esperti sono riusciti ad ottenere una serie di mappe chimiche, che hanno evidenziato come l'alluminio si concentri nelle pareti di queste cellule, impedendone l'allentamento e l'allungamento necessari.
A causa dell'accumulo di alluminio, le radici non possono crescere e la pianta non potrà accedere all'acqua e ai nutrienti necessari per portare a termine il ciclo riproduttivo. L'effetto è già chiaramente visibile in pochi minuti ma, anche lasciando passare 24 ore, le cellule in cui l'alluminio si è concentrato sono sempre quelle collocate nella stessa zona della radice, come hanno sottolineato gli esperti.
Ora che i ricercatori hanno individuato le cause del fenomeno, sarà possibile trovare una soluzione?
Marta Albè
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