sabato 4 aprile 2015

INVECE DI RESTITUIRE DENUNCIARLI, INDAGARLI E VEDERE SE IL TERREMOTO E" STATO NATURALE O UN ATTACCO DI GUERRA CLIMATICA E DENUNCIARE TUTTI E CHIEDERE I DANNI AL GOVERNO ITALIANO E A CHI CREA DISTRUZIONE SPACCIANDOLA PER DISASTRI NATURALI


Terremoto l’Aquila, i parenti delle vittime devono restituire 7,8 milioni di euro di risarcimento allo Stato. La storia di Tonino
Avevano ricevuto un modesto risarcimento dopo la condanna in primo grado della Commissione Grandi Rischi, che nei giorni precedenti al terremoto dell’Aquila aveva tranquillizzato gli aquilani inducendoli a pensare che l’inferno non sarebbe accaduto.
Ora invece quella Commissione è stata assolta, e lo Stato – nelle vesti della Protezione civile – chiede ai parenti delle 309 vittime di restituire il denaro dei risarcimenti: in totale 7,8 milioni di euro.
LEGGI LA LETTERA DI FRANCO GABRIELLI AI PARENTI DELLE VITTIME

Scrive il Messaggero:
Proprio in questo periodo, il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, invia un vero e proprio «atto di messa in mora e intimazione di pagamento» ai familiari delle vittime, due pagine in cui viene chiesta la restituzione dei soldi delle provvisionali, decise dal giudice dopo la condanna in primo grado dei sette membri della commissione Grandi Rischi per aver rassicurato la popolazione nella riunione all’Aquila del 31 marzo 2009, una settimana prima del sisma, e che, adesso, alla luce della sentenza di assoluzione della Corte d’Appello, i terremotati sono chiamati a dare indietro «senza indugio» allo Stato, con l’aggiunta delle spese di giustizia e degli interessi legali maturati al 28 febbraio 2015.

Una beffa per coloro che quel 6 aprile 2009 hanno perso un famigliare o anche una attività economica. Come Tonino, il cui caso è raccontato dal quotidiano La Stampa:
Nel caso di Tonino l’ordine è di restituire 30mila euro più gli interessi, la somma che il tribunale aveva considerato giusta per ricompensarlo della perdita di due figlie. La compagna probabilmente non è stata calcolata nel risarcimento: non essendo sposati era come se non esistesse. La casa è stata esclusa perché Tonino aveva un reddito alto, poteva pensarci da solo a ricostruirsi un tetto. E nemmeno il lavoro è stato preso in considerazione, sei anni e mezzo fa era il titolare di una delle principali ditte di autotrasporto del capoluogo. Aveva 30 dipendenti, clienti e merci da tutt’Italia: poteva ricominciare come se nulla fosse successo, dovevano aver pensato i giudici del tribunale.
E invece Tonino non è mai riuscito a rialzarsi dal baratro. Vive a Roma appoggiandosi a strutture caritatevoli, è un senzatetto ma è riuscito a trovare una piccola occupazione:
“Corro per andare a fare la doccia e prendere dei vestiti puliti, due ore di mezzi pubblici ogni giorno, corro per andare a procurarmi da mangiare, corro per andare a cercare un lavoro, corro per tornare in tempo in chiesa altrimenti c’è subito qualcuno pronto ad occupare il mio posto”. Non vuole lasciarsi andare: agli incontri si presenta pulito, profumato, nessuno lo scambierebbe per un senzatetto. Nessuno sa nulla di quello che sta vivendo, nemmeno la mamma dove ha la residenza ma dove non va da mesi. “La chiamo ogni giorno ma non ho abbastanza soldi per andarla a trovare”. Le racconta che ha tanto da fare ma che tutto va bene.
Ora dovrà trovare quei 30mila euro ricevuti come risarcimento e che gli erano serviti per vivere.

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