mercoledì 7 agosto 2013

stragge irachena

La strage irachena: mille morti in un mese Ieri una serie di autobombe ha colpito Baghdad. A destabilizzare la presenza di Al Qaeda, un governo debole e le divisioni confessionali tra sunniti e sciiti. Desk2 mercoledì 7 agosto 2013 18:58 nena-news.globalist.itCommenta di Sonia Grieco Almeno cinquanta persone sono morte e oltre cento sono rimaste ferite in una serie di attentati con autobombe nei mercati e nelle strade di Baghdad, in zone affollate con negozi e moschee. Ieri è stata un'altra giornata di sangue in Iraq e il bollettino delle vittime, in maggioranza tra la popolazione civile, è drammatico: oltre mille persone sono state uccise e più di duemila sono rimaste ferite in attacchi terroristici nel mese di luglio, il numero più alto negli ultimi cinque mesi , durante i quali l'intensificarsi delle violenze ha fatto oltre tremila morti e settemila feriti. Al Qaeda ha rivendicato la maggior parte di questi attentati. Il Ministero dell'Interno iracheno ha parlato di «guerra aperta» e da giorni ha intensificato i controlli, soprattutto nella capitale. Il Paese è stretto in una morsa di violenza di stampo confessionale, che quasi quotidianamente miete vittime tra la gente nella sale da tè, nei ristoranti, nei mercati, nelle moschee. Lo scontro tra sciiti e sunniti è alimentato dalla presenza di al Qaeda, che le forze di sicurezza irachene faticano a contrastare. Lunedì scorso nell'area di Bagdad, l'esercito ha ucciso sei presunti militanti qaedisti e ha fermato o arrestato oltre trecento sospettati, ha inoltre disinnescato tre autobombe e ha sequestrato esplosivo e armi. Operazioni di questo tipo sono frequenti, ma non sono sufficienti a fermare le violenze, ormai quotidiane, che stanno devastando l'Iraq. Il conflitto interno tra sciiti e sunniti è determinato anche dal malcontento della minoranza sunnita nei confronti del governo a guida sciita. In Iraq si applica una sorta di lottizzazione confessionale del potere, che però non sta garantendo la stabilità del Paese. Negli ultimi mesi i sunniti hanno spesso manifestato per denunciare discriminazioni nei loro confronti e l'inadeguatezza dei servizi. Le leggi anti-terrorismo, poi, esasperano gli animi di molti sunniti che ritengono che siano applicate in modo ingiusto nei loro confronti. Le violenze si sono intensificate proprio in seguito alla dura repressione di manifestazioni sunnite, iniziate alla fine del 2012. Lo scorso 23 aprile le forze di sicurezza sono intervenute per disperdere un presidio anti-governativo nella cittadina settentrionale di Hawija, ne sono seguiti scontri con decine di vittime e una serie di attentati. La situazione irachena è stata denunciata di recente dall'inviato Onu in Iraq, Gyorgy Busztin, che ha esortato le istituzioni di Baghdad ad agire per evitare che il Paese piombi nella guerra civile. La politica irachena, però, è in difficoltà: il governo, denunciano molti analisti, vive un momento di immobilismo e i politici, che non sono esenti da spinte settarie e da corruzione, non riescono ad aprire un dialogo tra le parti. In Iraq non c'è uno Stato in cui possano riconoscersi tutti i cittadini, ma profonde divisioni e ostilità tra comunità di confessioni diverse, tra gli sciiti, la minoranza sunnita e i curdi. Alla complessità interna, si aggiunge una complessità regionale segnata negli ultimi anni dalla guerra in Siria, che ha un forte impatto sull'Iraq.

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