mercoledì 14 agosto 2013

lasciarli in pace

Le comunità di questo gruppo etnico che vivono in Brasile, lottano quotidianamente per la loro terra, invasa e devastata da allevatori e imprenditori agricoli. Il tasso di suicidi è altissimo tra questi nativi, ecco perchè. inShare Pochi mesi fa, 170 membri di una comunità Guaranì-Kaiowà di Mato Grosso do Sul aveva minacciato un suicidio collettivo. La causa? La lotta per la loro terra, o meglio quell’angusto fazzoletto di terra da cui rischiavano di essere sfrattati a favore di un gruppo di ricchi proprietari terrieri. Per denunciare la situazione, alcuni movimenti della società civile avevano organizzato nei giorni scorsi una manifestazione davanti al palazzo del governo di Brasilia: 5 mila croci sono state conficcate nel terreno per mostrare il “genocidio” indigeno. Il portale Avaaz, ha anche lanciato una petizione in difesa della tribù da presentare al governo brasiliano, che ha riconosciuto la richiesta. I membri della comunità potranno rimanere fino a quando il processo formale di demarcazione non sarà stato completato. “Abbiamo combattuto per la nostra terra perché ci appartiene. Mio nonno è sepolto qui. Abbiamo vissuto sotto la minaccia degli allevatori ma non cederemo; siamo determinati, perché abbiamo bisogno di questa terra” ha detto un rappresentante Guaranì-Kaiowà. Un caso felice, ma il gruppo etnico in questione è rappresentata da 45.000 indigeni che si trovano in serie difficoltà abitative e seppure la Costituzione del 1988 stabilisca il diritto degli indios di avere a disposizione delle terre, sono quasi sempre i latifondisti e gli allevatori ad avere la meglio. I territori Guaranì sono stati occupati da questi ultimi negli anni ’70. Da allora, il popolo è costretto a vivere in riserve sovraffollate e in pessime condizioni, disperso tra Paraguay, Bolivia e Argentina. Eppure, quando gli europei arrivarono in Sud America, circa 500 anni fa, i Guarani vivevano già lì, ed erano più di un milione e mezzo di persone. In Brasile, la loro casa era costituita da 350.000 chilometri quadrati di foreste e pianure. Ma quella per la terra, non è l’unica battaglia che devono sostenere: gli indigeni di Mato Grosso do Sul sono fortemente discriminati e spesso perseguitati da parte delle forze di polizia. Più di 200 Guarani sono in carcere, intrappolati in un sistema legale che non capiscono, con limitatissimo o nessun accesso all’assistenza legale. Alla maggior parte di loro non vengono forniti interpreti, ragion per cui molti innocenti sono stati condannati e ad altri sono state inflitte condanne severissime per reati di scarsa importanza. Senza più terra, perseguitati e privi di prospettive, tra i Guarani il suicidio si diffonde a livelli preoccupanti: oltre 518 Guarani Kaiowá si sono suicidati nell’arco di 20 anni. Il gruppo, che rifiutò di seguire il credo cattolico ed entrare nelle missioni gesuite, condivide una religione che attribuisce un’importanza suprema alla terra, origine e fonte della vita, e dono del “grande padre” Ñande Ru. Si tratta di un popolo da sempre alla ricerca di una terra senza dolore, o “Terra senza Demonio”, in cui le anime possono riposare in pace dopo la morte. Che mai, più di oggi, fa fatica a conquistare.

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