mercoledì 14 agosto 2013

f.35

'F-35 LIGHTNING II Ogni F-35 costa 200 milioni di dollari (146,5 milioni di euro). I velivoli fabbricati nei primi anni del programma costeranno più di quelli prodotti nella fase di piena produzione. Stimiamo per l'F-35A un costo pari 70 milioni di dollari (51,3 milioni di euro) a partire da quelli acquistati nel 2018. Ogni casco per l'F-35 costa 2 milioni di dollari (1,4 milioni di euro). Il costo attuale del casco è di 600mila dollari (439 milia euro) ed è incluso nel costo totale del velivolo. Pare che senza il casco l'F-35 non funziona e il velivolo non può volare . Hanno eseguito oltre 4.000 voli e 5.000 ore di volo con il casco e il feedback che hanno ricevuto dai piloti presso la Air Force Base di Edwards, la Naval Air Station di Patuxent River, la Air Force Base di Eglin e presso l'impianto di produzione di Fort Worth, è che essi approvano in pieno il casco. In autunno sono stati compiuti test dedicati proprio al casco e i risultati sono stati positivi, a indicare che i margini di miglioramento rimasti sono molto ridotti. Alcuni upgrade specifici sono già in corso e il loro obiettivo è di continuare su questa strada. Se necessario, l'F-35 può assolutamente essere pilotato anche senza l'ausilio del casco. A velocità supersoniche pare che la coda dell'F-35 prende fuoco ma chiaramente informazione è smentita . Nel corso dei test in volo, pare abbiano rilevato che al limite dell'envelope supersonico potevano verificarsi problemi di integrità del rivestimento esterno. Un nuovo procedimento di applicazione del rivestimento ha risolto il problema. Il nuovo procedimento è ora stato applicato a tutte le varianti. AL problema del software dell'F-35 è un “disastro” si e' risposto che hanno concordato con il JPO un piano di sviluppo del software e lo stanno portando avanti. I software finora provati sul campo, Block 1 e 2, pare stiano dando risultati molto positivi. Continueranno a ottenere buoni risultati nei test in volo e feedback positivi da parte dei piloti al lavoro alla Air Force Base di Edwards, alla Naval Air Station di Patuxent River e alla Air Force Base di Eglin.... CACCIA F35, UN DISASTRO ANNUNCIATO L'acquisto di questi aerei è in contrasto con la Costituzione. Oltre alla spesa di 12 miliardi, scandalosa in tempi di crisi per tante famiglie, aumentano le voci di malfunzionamenti. L’Italia ha davvero bisogno di 90 esemplari di cacciabombardiere F-35? La domanda non è nuova, ma è inevitabile porla ancora una volta. E non solo per il costo, 12 miliardi di euro (senza contare le spese di manutenzione) – scandaloso in tempo di crisi economica profonda, di picco di disoccupazione giovanile, di quattro milioni di italiani sotto il livello di povertà, di decine di aziende che chiudono ogni giorno – che il nostro Paese spenderebbe per l’acquisto dei velivoli da guerra, ma anche per i problemi sempre nuovi che lo stesso aereo presenta ogni giorno che passa. Le brutte novità arrivano questa volta dalla Gran Bretagna. Secondo un rapporto del National Audit Office, l’organismo indipendente del Parlamento britannico che ha il compito di monitorare l'attività del governo, gli F-35 presenterebbero problemi non da poco nell'atterraggio in particolari condizioni climatiche, cioè «con una temperatura calda, umida e caratterizzata da bassa pressione», come recita il rapporto dell’organismo di controllo inglese. La notizia è stata divulgata dal Guardian, e il ministero della Difesa del Regno Unito si è affrettato a chiarire che si tratta di difetti che saranno risolti prima che i caccia entrino in uso, nel 2020. Ma non la prima volta che vengono segnalate anomalie di funzionamento dell’F-35 che – ricordiamolo – si tratta finora dell’aereo più costoso di tutti i tempi. Già nel marzo scorso una serie di difetti era stata messa in evidenza dalla Difesa degli Stati Uniti, attraverso una relazione che evidenziava difficoltà, tra l’altro, nella visibilità posteriore del velivolo (che per un aereo da combattimento non è cosa da poco), nei display posti nel casco dei piloti, e anche nel radar, talvolta incapace di individuare e inquadrare i bersagli. Il documento del Pentagono elencava 8 «gravi aeree di rischio» da risolvere. Il progetto continua a creare polemiche, non solo negli Stati Uniti ma anche in tutti i Paesi coinvolti nell'operazione, tanto che diversi di loro hanno sollevato perplessità o fatto parziale marcia indietro rispetto all'adesione al progetto. Precisamente sette su nove: Olanda, Australia, Canada, Turchia, Norvegia, Danimarca, Gran Bretagna. Finora vanno avanti senza tentennamenti solo Stati Uniti e Italia. Finora, appunto. Se non bastassero i dubbi sulla colossale spesa da sostenere e quelli sull'opportunità di dotarsi di un caccia dalle caratteristiche spiccatamente offensive – tanta parte della società civile considera il progetto di acquisto degli F-35 in contrasto con la nostra Costituzione (che all'articolo 11 «ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali») – ora il neonato governo Letta ha un’altra questione su cui riflettere: oltre a tutto, questi aerei sembrano pure funzionare male. Valgono 12 miliardi di euro? Joint Strike Figther, cioè “cacciabombardiere congiunto”. Questo il significato della sigla JSF: il programma delle tre forza armate Usa – Air Force, Navy e Marines – dal quale è nato il Lockheed Martin F35. E al quale si sono via via aggiunti numerosi Paesi: dalla Gran Bretagna alla Norvegia, dalla Danimarca all’Australia, dal Canada (che ora sembra tirarsi indietro) a Israele, dal Giappone all'Italia. Obiettivo del progetto: realizzare un aereo da combattimento monoposto di “quinta generazione”, con caratteristiche "stealth" (cioè invisibile ai radar), destinato a sostituire pressoché tutti i caccia in servizio con l'aeronautica, la marina e i marines. Vale a dire, F15, F16, A10, F/A18. E ancora gli AV8 Harrier a decollo verticale e gli aerei stealth di prima generazione, cioè gli F117A (già ritirati dal servizio). Per riuscirci, del nuovo velivolo esistono tre versioni: l'F35A è quella “normale”, l'F35B ha un complesso sistema di ventole per poter decollare e atterrare anche verticalmente, mentre l'F35C è il modello irrobustito e dotato di gancio d'arresto per l'impiego sulle portaerei. Dopo un lungo periodo di sviluppo, iniziato nel 1996, oggi i primi esemplari dell’F35 (costo circa 130 milioni di dollari l’uno) stanno entrando in servizio. Non senza difficoltà, dal momento che si susseguono notizie di problemi tecnici. Gli ultimi “rumors” arrivano dalla Gran Bretagna, dove un rapporto parlamentare avrebbe rivelato difficoltà degli F35C nell'operare dalle portaerei in particolari condizioni climatiche. Un problema che si aggiungerebbe a una lunga lista di guai già evidenziata negli Stati Uniti. Si va dai dubbi sulla protezione dai fulmini (prudenzialmente l'Usaf ha proibito agli F35 di volare nei dintorni dei temporali), alle cricche scoperte nelle palette del motore, sino al malfunzionamento della visiera del casco, attraverso la quale il pilota riceve le informazioni. Da qui a etichettare l'F35 come un “bidone” ce ne corre. Problemi tecnici sorgono in ogni progetto aeronautico innovativo. Basti pensare ai recenti guai del nuovo aereo di linea Boeing 787 “Dreamliner”. Con un po' di pazienza se ne viene fuori. Tutti questi inconvenienti, però, rafforzano il partito di chi - per motivi diversi - si oppone all'F35. Partito al quale si è aggiunto persino Chuck Yeager, il leggendario pilota collaudatore - oggi 90enne - che il 14 ottobre 1947, con l'X-1, superò per primo il muro del suono. Inoltre, i problemi tecnici si aggiungono ai dubbi sulle capacità operative di un “supercaccia” concepito per svolgere ogni tipo di ruolo (dal combattimento aereo all'attacco al suolo, dalla ricognizione allo strike nucleare), ma che, sostengono i detrattori, potrebbe rivelarsi non all'altezza delle aspettative e dei compiti. Si discute, per esempio, dell’effettivo grado di invisibilità ai radar, che sarebbe inferiore alle attese (ma la “segnatura elettromagnetica” è comunque molto bassa rispetto a un velivolo tradizionale) e così pure del peso, visto che nel corso dello sviluppo il cacciabombardiere avrebbe messo su qualche chilo di troppo. Anche la manovrabilità in combattimento è oggetto di critiche. Per qualcuno il supercaccia sarebbe una “anatra seduta”, mentre i collaudatori della Lockheed Martin ribattono sottolineando come la spinta del motore sia uguale a peso, permettendo al velivolo di salire quasi in verticale, e come si possa manovrare anche ad elevati angoli d’incidenza. E poi, molti non hanno digerito la scelta di un solo motore anziché due, ritenendola pericolosa in caso di avaria. Difficile esprimere un giudizio su queste critiche, anche perché molte informazioni sono riservate, cioè top secret, e gli stessi addetti ai lavori (non sempre disinteressati) appaiono divisi. A favore dell’F35 c’è in primo luogo la tecnologia "Stealth", che dovrebbe assicurare la possibilità di operare anche in presenza di una difesa aerea efficiente. Da questo punto di vista, le recenti esperienze della seconda guerra del Golfo o della Libia, non fanno testo. Radar e missili antiaerei, infatti, erano vecchi e superati. Lo scenario, però, potrebbe essere diverso in futuro, con i sistemi antiaerei di ultima generazione, assai più temibili. C’è poi da considerare un altro fatto. Rinunciare all’F35 significa affidarsi per almeno altri venti o trentanni ai velivoli della precedente generazione. Macchine come l'F15, l'F16, l'F/A18, profondamente aggiornate con il tempo, ma che risalgono come concezione agli anni '70. Oppure puntare sul Typhoon, caccia europeo di “generazione intermedia”: più moderno di questi ultimi, ma meno avanzato dell'F35. E non stealth. Le stesse considerazioni, ovviamente, valgono anche per il francese Dassault Rafale e per il Saab Gripen svedese. Intanto, mentre l'Occidente si interroga, la Russia e la Cina hanno sviluppato a loro volta caccia stealth di quinta generazione: il PAK-FA e il J20. Stati Uniti ed Europa rischiano, dunque, di restare indietro? Giancarlo Riolfo, esperto di aeronautica

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