martedì 21 ottobre 2014

PERCHE TUTTI QUESTI ORRORI SI FANNO SUL PIANETA

Il Messico seduto su un enorme cimitero

Pubblicato: Aggiornato: 
MESSICO
Scavano con pale e picconi. Alcuni con le stesse mani. Uomini e donne, spesso accompagnate da bambini. Molte si fermano esauste lungo questo monte conosciuto da tutti come la "Collina della morte" e alzano verso il cielo immagini sacre dedicate alla Madonna. Sotto le effigi appelli e brevi preghiere: "Aiutaci a ritrovare i nostri figli".
È una scena che si ripete da una settimana. Dopo le proteste, la manifestazioni di piazza, gli scontri con la polizia, l'assalto alla sede del Municipio e del Tribunale locale, i fuochi appiccati e le barricate, è il momento della verità. Il Messico di Enrique Pena Nieto vive il momento più difficile e drammatico degli ultimi due anni. Nel piccolo e povero Stato di Guerrero, 200 chilometri a sudovest di Città del Messico, c'è un'intera città, Iguala, stretta nell'angoscia e decisa a ottenere giustizia.
Il 26 settembre scorso, ultimo venerdì del mese, gli studenti del convitto agricolo "Raul Isidro Burgos" di Ayotzinapa, frequentato da ragazzi di origine umile, la maggior parte figli di contadini, considerata una scuola combattiva e di estrema sinistra, decidono di andare in città per raccogliere fondi in vista della grande manifestazione a Città del Messico per commemorare la strage degli studenti di Tlatelolco avvenuta nel 1968.
Arrivano nel deposito dei bus del trasporto regionale. Parlano con gli autisti, li convincono ad aiutarli. Non hanno soldi a sufficienza, chiedono di essere portati gratis nella capitale. I dipendenti sono riluttanti ma alla fine accettano. Due autobus lasciano il deposito. Fanno poche centinaia di metri. La strada è sbarrata da decine di auto e gipponi della polizia locale. I bus si fermano, poi riprendono la marcia. Vengono investiti da una raffica di proiettili. Due studenti muoiono, un altro resta ferito. Gli altri si danno alla fuga. Ma vengono inseguiti. Per tutta la notte scatta una vera caccia al ragazzo. È ancora presto. Ma i commercianti capiscono l'aria e iniziano a chiudere i negozi.
Iguala si trasforma in un deserto e in un inferno. La caccia prosegue per tutta la notte. Adesso non è solo la polizia a scatenare il panico. Assieme agli uomini in divisa ci sono civili, paramilitari, sicari dei narcos.
È la resa dei conti: il collegio agricolo è considerato un covo di sinistra, ragazzi e professori che si sono sempre opposti, decisi e combattivi, allo strapotere del Cartello locale dei Guerreros unidos e dei loro referenti politici: il sindaco Josè Luis Abarca e il governatore dello Stato Aguirre Rivero. Con un paradosso: entrambi sono stati eletti tra le fila del Partido de la Rèvolucion Democratica (Prd), una coalizione di sinistra.
Gli agguati e le sparatorie continuano anche all'alba. Sulla Panoramica norte, una grande arteria che circonda Iguala, l'autobus di una squadra di calcio di terza categoria, Los Avispones di Chilpancingo, viene investito da una pioggia di proiettili. A sparare sono uomini incappucciati che hanno bloccato l'autostrada. Viene ferito un giocatore, muore l'autista del mezzo. Muore anche una donna che si trovava a passare nella zona a bordo di un taxi. È un errore. I killer avevano probabilmente scambiato l'autobus per uno di quelli usati dagli studenti per fuggire.
Solo all'alba terminano gli agguati. Resta la tensione, fortissima: all'appello mancano 43 studenti. Svaniti nel nulla. Probabilmente catturati, uccisi sommariamente e gettati in qualche fossa comune. In una settimana di ricerche ne hanno scoperte cinque. Tutte sui costoni della "Collina della morte", vicino al quartiere Pueblo Viejo.
La scomparsa, questa volta, non è passata sotto silenzio come tante altre. Centinaia di padri e di madri, di amici e studenti, di professori e di colleghi, sono scesi per strada e hanno iniziato a protestare. La rivolta si è estesa a tutto lo Stato di Guerrero e poi ad altri Stati del paese. Il Messico si ribella. Stufi dell'arroganza dei narcos, delle complicità con i governanti locali, con i dirigenti della polizia, gli abitanti di Guerrero chiedono giustizia e soprattutto verità.
Il presidente Nieto si è subito reso conto dei rischi politici. Sta faticosamente recuperando l'immagine compromessa di un paese ostaggio dei Cartelli, della violenza, della corruzione, delle complicità, a volte clamorose e insospettabili, tra chi sostiene di combattere una guerra spietata e sanguinaria e chi la conduce. In 20 anni il Messico ha visto 50 mila morti, 30 mila rapimenti e scomparsi. Uomini e donne torturati, fatti a pezzi, appesi ai cavalcavia delle autostrade come manichini dell'orrore. Giovani e anziani. Gente coraggiosa. Che denunciava sui blog e sui social le azioni impunite delle bande e le connessioni con il potere politico.
Il presidente ha esautorato la polizia locale, ha sequestrato oltre 300 pistole e fucili a pompe agli agenti in servizio a Iguala: 22 vengono arrestati. Arrivano squadre della scientifica, scatta una grande inchiesta affidata alla procura nazionale. Tutti puntano l'indice contro il sindaco Abarca e sul capo della polizia locale Felipe Florez Vasquez. Il primo cittadino si è difeso con il cinismo che lo caratterizza: "Quella notte non ho sentito nulla. Tutto tranquillo". Stava presenziando ad una cena per la raccolta fondi dell'associazione di sua moglie, Maria de los Angeles Pineda Villa. Una vera zarina, legata a doppio filo con i capi del Cartello di Arturo Beltran Leyva dal quale sono nati i Guerreros unidos.
Ora sono entrambi latitanti. È fuggito anche il capo della polizia. Sul posto restano i federali, i soldati, i gruppi speciali della lotta ai narcos. Vigilano, discreti e da lontano, sulla "Collina della morte". Mentre un formicaio di gente cerca, scava, trova. Frammenti di ossa, crani, gambe e braccia. Non sono dei 43 studenti scomparsi. A chi appartengono? Quanti sono i cadaveri seppelliti, bruciati, calcinati? "In Messico siamo seduti su un enorme cimitero", commenta la scrittrice Elena Poniatowska. Per Pena Nieto è l'occasione di un riscatto. Dovrà convincere i grandi investitori stranieri che il suo paese non è più solo morte e narcotraffico.

Nessun commento:

Posta un commento