giovedì 5 dicembre 2013

IN STATO DI IPNOSI SI POSSONO COMPIERE ATTI CONTRARI AL PROPRIO CODICE MORALE?

Cerchiamo di capire meglio...i lati positii e negativi...




IN STATO DI IPNOSI SI POSSONO COMPIERE
ATTI CONTRARI AL PROPRIO CODICE MORALE?


Ciascun essere umano possiede, o perché l'ha ricevuto dall'educazione e dalla società o perché lo ha personalmente elaborato o rielaborato, un proprio codice morale, una propria tavola dei valori, in base alla quale ritiene che determinate azioni siano lecite e giuste, altre, invece, illecite e ingiuste; e, fino a quando dispone della propria libera volontà, cerca di attenervisi.

Perfino un delinquente incallito, per esempio un assassino a pagamento che si pone al servizio della malavita, se possiede un codice morale in cui è prevista la solidarietà tra malviventi della medesima organizzazione, cercherà di non tradire i compagni, anche se viene a trovarsi in una situazione di pericolo personale o di seria minaccia per la sua libertà.
Inoltre, accade abbastanza frequentemente che determinati individui possiedano due differenti codici morali: uno per la sfera privata e particolarmente per la famiglia; un altro per il mondo esterno; e che, mentre nella prima sfera siano dei genitori affettuosi, dei figli rispettosi, degli amici sui quali si può sempre contare, al di fuori di essa si dimostrino capaci di compiere azioni crudeli, efferate, perfino sadiche, senza ombra di ripensamento o di rimorso.
Tutto questo, però, riguarda il comportamento delle persone in stato di coscienza e in pieno possesso della propria lucidità.
Già sotto l'effetto di alcool o droghe il comportamento delle persone è soggetto a cambiare in maniera significativa, al punto da manifestarsi totalmente diverso da quello ordinario; ma anche una forte e improvvisa emozione, uno scoppio di gelosia, di rabbia, un impulso di paura cieca, possono spingere un soggetto normalmente tranquillo a compiere gesti estremamente violenti, del tutto incompatibili con il suo codice morale, tanto da far quasi dubitare che sia emersa una seconda e nuova personalità, radicalmente diversa dalla prima.
In effetti esiste, anche se è un fenomeno decisamente raro, la sindrome della personalità multipla, ora più gentilmente chiamata disturbo dissociativo della personalità (senza che la sostanza cambi minimamente), caratterizzato dall'emergere alternato, nello stesso individuo, di una o di numerose personalità secondarie; nei casi più gravi, una di queste può anche prendere il sopravvento in modo apparentemente definitivo su quella principale, talvolta per molti anni, tal altra anche per tutta la restante vita del soggetto.
Presso molte società native esiste la radicata convinzione che anche l'azione magica a distanza, esercitata da uno stregone, possa indurre un individuo a comportamenti inusuali e contrari al suo codice morale e perfino a comportamenti seriamente autolesionisti, che possono culminare nel suicidio, indotto attraverso una sorta di comando telepatico.
Un caso a sé è costituito dal fenomeno della cosiddetta possessione diabolica, nel quale la personalità di un soggetto subisce una autentica invasione da parte di uno spirito maligno, talvolta anche di parecchi spiriti maligni, finendo per disporre solo di periodi intermittenti di relativa libertà morale o anche, nei casi più gravi, perdendo quest'ultima del tutto e rimanendo completamente in balia di una volontà estranea, quella delle entità diaboliche.
Si tratta di una casistica che la psichiatria è restia ad affrontare seriamente, tali e tanti sono i pregiudizi razionalisti e materialisti che condizionano gli scienziati; e, nondimeno, di una casistica estremamente affascinante, per le implicazioni teologiche e religiose che comporta e anche perché rimette totalmente in discussione ciò che la cultura contemporanea ritiene di sapere intorno alla personalità umana e ai rapporti fra spirito e corpo, dato che, in svariati casi, questi soggetti presentano condizioni fisiche assolutamente fuori dell'ordinario (forza sovrumana, repentino aumento delle dimensioni corporee e inspiegabile aumento del peso, del pari repentino stravolgimento dei lineamenti del volto, brusco cambiamento del timbro vocale) e capacità mentali altrettanto sorprendenti (retrocognizione e chiaroveggenza, conoscenza di lingue straniere antiche e moderne da parte di soggetti scarsamente istruiti, lettura del pensiero degli astanti).
Secondo la teologia cattolica, la persona in stato di possessione diabolica completa non è responsabile dei propri atti, perché la sua volontà è stata completamente annullata e qualsiasi azione essa commetta, la fa nel ruolo di semplice strumento di una volontà maligna ad essa estranea, la cui origine non è naturale, bensì preternaturale.
Ma che cosa succede quando una persona si trova in stato di ipnosi e, pertanto, la sua coscienza è addormentata, mentre su di essa agisce una volontà estranea perfettamente umana, quella dell'ipnotizzatore, il quale, se male intenzionato, le può ordinare di compiere qualsiasi genere di azione esso voglia?
In particolare, quel che vorremmo sapere è questo: è possibile che un soggetto in stato di ipnosi compia, su istigazione dell'ipnotizzatore, degli atti totalmente contrari al proprio codice morale e perfino dei gravi delitti?
Esistono, al riguardo, due scuole di pensiero.
Secondo la prima, il soggetto ipnotizzato non potrebbe essere indotto comunque ad agire contro le proprie convinzioni etiche, perché il potere di suggestione dell'ipnosi stessa non arriva a scalfire queste ultime, ovvero a stravolgere la struttura fondamentale della personalità.
Secondo l'altra, durante lo stato di ipnosi tutto è possibile e il soggetto ipnotizzato non è che uno strumento, totalmente docile e remissivo, della volontà dell'ipnotizzatore: proprio come accade al sonnambulo Cesare nel film di Robert Wiene "Il gabinetto del dottor Caligari" (del 1920), che commette una serie di omicidi per ordine del maligno protagonista.
Portavoce della prima tendenza, che potremmo definire ottimistica, è D. M. Hengel, nel suo libro "Guida all'ipnosi" (1):

«...Un soggetto compie, in stato d'ipnosi, tutte quelle operazioni, quelle scelte, quei testi che sarebbe in grado di compiere in stato di veglia; la modificazione d'intensità, di rapidità, di velocità, di quantità rappresentano unicamente variabili al fenomeno, definito e definibile alla radice.
Pertanto un soggetto ipnotizzato non commetterebbe mai un atto contrario alla sua morale. Se ne determina quindi che allo stato ipnotico nessuno uccide se non è portato o abituato a uccidere anche nello stato di coscienza.
Si può dire che le idee religiose, politiche, personali rappresentano dei limiti al di dentro dei quali la volontà dell'ipnotizzatore può tentare di modificare la personalità del soggetto.
Difficilmente comunque, per quanto capace possa essere l'ipnotizzatore, il suo comando può alterare nella sostanza la volontà del soggetto.»

Per quanto riguarda l'opposta scuola di pensiero, più che alle teorie potremmo appellarci ai fatti; per esempio, al fatto di cronaca nera avvenuto in Danimarca nel 1951 e del quale si occupò, con notevole rumore, la stampa internazionale, compresa quella italiana (2).
Ne riportiamo le linee essenziali servendoci del lavoro di G. Perico "A difesa della vita" (3):

«Non sono mancati nella storia dell'ipnotismo fatti di suggestione a intenti criminosi. Alcuni anni fa un certo Palle Hardrup, responsabile dell'assassinio di due impiegati bancari, è stato assolto per totale irresponsabilità; mentre venne condannato Björn Schouw Nielsen, che al momento del delitto era a molti chilometri di distanza, per aver costretto Palle Hardrup, "mediante ipnotismo", a compiere l'azione criminosa.»

Ma sono avvenuti anche altri fatti di questo genere.
Nell'agosto del 2011, il cinquantenne torinese di nome Salvatore Scaldone, in stato di sonnambulismo, ha ucciso la moglie, Mariella Gigli, di cinque anni più giovane, con un colpo di pistola alla nuca, costituendosi poi ai carabinieri e sostenendo che, mentre commetteva l'omicidio, stava sognando che la moglie lo tradiva, cosa che lo avrebbe spinto a vendicarsi.
Se in questo caso esiste, peraltro, il sospetto che si sia voluto coprire un omicidio premeditato dietro la maschera del sonnambulismo, considerato anche il fatto che tra i due esistevano forti dissapori e la moglie aveva manifestato l'intenzione di chiedere la separazione; ve ne sono altri nei quali tale dubbio è oggettivamente ridotto ai minimi termini dalle circostanze stesse.
Brian Thomas, un gallese di cinquantanove anni, a Neath, nel novembre 2009, ha strangolato in stato di sonnambulismo la cinquantasettenne moglie Christine, credendola un ladro che si era introdotto nel loro camper. L'uomo soffriva di disturbi del sonno da almeno cinquant'anni e il suo comportamento sarebbe quindi coerente con la sindrome di cui soffriva e per la quale si sottoponeva costantemente a delle cure.
Come ha affermato il suo avvocato difensore, mentre l'uomo uccideva la moglie, la sua mente era in stato di incoscienza e pertanto egli non si rendeva minimamente conto di quello che stava facendo. È stato lui stesso, del resto, a chiamare la polizia sul luogo del delitto, in un camping del Galles, allorché, al risveglio, si è trovato accanto al cadavere della donna e ha intuito ciò che doveva essere accaduto.
La vicenda processuale si è conclusa con la piena assoluzione, da parte del tribunale di Swansea, nel Galles, del signor Thomas, definito dalla corte "un uomo dignitoso e un marito devoto" (era sposato con la vittima da quarant'anni), non senza un certo sconcerto dell'opinione pubblica e della stampa, che lo aveva denominato, con macabro folclorismo, "lo strangolatore dei sogni". Molti giornali si sono affrettati a commentare la sentenza scrivendo che uccidere la moglie non è più reato, purché ci si trovi in stato di sonnambulismo.
In questa vicenda, peraltro, non siamo in presenza di un caso di ipnosi, ma, appunto, di un disturbo del sonno: l'uomo non ha strangolato la moglie perché qualcuno gli aveva ordinato di farlo, dopo averne annullato la libera volontà, ma semplicemente a causa di una tragica fatalità, avendo sognato che uno o due malviventi erano penetrati nel camper e avendo perciò ingaggiato una lotta contro tali fantasmi della sua mente.
Ma è poi vero che le entità che popolano i nostri sogni sono dei fantasmi o non sarebbe più giusto considerarle degli abitatori della mente, che rivestono certamente uno statuto ontologico diverso da quello delle persone e delle cose "reali", ossia esperibili nello stato di veglia, e nondimeno anch'esse, a modo loro reali, nel senso che, almeno fino a tanto che il sogno si protrae, sono reali per colui che le sta sognando, così come sono reali le cose e le persone che incontriamo nella nostra vita allo stato di veglia?
Questione grossa; questione controversa e difficile.
Sia come sia, per quel che riguarda le azioni compiute in stato di ipnosi, crediamo che bisognerebbe essere estremamente cauti prima di dichiarare "impossibile" che il soggetto in questione possa commetterne alcune in netto contrasto con il suo codice morale; vicende come quella di Palle Hardrup dovrebbero farci riflettere a fondo.
Forse, la domanda giusta da porsi dovrebbe essere, in via preliminare, questa: che cosa succede, esattamente, nella mente di un individuo che venga ipnotizzato?
Non è la stessa cosa, evidentemente, che trovarsi in stato di sonnambulismo; pure, una certa parentela fra le due situazioni esiste.
Il fatto è che, se si vuole essere onesti, bisogna riconoscere che la mente costituisce ancora un grande mistero per l'uomo ed i suoi meccanismi, una grande sfida per la sua capacità di comprensione; e l'anima, di cui essa è una manifestazione, un mistero ancora più grande.
Solo partendo da questo fondamentale atto di umiltà possiamo sperare di gettare un po' di luce nelle tenebre fitte della nostra ignoranza.
Quel che sappiamo è che, nello stato di ipnosi, la volontà giace come addormentata e, su richiesta dell'ipnotizzatore, possono venire portate alla luce alcune verità nascoste che, nello stato di coscienza vigile, giacciono profondamente occultate.
Sappiamo anche che l'ipnotizzatore può impartire degli ordini all'ipnotizzato, il quale, al risveglio, non serberà memoria di quanto intercorso fra loro; nel corso del sonno ipnotico, che è un sonno artificialmente indotto, l'ipnotizzato risponderà con assoluta sincerità a ogni domanda riguardante la propria sfera inconscia e, al risveglio, potrà anche eseguire qualunque ordine abbia eventualmente ricevuto, senza sapere il perché.
Ad esempio, un individuo che abbia ricevuto l'ordine di prendere l'ombrello prima di uscire di casa, anche se la giornata è serena e senza nubi, interrogato, poi, sul perché compia un simile gesto, magari contrario alle sue abitudini, risponderà che il tempo potrebbe cambiare; non dirà di non saperlo, né si mostrerà particolarmente sorpreso. L'ordine da lui ricevuto sotto ipnosi ha agito al di sotto della coscienza: egli lo esegue, ma senza rendersi conto che la sua azione è stata eterodiretta; cercherà quindi di razionalizzare il proprio comportamento, adducendo per esso delle ragioni più o meno plausibili, anche se ben lontane dalla realtà.
Una cosa è certa: l'ipnosi è una tecnica delicata, che va utilizzata con estrema cautela da psicologi non solo ben preparati professionalmente, ma anche moralmente retti e ben consapevoli della necessità di procedere con circospezione e con saggezza, nell'esclusivo interesse della guarigione del paziente.
Dicevamo che vi è un mistero, nell'anima e nella mente dell'essere umano: un mistero sacro, al quale bisogna accostarsi con rispetto, camminando in punta di piedi.

Note:
1. D. M. Hengel, "Guida all'ipnosi", Milano, Armenia Editore, 1976, pp. 42-43
2. Cfr. Felice Bellotti, "Uccideva su ordine di un altro", in "Oggi", 12 agosto 1954, pp. 7 ss.
3. G. Perico "A difesa della vita", Milano, Centro Studi Sociali, 1964, p.309.

francescolamendola@yahoo.it

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