A 66 anni Richard Gere é più in forma che mai. Merito forse del "casino italiano" (parole che scandisce nella nostra lingua), che lo fa divertire molto o forse del nuovo amore, la compagna spagnola Alejandra Silva - ha la metà dei suoi anni. L'ex sex symbol diAmerican Gigolo e Pretty Woman negli ultimi anni si é concentrato su piccole storie, film a basso budget ("ho fatto abbastanza soldi per permettermi oggi di farne quasi senza guadagnare"), girate in pochi giorni. Come Franny, l'esordio alla regia dello sceneggiatore Andrew Renzi, che in comune con Gere ha la città d'origine, Philadelphia, in cui il film é girato.
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Parla l'attore a Roma per presentare l'ultimo film, esordio alla regia dello sceneggiatore Andrew Renzi, storia di un milionario filantropo che nella vita ha investito i suoi soldi in un ospedale pediatrico a misura di bambino, ma ha poco nelle relazioni umane. Gere si augura l'incontro tra Papa Francesco e il Dalai Lama e più pazienza, saggezza e coraggio per affrontare l'anno che sta per arrivare.
Il dolore di Franny. Il film racconta la storia di un milionario filantropo che nella vita ha destinato le proprie ricchezze alla realizzazione di un ospedale pediatrico a misura di bambino, ma ha investito poco nelle relazioni umane. Unica eccezione, una coppia di amici che hanno una figlia, interpretata da Dakota Fanning; quando i due perdono la vita in un incidente del quale Franny si sente responsabile, l'uomo sprofonda in una profonda depressione che combatte a colpi di antidolorifici. Quando Olivia-Dakota, al nono mese di gravidanza, decide di tornare in città con il giovane dottore che ha appena sposato (Theo James), Franny smuove mare e monti per trovarle un posto nel suo ospedale, spianarle la carriera e acquistare la grande casa dove Olivia viveva con i genitori.
Quella foto di Hemingway. Franny è un personaggio complesso: sensi di colpa, depressione, dipendenza dai farmaci, bisogno d'amore sono le emozioni che lo muovono ma Gere lo ha costruito soprattutto a partire da alcune immagini. "Ho lavorato molto attraverso l’intuizione, non pensavo che ci fosse bisogno di una storia complicata alle spalle. L’ho costruito attraverso vere e proprie fotografie. Quando ho iniziato a parlarne con il regista, gli ho chiesto quali fossero le immagini nella sua testa; non si trattava di capire i fatti della sua vita, piuttosto quali fossero i suoi sogni. Andrew mi ha dato delle immagini, da lì siamo partiti, poi abbiamo continuato a lavorare a livello fotografico per delineare lo spazio mentale del protagonista. In particolare c’è una foto di Hemingway per me molto evocativa, e così alla fine Franny gli somiglia un po', somiglia un po' allo scrittore alla fine della sua vita, con quella barba, sovrappeso, brizzolato ma allo stesso tempo con una grande tensione interiore".
Roma, Bertolucci e il mistero della vita. Gere ribadisce che venire a Roma è per lui sempre un grande piacere, e che vorrebbe girare un film in Italia, "i film purtroppo non sono una questione di sí o di no ma il frutto di congiunzioni astrali, elementi alchemici". Gli piacerebbe partecipare al prossimo progetto "del mio amico Bernardo Bertolucci" ma "ci sono anche tanti altri bravi registi italiani, chissà che non si riesca a fare un film italiano prima di smettere di recitare". D'altronde, spiega, la sua carriera non ha mai seguito un piano preciso ma s'è sviluppata in base all'istinto del momento, "anche se cerco sempre di scegliere lavori in cui ci sia un po' di 'mistero', tutti dobbiamo affrontare la vita e il suo mistero, è l’unica cosa che ci spinge ad andare avanti, a cercare. A Picasso venne chiesto cosa pensava dei computer, quando sono stati inventati, rispose che non gli interessavano perché non era interessato alle risposte. E' vero, oggi i computer fanno anche domande, ma è quella la stessa sensazione che provo io. Le risposte sono un premio di consolazione, non hanno un gran significato. Quel che importa è quando le porte si aprono e riesci ad andare più a fondo nel mistero, in uno spazio non concettuale, in una rappresentazione fedele del mondo che non è fatta di fatti, ma si basa sul flusso che cambia sempre e per questo non può essere fermato".
Dalai Lama e Papa Francesco. Un sogno di Gere? Un incontro fra Papa Francesco e il Dalai Lama. "Parlerebbero di come aiutare il mondo e renderlo più saggio, di come rendere più compassionevole l'umanità, meno violenta. Pur venendo da culture diverse potrebbero fare tantissimo, sono all'apice del loro potere e sono personaggi tra i più straordinari che siano mai esistiti". Si concede una battuta, "quanti sono i cattolici nel mondo? Un miliardo e mezzo? Bè, allora c'è un problema, i buddisti sono più di due miliardi...". Si sofferma su quanto accaduto negli Stati Uniti all'indomani della strage di San Bernardino, "tutti pensavano che ci sarebbe stata una stretta sulle armi, l'America è il paese più armato del mondo, una follia, invece la vendita delle armi e l'utilizzo di vigilanti privati sono aumentati. Tutto ciò è sbagliato, purtroppo negli Usa si lavora solo sugli effetti e non sulle cause, invece andrebbero comprese le ragioni degli essere umani che fanno queste cose, come i motivi per i quali si comportano così".
Un regalo per il 2016? Fine anno, tempo di bilanci. Anche Gere fa un augurio generalizzato per l'anno in arrivo. "Auguro più pazienza. Ci sono troppi motivi per cui diventiamo pazzi e violenti, quindi spero che si riesca tutti a prenderci un po’ di spazio per fare un passo indietro e guardare le cose nel loro complesso. Il mondo dovrebbe imparare a reagire non sull’onda della paura e dell’ansia ma a cercare di capire perché accadono certe cose. E’ un periodo difficile, dobbiamo esprimere tutta la saggezza di cui siamo capaci. Ci vuole molto coraggio".
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