martedì 22 settembre 2015

Il 25 aprile è veramente la liberazione





25 aprile 1945 – 25 aprile 2015. Cosa si festeggia di bello in questo settantesimo 25 aprile?
Vediamo un po’: la sconfitta dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale? La “Resistenza” gonfiata, portata avanti da poche migliaia di individui, divenuti decine di migliaia a opera conclusa, quando bastava mettersi un fazzoletto rosso al collo per essere automaticamente considerati partigiani? La dichiarazione di guerra all’agonizzante Giappone, frutto dell’ennesimo voltafaccia governativo? O meglio ancora settant’anni di colonizzazione americana, fatta di basi militari, dipendenza economica, importazione di mode e stili di vita capitalisti e consumisti, perdita di sovranità in favore di enti mondialisti anti-nazionali? Ci siamo liberati dai nazifascisti per consegnarci alle fauci degli Americani, cari signori, e qui, da festeggiare, non c’è proprio nulla.
Certo, non c’è nulla da festeggiare, per un vero patriota. Per uno dei tanti galoppini del $istema-mondo invece è una pasqua di “liberazione”, un tripudio di spregio per gli eterni valori identitari che animano coloro che si battono per la Nazione, l’Europa, e l’onore degli Europei. L’orgoglio di essere Italiani ed Europei barattato con la Disneyland statunitense e con gli Stati Uniti d’Eurolandia che piace tanto ai Napolitano, ai Mattarella, ai Monti, ai Draghi, ai Renzi e a tutto il loro bel codazzo di servi.
Il 25 aprile che ogni anno, inesorabile, ricorre, ci ricorda che siamo una colonia americana, cui è concesso di ingozzarsi con i consumistici ninnoli d’Oltreoceano ma non di alzare la testa e riprendersi la propria sovranità. E ci ricorda che l’Italia è uscita sconfitta dall’ultima guerra, e più che per la sconfitta sul campo, per la sconfitta morale di essersi prostituita agli Alleati: 8 settembre e 25 aprile, due pietre miliari di questo vergognoso tracollo etico e patriottico.
Sono due date che pesano sulla moralità di questo stato nazionale ridotto a colonia dei forestieri; anche i Serbi hanno come festa nazionale una sconfitta, quella contro i Turchi nel 1389, ma non certo per autolesionismo e tributo agli invasori musulmani, loro acerrimi nemici, bensì come eterna sete di riscatto, di orgoglio ferito, di patriottismo che dalle sconfitte esce corroborato. Viceversa, nell’italietta occidentalizzata e ridotta a discarica di stereotipi americani e dormitorio di Americani medesimi e Franco-Tedeschi, si ricorda l’8 settembre come presa di coscienza anti-nazista (ma non fatemi ridere) e il 25 aprile come riscatto popolare ad opera dei partigiani, contro l’invasore tedesco. Diamo alle cose il loro nome: l’8 settembre è stato un tradimento nei confronti della Germania e del Ventennio fascista che, checché se ne dica, è parte indelebile della storia italiana, anche se qualcuno vorrebbe cancellarlo a tutti i costi, mentre il 25 aprile, come già ricordato, l’illusione di una riscossa partigiana che in realtà è la foglia di fico della conquista alleata e dell’italietta sconfitta che cade tra le braccia dell’imperialismo americano.
Sarebbe bene ricordarsi più spesso in cosa sia consistita la presunta liberazione alleata, con la zelante collaborazione degli infazzolettati: bombardamenti terroristici dai nostri cieli, con decine di migliaia di vittime e distruzione senza pietà del patrimonio artistico italiano; deportazioni e internamenti sul suolo americano; feroci rastrellamenti partigiani; marocchinate e stupri ad opera di esotici militari alleati; guerra civile tra Italiani; tradimento sabaudo e badogliano; Piazzale Loreto e annessa macelleria messicana; sconfitta totale e perdita dell’onore italiano, in favore del colonialismo statunitense e dell’arroganza franco-britannica. E si potrebbe andare avanti tranquillamente.
Pensate che c’è davvero gente che crede che il 25 aprile sia stato il riscatto di una Nazione, e non la sua sconfitta su tutti i fronti. Certo, avere in casa la monarchia sabauda e il Vaticano non ha aiutato, in Italia troppi parassiti banchettano sulla schiena degli Italiani, da troppo tempo.
E poi c’è comunque la pancia del popolaccio, che da fascista diviene antifascista nel giro di pochi giorni, e dopo aver acclamato Mussolini per anni, finisce per fucilarlo, sputacchiarlo, vilipenderlo, appenderlo a testa in giù, consegnando ai forestieri l’immagine di un popolo allo sbando, un popolo-banderuola, che va dove tira il… ventre.
Scendere in piazza per festeggiare il 25 aprile (ad opera di quelli che si lagnano per la Diaz di Genova magari, senza capire che le manganellate piovono dai randelli al servizio della NATO) significa arrendersi e dimostrare di essere la perfetta colonia americana che ricorda, col sorriso ebete sulle labbra, la conquista imperialista dell’Italia, alla faccia del mito partigiano e della sopravvalutatissima epopea resistenziale.
Quella data non è un riscatto, una riscossa, una presa di coscienza patriottica, ma un triste tributo a chi davvero ha “liberato” il Paese dai “nazzzisti” e che in nessun modo era ed è migliore di loro: gli Americani e i cagnolini inglesi, con un seguito di militari collaborazionisti piovuti in Italia da ogni parte del mondo, un assaggio di quella società multirazziale che ci stiamo sorbendo da tempi più recenti, ma che trova origine proprio nella conquista alleata del Paese delle aquile legionarie.
Il vero patriota italiano ed europeo ricorda ben altre date, come ad esempio il 21 aprile che ricorre tra due giorni, il Natale di Roma, la vera festa nazionale dell’Italia. Possa ripartire da quella gloriosa ricorrenza la nostra riscossa, e che il 25 aprile che è in ognuno di noi ceda il passo alla battaglia per la riconquista della sovranità nazionale e dell’orgoglio di essere figli privilegiati di Roma e della sua immortale Civiltà.
La vera Liberazione sarà quella dal mondialismo, e quindi dalla prigionia del 25 aprile.
Ave Italia!
Categorie: Etnonazionalismo

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