Si scrive “pronte da consumare”, si dovrebbe leggere “lavare accuratamente prima di consumarla”. A dispetto delle indicazioni riportate sulle confezioni, le insalate in busta – tagliate, lavate e asciugate – richiedono un ulteriore lavaggio domestico. Necessario per diluire la carica microbica.
Uno studio pubblicato dal settimanale il Salvagente e condotto dall’Università di Torino su 100 buste di insalata pronta ha infatti denunciato elevate quantità microrganismi di varia natura. Una carica che in pochi giorni cresce in misura esponenziale. Con due conseguenze: un aumentato rischio di tossinfezione alimentare quando sono presenti microrganismi patogeni; e un deperimento del prodotto in tempi troppo rapidi, ben prima della scadenza indicata sulla confezione in 5-7 giorni.
Carica eccessiva
Il campione analizzato a Torino è composto di diversi vegetali: insalata mista (20 buste), spinacino novello (20), cicorino verde tagliato (27), lattughino verde (20), carote (13). Ed è stato testato nel giorno del confezionamento e in quello della scadenza indicata dal produttore. Stante il vuoto normativo che ancora caratterizza il settore, i ricercatori hanno adottato i parametri microbiologici della normativa francese, oltre a quelli della legislazione comunitaria (reg. 2073/05), che però contempla solo i microrganismi patogeni. I risultati sono sconcertanti, specie per i prodotti venduti a caro prezzo come pronti per il consumo.
Oltre i limiti
Alle analisi della carica mesofila totale a 37 gradi, il 40% dei campioni vagliati nel giorno del confezionamento è risultato oltre i limiti. Dopo i 5-7 giorni di vita commerciale, la quota degli irregolari è balzata all’87%.
Con la stessa dinamica, il 30% delle insalate colte in fallo al test della colimetria è balzato al 60% nel giorno della scadenza.
Con la stessa dinamica, il 30% delle insalate colte in fallo al test della colimetria è balzato al 60% nel giorno della scadenza.
E l’Escherichia coli
Anche la ricerca dei microrganismi patogeni, quelli in grado di fare ammalare una persona sana, ha evidenziato anomalie preoccupanti. Nel 3% delle buste i ricercatori hanno individuato l’Escherichia coli. E in 2 casi su 3 l’esame ha evidenziato la patogenicità della contaminazione.
Percentuali persino più elevate sono invece il risultato della ricerca di altri germi patogeni: l’Enterobacter sakazakü è stato isolato nel 10% dei campioni, lo Pseudomonas nel 17% e lo Staphylococcus nel 18% delle insalate.
Percentuali persino più elevate sono invece il risultato della ricerca di altri germi patogeni: l’Enterobacter sakazakü è stato isolato nel 10% dei campioni, lo Pseudomonas nel 17% e lo Staphylococcus nel 18% delle insalate.
Peggio quelle a foglia tagliata
In generale, le insalate più esposte sono quelle con la foglia tagliata. La ragione, spiega al settimanale dei consumatori Stefania Fornasero, coautrice della ricerca, è che “l’epitelio (la foglia, ndr) rotto ha una maggiore predisposizione alla contaminazione ambientale”. Più frequente della media è anche la contaminazione degli spinaci, in questo caso per la presenza di terra.
Quali rischi
Sui germi individuati dal laboratorio torinese è bene distinguere. Il dato sulla carica mesofila totale funge più da rivelatore generale della freschezza del prodotto e della sua qualità. Più raffinato è il valore sui coliformi totali: indicatori di igiene che, se molto numerosi, sono segno di degenerazione del prodotto. Foglie marcescenti e maleodoranti, nel caso dell’insalata.
Sicurezza alimentare
Il discorso cambia, e dalla qualità organolettica si sposta sulla sicurezza alimentare, quando ci si imbatte nei germi patogeni. Inquieta la presenza in 3 insalate, 2 volte con carattere patogenico, dell’Escherichia coli, un germe che vive nell’intestino dell’uomo e dell’animale e rileva il contatto dell’alimento con materia fecale.
“Solo potenzialmente patogeni”
La gravità della scoperta purtroppo resta ignota, come il nome dei prodotti analizzati.
Dice al Salvagente Gabriella Amisano, tra gli autori della ricerca: “Si tratta di due casi di Escherichia coli solo potenzialmente patogeni, perché non essendo stata fatta la sierotipizzazione non vi è conferma. La nostra indagine inoltre è qualitativa, non quantitativa. Sappiamo che è un germe indicatore di inquinamento fecale. Ma la sua quantità ne decide la pericolosità. Se il Coli è posto in condizioni ottimali può crescere a un numero significante”.
Dice al Salvagente Gabriella Amisano, tra gli autori della ricerca: “Si tratta di due casi di Escherichia coli solo potenzialmente patogeni, perché non essendo stata fatta la sierotipizzazione non vi è conferma. La nostra indagine inoltre è qualitativa, non quantitativa. Sappiamo che è un germe indicatore di inquinamento fecale. Ma la sua quantità ne decide la pericolosità. Se il Coli è posto in condizioni ottimali può crescere a un numero significante”.
Le precauzioni
Ipotesi che meriterebbero una verifica più accurata. In attesa della quale non resta che assumere qualche precauzione. Evitare le confezioni vicine alla scadenza; mantenere la catena del freddo, non esponendo l’insalata al caldo; lavare la verdura prima di metterla in tavola; chiudere il sacchetto per impedire contaminazioni con altri alimenti conservati in frigorifero.
Ecco i dettagli del il test condotto
Uno studio sulle insalate pronte in busta pubblicato dal settimanale il Salvagente nel numero in edicola dal 5 luglio e condotto dall’Università di Torino su 100 buste di insalata pronta ha denunciato elevate quantità microrganismi di varia natura.
Il campione analizzato a Torino è composto di diversi vegetali: insalata mista (20 buste), spinacino novello (20), cicorino verde tagliato (27), lattughino verde (20), carote (13). Ed è stato testato nel giorno del confezionamento e in quello della scadenza indicata dal produttore. Stante il vuoto normativo che ancora caratterizza il settore, i ricercatori hanno adottato i parametri microbiologici della normativa francese, oltre a quelli della legislazione comunitaria (reg. 2073/05), che però contempla solo i microrganismi patogeni. I risultati sono sconcertanti, specie per i prodotti venduti a caro prezzo come pronti per il consumo.
Il campione analizzato a Torino è composto di diversi vegetali: insalata mista (20 buste), spinacino novello (20), cicorino verde tagliato (27), lattughino verde (20), carote (13). Ed è stato testato nel giorno del confezionamento e in quello della scadenza indicata dal produttore. Stante il vuoto normativo che ancora caratterizza il settore, i ricercatori hanno adottato i parametri microbiologici della normativa francese, oltre a quelli della legislazione comunitaria (reg. 2073/05), che però contempla solo i microrganismi patogeni. I risultati sono sconcertanti, specie per i prodotti venduti a caro prezzo come pronti per il consumo.
CAMPIONI IRREGOLARI
(rispetto alla norma francese DGCCFR-1988)
Carica mesofila totale a 37°
40% nel giorno del confezionamento
87% nel giorno della scadenza
Carica mesofila totale a 37°
40% nel giorno del confezionamento
87% nel giorno della scadenza
Colimetria
30% nel giorno del confezionamento
60% nel giorno della scadenza
30% nel giorno del confezionamento
60% nel giorno della scadenza
MICRORGANISMI PATOGENI
3% Escherichia coli (di cui 2 positivi alla ricerca di patogenicità)
10% Enterobacter sakazakü (solo il 5% con entrambi i geni di patogenicità, ESSB e ESSF)
17% Pseudomonas spp.
18% Staphylococcus spp.
Tratto da http://www.ilsalvagente.it
Considerazioni
Da un punto di vista nutrizionale o di prevenzione alimentare, non ha molto senso mangiare insalata già lavata e confezionata. Così è stato dimostrato in uno studio(peraltro stranamente ancora unico nella letteratura scientifica) pubblicato sul British Jornal of Nutrition nel 2002. Lo studio ha analizzato il plasma di persone a cui è stata data lattuga fresca e, dopo tre giorni, lattuga conservata in atmosfera modificata (oggi detta paradossalmente “protetta”). Si è scoperto che nell’insalata confezionata c’è una perdita delle sostanze antiossidanti, come vitamine o caroteonoidi o flavoidi, fondamentali nella prevenzione alimentare delle malattie cronico-degenerative che tanto affliggono la nostra società.
Lo studio è stata fatto dal nostro Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), che però dai primi di luglio non esiste più a grazie all’opera di spendig review del governo. Infatti il ministro Mario Catania ha appena deciso di sopprimerlo, facendoci diventare l’unico fra i paesi sviluppati che mancherà di un istituto nazionale della nutrizione, mentre l’Europa investe tanti e tanti soldi nella prevenzione alimentare: a cui peraltro in futuro dovremo rinunciare, dato che l’istituto è stato soppresso. È dell’ultimo minuto la notizia che il direttore esecutivo dell’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, sta inviando una lettera al governo in cui esprime la sua preoccupazione di trovarsi con uno stato membro che manca d’un istituto nazionale di nutrizione.
Quindi più verdura fresca e meno prodotti confezionati. Facciamo diventare la cucina un piacere e non una perdita di tempo dopo il lavoro.
Un abbraccio di luce e amore Gioia
consulto telefonico num. 06/98379041
costo 50cent al minuto
gioia@gioiacartomanzia.com
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