Giampaolo Pansa: “I partiti muoiono, vincono i califfati”
di Giampaolo Pansa
Forse non ce ne siamo accorti sino in fondo. Ma l’inchiesta su Mafia capitale sta aprendo una voragine gigantesca dentro il sistema politico italiano. Chi non ha mai visto che cosa avviene quando sta per cadere una frana colossale su un versante di montagna o di collina, è fatalmente indotto a sottovalutare certi segnali quasi invisibili. È un fenomeno che ho constatato di persona nell’ottobre 1963 a Longarone, in provincia di Belluno. Quando arrivai sul posto come inviato della Stampa, mi resi conto che quasi nessuno aveva intuito che il monte Toc stava per cadere dentro la diga del Vajont. La frana precipitò verso le dieci di sera e spazzò via Longarone e dintorni. Risultato? Più di duemila morti.
A Roma sta per accadere una strage altrettanto grande. Senza morti, almeno sino a oggi, ma con una conseguenza che riguarda tutti: la fine dei partiti italiani. Ci stiamo baloccando sulle colpe di questo e quel boss di sinistra o di destra. Ci arrovelliamo su una questione inesistente: il sindaco Marino deve dimettersi oppure no? Senza comprendere che lui è già un morto politico che cammina. Ci chiediamo chi potrà arrivare dopo questo bravo chirurgo, inadatto a guidare il caos infernale della prima città italiana. Ma sono tutti interrogativi privi di senso. La verità è che sotto i nostri occhi si realizza il vecchio slogan dell’Espresso anno 1956: «Capitale corrotta, nazione infetta».
Non vale la pena di occuparsi di inezie. E farsi domande inutili. Il comune di Roma verrà sciolto per mafia oppure no? Il sindaco è anche lui un mafioso, cosa che non credo, oppure soltanto un pigmeo al cospetto di un dramma enormemente più grande? Sino a quando il premier Renzi difenderà uno dei suoi sottosegretari entrato nel mirino della Procura di Roma? Alfano, il ministro dell’Interno, sapeva e ha taciuto, oppure era all’oscuro del verme dentro l’appalto per il centro immigrati di Mineo, nonostante gli allarmi lanciati da Cantone, lo zar anticorruzione?
Più interessante è domandarsi che cosa diventerà il sistema dei partiti che oggi sta morendo. Volete un’ipotesi accettabile? Vedremo sorgere presto una confederazione di califfati. Insieme al Califfato nero dell’Isis che ha dichiarato guerra all’Occidente, in casa nostra si affermerà una rete di califfati o di potentati che si spartiranno il Paese. Partendo da posizioni a volte periferiche, ma destinate a diventare sempre più forti. E a dettare legge nei territori sui quali comandano. Senza avere alle spalle i partiti, ridotti a zombie privi di forza e tuttavia pronti a servire il califfo emergente.
Esiste già un modello che si sta affermando: il Califfato renzista. Fondato su un principio: al comando deve esserci un solo uomo. La democrazia diffusa non è più in grado di affrontare i problemi di un paese negli anni Duemila. Sono indispensabili la velocità nell’agire. Il decisionismo senza riguardi per nessuno. La costruzione di una struttura super efficiente proprio per le dimensioni ridotte. La sicurezza spavalda nell’aggredire gli avversari o i dissenzienti, cominciando con l’insultarli ed esporli allo scherno.
Ecco lo schema ridotto al minimo del Califfato di Matteo Renzi. Con un’avvertenza: dovrà avere il dominio assoluto dei media, soprattutto di quello più letale, la televisione. L’ha compreso bene un altro politico che spera di diventare un califfo, il leghista Matteo Salvini. E l’ha capito un leader suo avversario: Beppe Grillo. Il dittatore stellare ha cresciuto una schiera di allievi, tutti giovani e preparati. Oggi si stanno muovendo come mai prima. Vanno all’assalto dei programmi tivù che fino a ieri disdegnavano.
Poi ci sono i califfati locali. Il primo fra tutti, e in una regione cruciale del Mezzogiorno, la Campania, verrà costruito da Vincenzo De Luca, il sindaco sceriffo di Salerno. Ha preso quasi un milione di voti. Ma oggi si trova nei guai per l’arcinota vicenda della lista chiamata degli impresentabili, diffusa alla vigilia delle elezioni da Rosy Bindi, presidente dell’Antimafia.
Però non ho dubbi: De Luca se la caverà. Sconfiggerà la Bindi, ritornerà in sella, farà le sue vendette ed erigerà il proprio Califfato. Poi manderà uno dei figli a fare il sindaco di Salerno. La garanzia del successo sta nelle sue mani: lo sceriffo procede come un carro armato nella direzione di marcia della storia, i politici alla Bindi annaspano nel passato.
Un altro califfato può nascere in Puglia. Il governatore precedente, Nichi Vendola, era troppo infarcito di ideologia per essere un dominatore. Quello odierno, Michele Emiliano, a quale ambiente politico appartiene? Pare al Partito democratico. Tuttavia siamo di fronte a un signore sanguigno, a un hombre vertical direbbero gli spagnoli. Sa che il potere non ha colore e se ne frega delle tessere di partito. Lo dice la sua prima mossa, imprevista e audace. È quella di chiedere a tre consigliere dei Cinque stelle di fare le assessore per lui. Emiliano aveva promesso agli elettori di mettere in pista una giunta regionale di cinque maschi e cinque femmine. Ma non ha eletto nessuna donna. Adesso le va cercando. E c’è da giurare che, prima o poi, troverà quelle che gli servono.
Però non ho dubbi: De Luca se la caverà. Sconfiggerà la Bindi, ritornerà in sella, farà le sue vendette ed erigerà il proprio Califfato. Poi manderà uno dei figli a fare il sindaco di Salerno. La garanzia del successo sta nelle sue mani: lo sceriffo procede come un carro armato nella direzione di marcia della storia, i politici alla Bindi annaspano nel passato.
Un altro califfato può nascere in Puglia. Il governatore precedente, Nichi Vendola, era troppo infarcito di ideologia per essere un dominatore. Quello odierno, Michele Emiliano, a quale ambiente politico appartiene? Pare al Partito democratico. Tuttavia siamo di fronte a un signore sanguigno, a un hombre vertical direbbero gli spagnoli. Sa che il potere non ha colore e se ne frega delle tessere di partito. Lo dice la sua prima mossa, imprevista e audace. È quella di chiedere a tre consigliere dei Cinque stelle di fare le assessore per lui. Emiliano aveva promesso agli elettori di mettere in pista una giunta regionale di cinque maschi e cinque femmine. Ma non ha eletto nessuna donna. Adesso le va cercando. E c’è da giurare che, prima o poi, troverà quelle che gli servono.
Un terzo califfato nascerà dal trionfo del leghista Luca Zaia in Veneto, capace di raccogliere un milione e centomila voti. «Il mio sarà un governo del presidente» ha già dichiarato. Ha molte carte da giocare. La prima è la sconfitta fantozziana della candidata democratica, Alessandra Moretti. Se è vero che la ragazza sostenuta da Renzi si adatterà a fare la semplice consigliera di opposizione, Zaia vedrà seduta tra i banchi degli sconfitti una signora in ostaggio nel carcere del popolo leghista.
Nei prossimi mesi assisteremo a molte sorprese. La prima è che le regioni, ossia le istituzioni meno credibili per gli sprechi, le ruberie, l’inefficienza e la sostanziale inutilità, diventeranno centri di potere che il governo di Roma non riuscirà a controllare. La seconda è che la rete dei califfati si estenderà quasi dovunque. Crediamo davvero che Enrico Rossi, confermato governatore della Toscana, possa resistere alla tentazione di imitare un De Luca, un Emiliano o uno Zaia? Il Bestiario non lo crede. Prima o poi Firenze non sarà più soltanto una capitale renzista.
La terza è una sorpresa che deve ancora manifestarsi. Riguarda la sorte dei partiti italiani. Le astensioni sono ormai così tante che le regioni rosse non esistono più, come osserva Filippo Andreatta, ordinario di Scienza politica all’Università di Bologna. L’inchiesta su Mafia capitale li sta rottamando. Certi sintomi non lasciano dubbi. Venerdì sera, a Otto e mezzo, sulla Sette, il regno di una Gruber sempre più regina del proprio talk show, sono rimasto colpito dal volto di Enzo Bianco, un galantuomo che si è accollato la croce di fare il sindaco di Catania. Era un bambino terrorizzato da quanto ascoltava a proposito delle nefandezze che emergono dall’appalto del centro di accoglienza per immigrati di Mineo.
Se tanto mi dà tanto, siamo appena agli inizi di un colossale terremoto. I partiti politici stanno morendo. Lo dicono i seggi elettorali sempre più vuoti. Mentre l’Italia appare ormai una democrazia senza popolo, un’espressione geografica sospesa fra il debito pubblico e un golpe dei carabinieri. Meglio i califfati o la Benemerita? Lascio ai lettori di Libero una risposta.
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