martedì 27 agosto 2013
Austerità
Di austerità ci si ammala
Due ricercatori lanciano l'allarme contro i devastanti effetti delle misure di contenimento messe in atto dai Governi di diverse nazioni, in un libro che fa già discutere.
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Di austerità ci si ammala.
Tagli drastici ed improvvisi alla spesa pubblica, avanzata della privatizzazione nel settore della sanità, riduzione dell’assistenza pubblica: sono elementi con cui una parte sempre più ampia del mondo occidentale ha imparato a familiarizzare negli ultimi anni, a partire da quando la “Grande recessione” ha riscritto in negativo le sorti dei Paesi industrializzati di Europa ed America. Politiche volte al risparmio e al contenimento, intervenute per arginare una crisi economica che si annunciò fin dai suoi esordi come grave e profonda, che, tuttavia, stanno portando ad un nuovo devastante effetto: quello di peggiorare la salute collettiva e, di conseguenza, di aumentare in maniera crescente il divario tra le diverse classi sociali. Quella che può sembrare una banale ed ordinaria riflessione, in verità, diventa sempre più oggetto di analisi e attenzione da parte di studi scientifici che confermano come crisi ed austerità stiano incidendo drammaticamente sui bisogni dei singoli individui, sulle loro esistenze, sul loro futuro.
David Stuckler, economista dell’Università di Oxford, e Sanjay Basu, epidemiologo dell’Università di Stanford hanno presentato i risultati delle loro osservazioni partendo da diverse ricerche condotte nell’ultimo decennio; evidenziando come, a partire dal 2009 fino ad oggi, oltre diecimila suicidi e un milione di casi di diagnosi di depressione tra Europa e Nord America sarebbero da imputare alla stretta sui conti voluta dai Governi di molti Paesi che, soffocati dalla morsa della recessione, hanno risposto adottando le contromisure più immediate (e, inevitabilmente, meno lungimiranti). Scelte che, crisi a parte, sono precisa espressione di una volontà politica che non ha trovato ovunque identiche manifestazioni: i due studiosi, infatti, citano il caso della Svezia dove i programmi per il welfare e per l’assistenza pubblica, incrementati dopo la recessione, hanno portato ad una drastica diminuzione del numeri di suicidi, nonostante la disoccupazione sia cresciuta anche tra gli abitanti della nazione scandinava.
Tra i casi presi in esame, certamente merita particolare attenzione la Grecia, modello di riferimento in negativo per i politici di altri Stati (incluso il nostro), oggetto di attenzione mediatica ormai da anni, sempre più alle prese con le sue particolarità innanzitutto geografiche che ne frammentano l’identità e la realtà rendendo complessa e di difficile gestione la situazione: lì, provvedimenti come il taglio del budget destinato alle campagne di informazione e prevenzione contro l’HIV, avrebbe generato un incremento delle infezioni pari a oltre il 200% negli ultimi due anni, riconducibile in parte all’aumento del consumo e dell’abuso di droghe in un contesto in cui il 50% della popolazione giovanile risulta privo di impiego. Sempre in terra ellenica, dopo decenni di silenzio, si torna a parlare di epidemie di malaria seguite ai tagli che sono andati a toccare i programmi stagionali di disinfestazione dagli insetti. I danni riscontrati dai ricercatori includono anche carenza di medicinali essenziali, ridotte capacità di accesso alle prestazioni sanitarie, nonché “epidemie” che potevano essere perfettamente evitate attraverso la prevenzione: abuso di alcol, depressione, suicidi.
«L’austerità sta avendo un effetto devastante» ha dichiarato Stuckler: un effetto che, per oltre cinque milioni di americani, si è tradotto nella perdita di accesso alle cure mediche mentre, per la Gran Bretagna, ha significato circa 10 000 famiglie in più che non hanno più un tetto sotto il quale dormire. Per quanto riguarda il nostro Paese, è noto come il disagio sociale sia in costante aumento, con le famiglie sempre più povere, la produttività crollata, la disoccupazione record: ed il triste bollettino dei suicidi si inscrive nell’orizzonte più ampio della crisi in Europa, alla quale Stuckler aveva già dedicato diversi studi pubblicati da The Lancet e dal British Medical Journal. Quel che è peggio è che, stando così le cose, si allontana sempre più la possibilità di invertire questo circolo vizioso che, negli anni, continuerà a richiedere risorse al fine di intervenire su situazioni che potevano essere evitate all’origine, o quanto meno rese minime nelle manifestazioni: insomma, per superare la crisi economica dovrebbe essere la politica a cambiare, perché le ricette trovate potrebbero avere degli “effetti collaterali” non di poco conto.
The Body Economic: Why Austerity Kills - questo il titolo – sarà pubblicato il prossimo 21 maggio in Gran Bretagna: eppure il libro è già al centro di accese polemiche dovute all’eccessivo allarmismo di cui vengono accusati i due autori: se anche così fosse, non va dimenticato il lavoro di Stuckler e Basu come fonte di riflessione sui tempi oscuri e controversi dai quali tutti, nessuno escluso, siamo stati improvvisamente travolti come risvegliandoci da un sogno.
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