Roma 29 ott – Sovraffollamento e condizioni igienico-sanitarie da terzo mondo sono i tratti distintivi delle carceri italiane. Eppure il governo avrebbe uno strumento per ovviare, almeno in parte, a questi problemi: la convenzione di Strasburgo del 1983, attiva nell’ordinamento italiano dal 1989, grazie anche a una serie di accordi bilaterali, stipulati dall’Italia insieme ad altri 70 paesi, prevede la possibilità di espatriare i detenuti stranieri, che scontano condanna definitiva, nei loro paesi e far scontare lì la loro pena.
Intanto, secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nelle celle italiane, sono ospitati 12.509 detenuti stranieri con condanna definitiva ognuno dei quali costa 124,6 euro al giorno. In totale, in un anno fanno quasi 568 milioni di euro (più di un milione e mezzo al giorno) che si potrebbero tranquillamente risparmiare consentendo, tra l’altro, di rendere più agevoli le condizioni dei detenuti. Ma quanti sono stati finora gli espatri? Il ministero degli Interni e quello di Grazia e Giustizia non hanno divulgato i dati degli ultimi anni perché non hanno mai monitorato la situazione. Si sa solo che i trasferimenti sono stati 46 nel 2006, 111 nel 2007 e 87 nel 2008. A volte, addirittura le richieste di scontare la pena nei paesi di origine arriva dagli extracomunitari stessi, desiderosi di ricongiungersi con le loro famiglie.
Il dato più risibile è che si sono stipulati accordi con paesi dai quali non proviene un numero rilevante di detenuti come Cuba, Hong Kong e Thailandia. Ecco dunque l’efficacia di una politica che, autocelebrandosi, sbandiera successi internazionali e accordi che, se applicati, eviterebbero, spreco di denaro e dibatti che fanno solo perdere tempo.
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