UCRAINA: DIES IRAE
Da Riccardo Seremedi riceviamo e pubblichiamo questa nuova puntata della sua accurata cronaca delle vicende Ucraine: raramente qualcuno si farà carico, specie in Italia, di una ricostruzione così profonda e documentata.
Si esce dal "sentito dire" e dalla "rimozione" suggestiva dei media e si connettono fatti pubblici ma "oscurati", dichiarazioni ufficiali, inchieste giornalistiche e tracce della diplomazia , collocando gli eventi in uno scenario impressionante.
DIES IRAE
Forze oscure e potenti si sono mosse in questi ultimi giorni in Maidan Nezalezhnosti a Kiev e, attraverso i loro sgherri, hanno finalmente disvelato le vere intenzioni che le persone più accorte avevano già compreso.
Ciò che è realmente in pericolo, oltre all'integrità territoriale di una nazione sovrana, è la possibilità di ponderare un modello di società alternativo al Pensiero Unico imperante, un modello che preveda ancora “l'essere umano” - con i suoi bisogni e aspirazioni – come il fulcro dell'azione politica.
Dietro ai turpi “Maidan puppets” abbiamo due modi antitetici di vedere il mondo: da un lato c'è Vladimir Putin, l'uomo che ha ricostruito la Russia – dopo che il decennio Eltsin aveva relegato il Paese al rango di protettorato americano, con un manipolo di oligarchi filo-occidentali che saccheggiò metà della ricchezza nazionale – seguendo un modello che privilegia le risorse e il benessere nazionale, non disgiunti da una visione comune e condivisa – e non per questo demodé – della famiglia e della società civile; dall'altro abbiamo il binomio Stati Uniti – Unione Europea, i tedofori del Washington Consensus e delle grandi corporations economico-finanziarie globali – per le quali l'uomo è un mero oggetto-merce funzionale al loro profitto – portatori della retorica dei“diritti cosmetici” e della “famiglia algebrica”.
La crisi ucraina – come si ricorderà - è iniziata con il rifiuto del presidente Yanukovich di aderire all'Accordo di Libero Scambio (DCFTA) di fine novembre a Vilnius; sono seguite giornate convulse nelle quali la cosidetta “Euromaidan” si è popolata magicamente di persone, spesso reclutate per pochi dollari l'ora, con migliaia di vessilli UE nuovi di zecca spuntati da chissà dove... “Dietro garria co'l vento l'Imperial bandiera”.
Questo è il periodo in cui vengono seguiti i dettami del celeberrimo “Manuale Sharp” e le “proteste” seguono un andamento intimidatorio e meno violento, tralasciando le occupazioni e le scorribande delle squadracce di “Svoboda”.
La “proposta” europea – assolutamente irricevibile per un paese normale, figuriamoci per l'attuale Ucraina – avrebbe consegnato il Paese, “incaprettato” perbenino, all'orda mondialista già in fiduciosa attesa.
A rovinare loro i piani è arrivato Putin – proprio lui – il Mostro, che si è permesso di negare un “radioso e prospero avvenire” al nobile popolo ucraino; è successo che, verso la metà del dicembre scorso, il presidente russo hastaccato un assegno da 15 miliardi di dollari per consentire al Paese di salvarsi dalla bancarotta ed ha ridotto il prezzo del gas da 400 a 268,5 dollari per metri cubi, surrogando con i fatti le biascicate promesse di aiuto finanziario dell'Unione Europea, sempre subordinate, va da sé, alle famose “riforme strutturali”.
Apriti cielo!
Tutti i politicanti europei e americani si sono stracciate le vesti accusando la Russia di voler ricostituire una nuova Unione Sovietica, di voler interferire nelle vicende interne di un Paese sovrano, aiutati in questo dalla zelante opera di “informazione” dei media occidentali; sono veramente bizzarre e senza pudore le accuse di ingerenza nei riguardi di Putin, quando questo stuolo di cortigiani si è presentato sulla piazza – un giorno sì e l'altro pure – con “l'opposizione” per contestare un governo democraticamente eletto su una legittima decisione in materia economica;“DEMOCRATICAMENTE ELETTO” si badi bene, perché questo è un concetto che deve essere sempre rimarcato con forza, indirizzato soprattutto verso il codazzo di lacchè e opportunisti – specie nel “semenzaio” italiano - che blaterano di “dittatura”.
Coloro i quali hanno ironizzato sulle parole di Putin – che motivava l'aiuto concesso con il sentimento di fratellanza russo-ucraino – dovrebbero studiarsi la storia della Russia, ne trarrebbero utili ammaestramenti: apprenderebbero che i primi nuclei della civiltà russa nascono verso la fine del IX secolo proprio intorno a Kiev, entro i confini di uno stato che prese il nome di “Rus' di Kiev” e tale legame è sempre rimasto molto forte, fatta forse eccezione per i territori più vicini alla Polonia.
Nel suo libro “L'inganno e la paura” (2009), Pino Arlacchi fa una serie di interessanti osservazioni: “[...] Nella destra e nella sinistra europee dilaga oggi la moda del 'Putin-bashing'. Dare addosso al Primo Ministro/Presidente russo e al suo – non importa quanto vero o presunto – autoritarismo è uno sport iniziato nel 1999, con il suo arrivo al vertice della Russia[...] La Russia odierna è una democrazia capitalistica che nel corso degli anni Novanta ha assistito senza reagire al distacco di numerose regioni della federazione che essa stessa guidava, e al crollo dei regimi comunisti nella sua zona d'influenza in Europa orientale.Trasformare la Russia in una minaccia alla sicurezza mondiale inventandone spinte imperialistiche e pulsioni antioccidentali, spingendo la NATO fino ai suoi confini, provocandola con l'installazione di basi antimissilistiche in Polonia o nella Repubblica Ceca, o istigando e armando contro di essa stati confinanti come la Georgia significa mettere in pratica il grande inganno a spese di tutti noi[...]”.
Putin avrà sicuramente dei difetti e le iniziative che ha compiuto saranno state valutate in base a futuri riscontri politico-economici ma, trovando conforto nelle parole di Arlacchi, le accuse mosse al Cremlino sanno di rancido: se c'è qualcuno che può permettersi di parlare di fratellanza slava questo è proprio un figlio di quelle lande, non certo un Kerry, o un Barroso con le sue incartapecorite scartoffie, nelle quali i concetti di “fratellanza” e “democrazia” sono derubricati a puro lemma.
Basti vedere il malcelato livore e l'acredine di cui politici e media occidentali hanno fatto mostra nell'approcciarsi e nel presentare le Olimpiadi invernali di Sochi per comprendere quanto la nuova Russia dia fastidio; si è parlato di sperpero di denaro pubblico per un'ostentazione di potenza degna di uno zar, della defezione di Obama - a cui ha fatto seguito quella del caudatario Hollande e degli altri “valletti di palazzo”- per le “discriminazioni” che il Cremlino eserciterebbe nei confronti dei “diritti degli omosessuali”, e delle immancabili Pussy Riot. ()
Molto più gravi e volte chiaramente a creare un artificioso clima di tensione sono state le notizie apparse sui media anglosassoni: a fine gennaio, il governo inglese avvertiva “che attentati in Russia (dopo l’attacco a Volgograd di dicembre) molto probabilmente si verificheranno prima o durante le Olimpiadi invernali di Sochi“. (BBC, 27 gennaio 2014); anche la CNN contribuiva ad alzare il polverone e pubblicava tempestivamente i risultati di un“autorevole” sondaggio d’opinione (su un campione esiguo di 1000 persone): “il 57% degli statunitensi pensa che un attacco terroristico sia probabile per i Giochi di Sochi”.
Oltre al prestito e allo sconto sul gas, Putin ha anche firmato 14 accordi che stabiliscono il quadrogiuridico perprogetti nell'hi-tech (spazio, aeronautica, energia nucleare) e un nuovo porto multimodale sullo Stretto di Kerch; per tutta risposta il Ministro degli Esteri svedese Carl Bildt ha dichiarato che “ i prestiti di emergenza russi rischiano di ritardare ulteriormente le urgenti riforme economiche e la necessaria modernizzazione dell'Ucraina nell'UE. Il declino potrebbe continuare”.
Chapeau!
Più che proprio dell'Unione Europea – segnatamente della Germania – l'interesse occidentale nella querelle ucraina tende a confondersi con quello degli Stati Uniti, in prospettiva NATO; nel suo libro “La Grande Scacchiera” (1997), il politologo polacco-statunitense Zbigniew Brzezinski scrive: “Senza l'Ucraina, la Russia non è altro che una grande potenza asiatica. Se la Russia riprende il controllo dell'Ucraina, dei suoi 52 milioni di abitanti, delle ricchezze del sottosuolo e del suo accesso al Mar Nero, essa ritornerà ad essere una grande potenza che si estende su Europa e Asia”.
Ciò spiega la premura e le profferte melliflue che arrivano d'oltreoceano affinché Kiev si risolva a entrare nell'orbita UE; qualche ingenuo e candido sognatore potrebbe domandare: “Che male c'è?! Gli americani hanno a cuore il benessere e la felicità di quel popolo e l'Europa può essere la soluzione” .
Allora lasciamo che a rispondere sia Hillary Clinton, quando più di un anno fa – nella veste di Segretario di Stato – dichiarò che l'Unione Eurasiatica della Russia è “un movimento per ri-sovietizzare la regione” e che“sappiamo qual'è l'obiettivo e cerchiamo di capire i modi efficaci per rallentarlo o impedirlo”.
A riprova di ciò in piazza a Kiev, con Chris Murphy (Dem.) e John McCain (Rep.) il Senato americano era rappresentato da entrambi gli schieramenti, segno tangibile di un consenso condiviso sulla strategia da adottare.
McCain, in particolar modo, si è fatto apprezzare come oratore arringando la folla con boutade di questo tenore: “A tutti gli ucraini, l'America è con voi. Il mondo libero è con voi, io sono con voi. L'Ucraina farà un'Europa migliore e l'Europa farà un'Ucraina migliore”; successivamente il novello Demostene ha incontrato i leader dell'opposizione, l'ex pugile Vitalij Klitschko, l'ex Ministro dell'Economia Arsenij Yatseniuk e l'estremista di “Svoboda” Oleh Tiahnybok.
Alcune settimane dopo questi avvenimenti, presso il Comitato per le relazioni estere del Senato degli Stati Uniti si tenevano le audizioni parlamentari sugli sviluppi in Ucraina; erano presenti – tra gli altri - anche i senatori Chris Murphy e John McCain, freschi del loro recente viaggio a Kiev; nonostante l'uditorio fosse di lignaggio e qualità ben superiori alla piazza ucraina, la cifra stilistica dell'eloquio di McCain non si è conformata all'illustre consesso; dopo aver rozzamente affermato che l’Ucraina “è un Paese che vuole essere europeo, non russo” e che il popolo ucraino “grida il nostro aiuto“, ha proseguito ancora peggio dicendo non una, ma due volte, che la Russia impone l’”embargo” sul cioccolato (!?) dell’Ucraina: tale embargo al cioccolato sembra davvero suscitare la sua indignazione ma – come vedremo più avanti – tutto si collega alle vicende di un oligarca ucraino che ha avuto un ruolo di primissimo piano nel colpo di stato.
Tra le altre testimonianze ascoltate vi erano quelle dell'assistente del Segretario di Stato, Victoria Nuland, e del vice-assistente del Segretario di Stato, Tom Melia.
Quest'ultimo ha fornito parecchie notizie interessanti; dalla dissoluzione dell'URSS nel dicembre del 1991, gli USA hanno “investito” oltre 5 miliardi di dollari per l'assistenza all'Ucraina.
La stessa amministrazione Obama, dal 2009 ha elargito 184 milioni di dollari per programmi presumibilmente destinati a società civile, diritti umani et similia; è lecito chiedersi se tutti questi soldi destinati a generiche “opere pie” siano investiti in “Euromaidan”: un enorme palco con illuminazione e impianto acustico, pasti caldi, internet ad alta velocità e chi ne ha più ne metta, sono un rilevante impegno finanziario per quella che si suole definire “protesta popolare”.
A suffragare questa ipotesi, i servizi di sicurezza ucraini hanno pubblicato su Internet lo schema dei finanziamenti:“Ogni caposquadra della resistenza ha avuto promessa una ricompensa in denaro. 200 dollari al giorno per ogni combattente attivo e altri 500 se il gruppo è di oltre 10 persone. I coordinatori vengono pagati almeno 2000 al giorno per alimentare gli scontri del gruppo controllato, eseguendo azioni offensive contro agenti di polizia e rappresentanti delle autorità pubbliche. L'ambasciata statunitense a Kiev ha ricevuto contanti.Combattenti attivi e leader ricevono i pagamenti sui loro conti personali”.
Dennis J. Kucinich membro del Congresso degli Stati Uniti ha rivelato i piani statunitensi: “Mentre il piano dell'UE sull'Accordo di Associazione viene spacciato come economicamente vantaggioso per i cittadini ucraini, in realtà appare come il cavallo di Troia della NATO: una massiccia espansione della posizione militare della NATO[...] Il premio è l'accesso ad un Paese che condivide una frontiera di 1426 miglia con la Russia. La mappa geopolitica sarebbe drammaticamente rimodellata dall'Accordo, con l'Ucraina come nuovo fronte della difesa missilistica occidentale alle porte della Russia”.
E' dal 2007 che la Russia sta rimarcando il carattere ostile della strategia NATO; gli americani sostengono che ilprogettoantimissile BMD sia essenziale per proteggere le installazioni statunitensi e della NATO contro la minaccia dei nemici mediorientali - in particolare l'Iran; ma una simile giustificazione risulta allo stato inverosimile, considerando che l'elevato numero di ispezioni a cui è sottoposta la repubblica islamica non farebbe emergere la benché minima opportunità di allestire un programma nucleare di natura militare.
Il 25 novembre scorso, il Ministro degli Esteri russo Lavrov – durante una conferenza stampa a Roma – ha commentato che “se l'accordo con l'Iran viene attuato, il motivo dichiarato per la costruzione dello scudo della difesa non sarà più applicabile”.
Washington sta bluffando?
Così pare, data la significativa risposta-ammissione data dal Segretario alla Difesa USA, Chuck Hagel, che ha sottolineato che il concluso piano d'azione P5+1 riguardante il programma nucleare di Teheran “non elimina la necessità degli Stati Uniti ed alleati europei di continuare ad attuare i piani della Difesa missilistica in Europa”.
Quali siano le vere intenzioni del Pentagono lo ha rivelato l'ex-capo del programma della difesa antimissile nell'amministrazione Reagan, il colonnello Robert Bowman; l'ex ufficiale americano ha dichiarato che lo sviluppo dello scudo antimissile attorno alla Russia è prettamente offensivo ed è volto a creare la possibilità di conseguire la “capacità di primo colpo”, ovvero attaccare il suo unico rivale nucleare senza temerne la rappresaglia, avendo tale sistema la capacità di intercettare e distruggere i vettori nemici in fase di lancio.
Sia come sia, le proteste da metà dicembre cominciarono a registrare un progressivo calo d'intensità e partecipazione, segno che la strategia fin lì adottata non aveva sortito gli effetti sperati; “l'opposizione” si trovava spiazzatadall'atteggiamento cauto e pragmatico di Yanukovich, con un governo che si era notevolmente trattenuto nell'affrontare i “manifestanti” anche quando questi occupavano delle sedi istituzionali, impegnandosi in negoziati con i leader dell'opposizione e offrendo concessioni politiche come le dimissioni del premier Mykola Azarov.
In queste condizioni sarebbe stato imprudente contribuire a rafforzare la narrazione occidentale del “dittatore” che tiranneggia la popolazione, e l'uso di tattiche pesanti – anche in presenza di gravi violazioni – avrebbe esasperato la situazione dando all'opposizione la possibilità di “pescare nel torbido”.
A questo punto, visto che la strategia del 2004 incentrata sulla sovversione mediante ONG non dava i risultati sperati, è stato deciso un drastico cambio di passo.
Fermo restando l'imprinting egemonico statunitense delle operazioni strategiche - Germania e Polonia per motivi opposti - hanno intensificato la loro opera sediziosa, più latente quella tedesca, molto più sfacciata quella polacca.
Il governo del Primo Ministro Tusk – coadiuvato dall'eminenza grigia Radoslaw Sikorski, Ministro degli Esteri – ha rilasciato numerose dichiarazioni a sostegno dei manifestanti, dichiarando loro “piena solidarietà” e rendendo pubbliche le conversazioni telefoniche con Arsenij Yatseniuk, uno dei tre leader dell'opposizione.
Le missioni diplomatiche polacche in Ucraina erano volte a sostenere istituzionalmente un colpo di stato e a collocare Varsavia in una posizione privilegiata in vista di negoziati multilaterali post-conflitto.
Tuttavia, quello a cui mira il governo polacco è molto di più che una semplice egemonia sub-regionale: l'interesse inconfessato è la Galizia, una regione composta da tre provincie dell'occidente estremo dell'Ucraina nonché oggetto di vecchia disputa territoriale.
Proprio nell'oblast di Lvov, una delle tre province, alcuni rivoltosi occupavano il locale municipio e costringevano il Governatore regionale Oleh Salo a dimettersi; era il segnale che denotava il cambio di passo nelle operazioni destabilizzanti e che radicalizzava i futuri scontri.
Con puntuale sincronismo anche“Euromaidan” vedeva l'inasprimento degli scontri con le prime vittime; motivo scatenante delle proteste era l'entrata in vigore della legge “antidemocrazia”, come veniva definita da Europa e Stati Uniti: taluno potrebbe domandarsi che razza di governo liberticida sia quello che non ti consente di erigere barricate, di occupare una piazza con tende e suppellettili, di nasconderti il volto con un passamontagna e di occupare in massa un edificio pubblico.
Facciamo alcuni esempi:
San Francisco (California, USA) 17 novembre 2011 - La polizia ha arrestato 95 manifestanti del movimento Occupy Wall Street che erano entrati gridando slogan in una sede di Bank of America e avevano provato a montare un accampamento nell'atrio dell'edificio;
San Francisco (California, USA) 7 dicembre2011 - Almeno 70 manifestanti del gruppo Occupy Wall Street sono stati arrestati durante lo sgombro di un loro accampamento […] precisando che oltre 100 agenti in tenuta antisommossa hanno tirato giù le tende dei dimostranti, accampati in un parco del centro della città;
New York (USA) 15 novembre 2011 - La polizia newyorchese è intervenuta a Zuccotti Park per sgombrare il quartiere generale di Occupy Wall Street […] Gli agenti hanno arrestato 200 persone che si opponevano allo smantellamento delle tende e per proteste. La situazione a Zuccotti Park era diventata “intollerabile” e costituiva un“rischio per la sicurezza e la salute pubblica”, ha spiegato il sindaco Michael Bloomberg;
Madrid (Spagna) 26 settembre 2012 - A Madrid si è svolta la manifestazione del movimento degli Indignados che si è conclusa con un bilancio di 64 feriti e 28 arresti […] Nel corso della protesta la polizia ha sparato proiettili di gomma contro i manifestanti […] A quel punto sono cominciati gli scontri, in una piazza gremita da qualche migliaio diindignados che chiedevano le dimissioni del Governo per una manovra economica giudicata durissima e iniqua[...]... e l'elenco potrebbe continuare con centinaia di casi analoghi.
Viene da chiedersi perché ciò che viene considerato normale fare – per molto meno – negli Stati Uniti e in UE non sia invece consentito all'Ucraina, in circostanze peraltro chiaramente più minacciose per il proprio ordine pubblico interno; dal governo ucraino non abbiamo sentito strepiti e schiamazzi isterici a mezzo stampa per queste operazioni di ordine pubblico occidentali, non si sono invocate sanzioni internazionali per violazioni dei diritti umani, non abbiamo visto Yanukovich o Azarov a braccetto con i leader del movimento, vero lady Ashton?!
Con che coraggio François Hollande condanna le violenze “contro le manifestazioni pacifiche” quando si dannoultimatum di questo tipo ad un governo legittimo, arrivando a minacciare “elezioni o pallottole in fronte”, e constatando che queste “manifestazioni pacifiche” vedono l'uso di molotov, spranghe, sanpietrini, una catapulta (!!) e tutta l'oggettistica per una premeditata guerriglia urbana.
Nonostante i media atlantisti tacciano servilmente su questa realtà, il fallimento di 2 mesi di “proteste” ha portato gli USA e l'Unione Europea ad appoggiare politicamente e finanziariamente gruppi neo-nazisti che avevano il preciso compito di provocare un “colpo di stato mascherato”, da raggiungersi mediante lo spargimento di sangue in scontri di piazza, attribuendo alle forze governative ogni sorta di nefandezze per far poi scattare la condanna della “comunità internazionale”, con sanzioni e la richiesta di un nuovo governo di “unità nazionale”, formula elegante per definire un direttorio fantoccio.
Il 25 gennaio 2014, 29 leaders di partiti politici e organizzazioni civili e religiose ucraine – tra cui l'ex candidata alla presidenza e parlamentare Natalija Vitrenko – inviavano una lettera aperta al Segretario dell'ONU e ai leader dell'Unione Europea e degli USA,denunciando il sostegno occidentale alla campagna neo-nazista finalizzata alrovesciamento cruento di un governo democraticamente eletto.
Nel documento si denunciavano “le informazioni deliberatamente distorte dai media occidentali”, si sottolineava che “la firma dell'Accordo di Associazione con l'Unione Europea avrebbe portato al totale annichilimento delle proprietà statali […] e avrebbe cancellato la sovranità nazionale dell'Ucraina […] trascinando il Paese nel Joint Security and Defence Policy (l'integrazione dei sistemi di difesa europei), un progetto anti-russo che prevede l'espulsione della Flotta del Mar Nero della Federazione russa da Sebastopoli e dalla Crimea, portando l'Ucraina nel blocco militare della NATO[...]”.
A giudicare dagli eventi, l'appello – peraltro assai circostanziato – non smuoveva di un solo millimetro i destinatari della missiva dal mettere in opera quello che avevano programmato; come già detto, si contava di far sloggiare Yanukovich con l'eversione occulta delle ONG e della pressione mediatica occidentale, ma l'esperienza del “golpe arancione” del 2004 era stata maestra e tutte le provocazioni lanciate erano state disinnescate.
Occorreva quindi – come extrema ratio – avvalersi di tutta quella geldra di neo-nazisti dichiarati, picchiatori di estrema destra e “afghansy”, veterani delle guerre in Afghanistan, Cecenia e Georgia; secondo il parlamentare ucraino Oleh Tsarjov, 350 ucraini sono rientrati dalla Siria, nel gennaio 2014, dopo aver combattuto con i ribelli siriani.
Già tra il 30 novembre e il 1 dicembre 2013, i rivoltosi lanciavano molotov e sequestravano l'ufficio del sindaco di Kiev, dichiarandolo “quartier generale rivoluzionario”.
Questi “manifestanti” del partito “Svoboda” (ex partito nazionalsocialista) marciano sotto la bandiera rossa e nera dell'Organizzazione dei nazionalisti ucraini di Stepan Bandera (OUN-B), collaborazionisti filo-nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale; fonti ucraine riferiscono che il partito “Svoboda” effettuava addestramento paramilitare nell'estate del 2013, mesi prima che il presidente Yanukovich decidesse di non aderire all'UE.
L'OUN-B fu fondata nel 1929 e quattro anni dopo Bandera ne era già il leader.
Arrestato con altri sicari per l'assassinio del Ministro degli Interni polacco Bronislaw Pieracki, Bandera fu liberato dal carcere nel 1938 e subito cooptato dal comando di occupazione tedesco e, all'invasione della Wehrmacht in Unione Sovietica nel 1941, ricevette 2,5 milioni di marchi per compiere azioni sovversive contro Mosca, con forze paramilitari di circa 7000 combattenti coordinati dai tedeschi.
Poco dopo l'invasione tedesca Bandera si recò a Lvov, in Galizia orientale, per dar vita a uno stato ucraino unito e sovrano con un altro leader dell'OUN-B, Mykola Lebed. (http://en.wikipedia.org/wiki/Mykola_Lebed)
Per questo motivo Bandera fu arrestato e inviato a Berlino, e nel 1943 fu il pianificatore dello stermino di 70.000 civili polacchi ed ebrei in Volinia e Galizia orientale, con Lebed esecutore materiale a capo della “Sluzhba Bespeki”, la polizia segreta dell'OUN-B.
Dopo la guerra, Bandera fu reclutato per lavorare nell'MI6, il servizio segreto di Sua Maestà, con una breve parentesi nel BND (l'equivalente tedesco della CIA) prima di venire assassinato, nel 1959, dal KGB in Germania Ovest; Lebed invece fu reclutato dalla CIA, prendendo parte a numerose azioni di sabotaggio dietro la “Cortina di Ferro”, tra cui “l'operazione Cartel”.
Nel 1985, il Dipartimento di Giustizia statunitense avviò un'indagine sul ruolo di Lebed nell'opera di pulizia etnica già ricordata, ma la CIA bloccò tutto e la storia morì lì.
Questa piccola digressione storica serve a comprendere che le reti create nel dopoguerra tra criminalità eversiva e servizi segreti occidentali – retaggio di Bandera e Lebed – sono tuttora al centro nel putsch di Kiev.
Il cambiamento “qualitativo” di Euromaidan – passando dalle circa 200 mila persone delle prime settimane, caratterizzate dalla prevalente presenza di bandiere nazionali e UE, alle successive 40-50 mila, punteggiate da vessilli neo-nazisti – non poteva essere taciuto da tutti i media occidentali: SIMON SHUSTER giornalista di “TimeMagazine”, il 28 gennaio, titolava il suo articolo da Kiev: “Criminali di destra dirottano la rivolta liberale in Ucraina”, indicando un gruppo di picchiatori neo-nazisti chiamato “Spilna Prava” (Causa comune, ma le iniziali in ucraino sono SS) al centro dei tafferugli.
Il giorno seguente, il 29 gennaio, il“Guardian”apriva con “In Ucraina, fascisti, oligarchi ed espansione occidentale sono al centro della crisi”, con il catenaccio: “Le storie raccontateci sulle proteste di Kiev sono sommarie rispetto alla realtà”.
L'articolo poi proseguiva così: “Non sapreste mai dalla maggior parte dei notiziari che nazionalisti di estrema destra e fascisti sono al centro delle proteste e degli attacchi contro edifici governativi. Uno dei tre principali partiti di opposizione che guidano la campagna è l'estremista antisemita “Svoboda”, il cui leader Oleh Tiahnybok sostiene che 'mafiosi moscoviti-ebraici' controllano l'Ucraina. Ma il senatore americano John McCain era felice di dividere il palco con lui a Kiev, il mese scorso. Il partito, che ora amministra Lvov, ha guidato una fiaccolata di 15 mila elementi all'inizio del mese, in memoria del leader fascista ucraino Stepan Bandera, le cui forze combatterono con i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale e che parteciparono al massacro di ebrei […] Ma adesso “Svoboda” è stato affiancato nelle proteste da gruppi ancora più estremi, come 'Pravy Sektor', che chiede una 'rivoluzione nazionale' e minaccia una prolungata guerriglia”.
Counterpunch ha pubblicato il 29 gennaio un articolo di Eric Draitser che chiosa: “[...] Nel tentativo di eliminare l'Ucraina dalla sfera d'influenza russa, l'alleanza USA-UE-NATO, e non è la prima volta, s'è legata ai fascisti” ; sarà interessante vedere gli azzimati Barroso e Van Rompuy intavolare brillanti disquisizioni accademiche con i fini dicitori di “Pravy Sektor”.
A tal proposito è rivelatore il breve colloquio di SHAUN WALKER, giornalista del “Guardian”, con tal Andriy Tarasenko, uno dei coordinatori dei tagliagole in oggetto: durante l'incontro – tenutosi in un caffè del centro, a Kiev – egli afferma che “per noi il problema non è l'Europa, infatti l'unione con l'Europa sarebbe la morte dell'Ucraina. L'Europa significa la morte dello stato-nazione, della Cristianità. Vogliamo un'Ucraina per gli ucraini, governata dagli ucraini e non servire gli interessi degli altri”, affermando che l'obiettivo del gruppo è appunto una “rivoluzione nazionale”, che si tradurrebbe in una “democrazia nazionale” senza le trappole del “liberismo totalitario” dell'Unione Europea.
Sergey Kirichuk, un membro del gruppo “Borotba”, che pubblica una rivista antifascista in Ucraina ha dichiarato che molti appartenenti a “Pravy Sektor” vengono reclutati nell'ambiente calcistico tra i gruppi di hooligans di estrema destra, che sono poi coloro che lanciano molotov e cercano di uccidere i poliziotti; anche i paramilitari del gruppo“Patriota dell'Ucraina” - l'ex ala militarizzata di “Svoboda” - sono stati presenti in tutti i tafferugli, mascherati, indossando bracciali gialli e fotografati con catene e mattoni, guidando gli attacchi contro i “Berkut”.
Già nel 2012, la presenza di un'estrema destra violenta ed estremamente organizzata in Ucraina e Polonia era diventata notizia globale in vista di EURO 2012; è probabile che già da allora si siano gettate le basi per quello che è accaduto nelle ultime settimane a Kiev.
Alcune fonti documentano che molti di questi gruppi eversivi sarebbero stati preparati in basi militari della NATO (guarda, alle volte, le coincidenze!), come nel caso dell'UNA-UNSO (Ukrainska Natzionalna Asambleya – Ukrainska Narodna Sambooborunu) in Estonia nel 2006; l'UNA-UNSO fu fondata da veterani della guerra in Afghanistan ed è caratterizzata da un radicale nazionalismo ucraino, sentimenti antisemiti e antirussi. Diversi membri hanno partecipato alla guerra in Cecenia con i ribelli di Groznyj, con l'esercito georgiano nel conflitto con l'Abkhazia filorussa e nel 2008 in Ossezia del Sud.
Durante la “rivoluzione arancione” del 2004 hanno supportato Viktor Yushenko contro Yanukovich e fungevano da guardie del corpo a Yulia Tymoshenko.
Gli ultimi giorni di gennaio e i primi di febbraio - oltre a moti di piazza – vedono incrementarsi la pressione diplomatica e mediatica sull'esecutivo di Kiev; il Segretario di Stato USA John Kerry – evidentemente non trovando sconveniente la cosa – incontra a Monaco diBaviera i rappresentanti dell'opposizione Vitalij Klitschko, Arsenij Yatseniuk, Petro Poroshenko e, pensate un po', la cantante pop e ambientalista Ruslana Lyzhychko, ai quali“conferma l'incrollabile sostegno degli Stati Uniti alle aspirazioni democratiche ed europee dell'Ucraina” , sottolineando inoltre “la preoccupazione per le notizie relative alle violazioni dei diritti umani, quali sparizioni e omicidi”.
In concomitanza con le parole di Kerry, ecco apparire – con puntualità svizzera – uno degli scomparsi: si tratta del babbusco Dmitro Bulatov, leader del movimento dissidente “Automaidan” che racconterà di essere stato picchiato, di aver avuto mozzato un pezzo di orecchio, di essere stato crocefisso e di aver sentito che i suoi rapitori“avevano l'accento russo”.
La vicenda non è affatto chiara e le immagini forniteci destano alcune perplessità: innanzitutto le mani (https://www.youtube.com/watch?v=yOOXFpK-HG4) non sembrano recare ferite riconducibili a una crocefissione e i palmi delle stesse – che potrebbero fugare ogni dubbio – non vengono mai mostrati; si converrà che l'azione traumatica data dalla perforazione per mezzo di chiodi debba produrre inevitabilmente danni importanti alle strutture tendinee, che lascerebbero la morfologia e la funzionalità dell'arto assai compromesse e non consentirebbero di manipolare alcunché; inoltre il volto non presenta tumefazioni apprezzabili e le ferite con copioso sangue rappreso possono essere riprodotte alla perfezione da un buon make-up artist: vedere per credere.(http://www.effettotrucco.com/pestaggi-ferite-e-contusioni/).
E' singolare il fatto che dopo una settimana di oblio Bulatov riappaia a 5 Kanal, emittente privata del magnatePETRO POROSHENKO - il “Re del cioccolato” - proprietario del colosso dolciario Roshen; è da questo particolare che - come anticipato poc'anzi - le preoccupazioni, financo eccessive, del senatore McCain sull'embargo del cioccolato trovano una spiegazione plausibile: le ire del simpatico guascone erano – in realtà - un interessamento dovuto per l'oligarca, un fedele alleato degli Stati Uniti in momentanea difficoltà, e risulta quantomeno strana la coincidenza che proprio il canale televisivo di Poroshenko – danneggiato dall'embargo russo – riporti le prime parole del redivivo “attivista” che accusa dell'accaduto fantomatici agenti russi.
Poroshenko , ex Ministro degli Esteri e poi del Commercio, è uno degli uomini più ricchi ed influenti del Paese nonché un filo-occidentale di ferro e promotore dell'ingresso dell'Ucraina nella NATO; a questo proposito, nel 2009 si espresse in questi termini: “Credo che con la volontà politica, un pubblico auspicio a farlo, il sostegno del popolo ai politici in carica e una chiara e giusta consapevolezza politica, si potrebbe realizzare l'adesione a membro NATO entro un anno o due”.
Oleh Tatarov, vice capo del Dipartimento Indagini al Ministero dell'Interno, ha denunciato in una conferenza stampa che nessuna delle persone vicino a Bulatov vogliano collaborare, e resterebbe da capire e soprattutto da spiegarequale governo possa essere così stolto da compiere un'azione palesemente suicida, addirittura liberando successivamente il sequestrato e consentendogli di raccontare l'accaduto anziché semplicemente eliminarlo, il tutto poi sotto la pressione di USA, UE e di tutto l'apparato massmediatico atlantista; ecco che le immagini cominciano a provocare le reazioni attese, con la Casa Bianca che si dichiara “allibita dai segni di torture sull'attivista” e la Ashton che si dice “inorridita per gli evidenti segni delle prolungate torture e dei crudeli maltrattamenti”.
Il colpevole già si è trovato e Yatseniuk dice che “risponderà dei suoi crimini” ; si viene intanto a sapere - proprio da Poroshenko (evidentemente l'oligarca ne è diventato il portavoce) – che “l'attivista” Bulatov lascerà il Paese per curarsi in un paese dell'Unione Europea (sarà la Lituania) “per sfuggire al sicuro arresto e alla prigionia” ; anche questa affermazione suona paradossale, considerando che lo status di ”martire” - mediaticamente acquisito - ha fatto di Bulatov la persona più al sicuro di tutta l'Ucraina.
Nel frattempo, per rincarare la dose, fanno il giro del mondo le immagini di un prigioniero ucraino nudo nella neve, circondato da poliziotti che lo sbeffeggiano; peccato si appare verosimlmente trattarsi di una montatura, evidenziata dalla presenza di un ex funzionario del Ministero degli Interni – Andrej Dubrovik – che aveva lasciato da tempo il suo incarico, diventando capo della sicurezza del partito pan-ucraino “Patria”(Batkivshyna) della Tymoshenko: secondo “Vremja”, questo film è stato girato da Andrej Kozhemjakin, regista televisivo che lavora anche per la Tymoshenko.
I primi giorni di febbraio, i servizi segreti russi intercettano e rendono pubblica una conversazione telefonica tra il vicesegretario di Stato Victoria Nuland e il suo ambasciatore a Kiev Geoffrey Pyatt; è la famosa telefonata del“Fuck the EU”, dalla quale si evince come l'amministrazione Obama voglia chiudere in fretta la “pratica Ucraina”.
E' l'apoteosi dello sdegno, con tutti i giornali UE che parlano della maleducazione della funzionaria, della slealtà dei russi forse dimenticandosi dello scandalo clamoroso del “Datagate” di pochi mesi prima; come al solito, tutto questo baccano è funzionale all'occultamento della vera notizia: nella telefonata i due funzionari USA pianificano la formazione del prossimo governo ucraino che dovrà vedere l'ex tecnocrate Yatseniuk al timone e il come dovrà funzionare il coordinamento continuo con il partito fascista “Svoboda”, progettando anche gli interventi dell'ONU e del vicepresidente Biden per garantire il successo al progetto.
Lo scorso 13 dicembre, Victoria Nuland ha tenuto un discorso al National Press Club - sponsorizzato da US-Ukraine Foundation, Chevron e Ukraine-in-Washington Lobby Group - nel quale ella si compiaceva del fatto che Washington avesse speso speso quei già citati 5 miliardi di dollari per fomentare l’agitazione e per trascinare l’Ucraina nell’UE; (http://aurorasito.wordpress.com/2014/02/22/lucraina-alla-deriva-verso-la-guerra-civile-e-lo-scontro-tra-grandi-potenze/) una volta preda dell’UE, l’Ucraina sarebbe “aiutata” dall’occidente attraverso il FMI – presentato come il provvido soccorritore - che spremerebbe il Paese come un limone.
Il pubblico in sala era formato da oligarchi e persone che si arricchiranno con i saccheggi e i legami con un governo ucraino nominato da Washington; basti guardare il grande logo della Chevron sotto cui la Nuland parlava e si capisce come finiranno le cose: con l'incipiente programma di “aggiustamento strutturale” del FMI tutte le somme che i “manifestanti” hanno avuto da Stati Uniti e Unione Europea saranno presto restituite più volte, con l’Ucraina “dominata” dal saccheggio occidentale.
Victoria Nuland – che come si ricorderà, venne fotografatamentre distribuiva tranquillamente panini ai “manifestanti”- è la moglie di Robert Kagan, un neocon con il mito dell'”American Exceptionalism”, autore del famoso libro “Paradiso e Potere. America ed Europa nel Nuovo Ordine Mondiale” (2003), nel quale scriveva che “gli americani vengono da Marte, gli europei da Venere”, volendo significare l'immediatezza e l'aggressività statunitensi nel risolvere “i problemi” che compromettono i loro interessi contrapposte all'inerzia e alla scarsa propensione degli europei ai conflitti.
Kagan- in contrasto con Fareed Zakaria e Charles Kupchan – rigetta la possibilità di un “declinismo” americano, in favore di un maggior coordinamento con le altre potenze emergenti, e anzi afferma che: […] l'ordine internazionale non è un'evoluzione: è un'imposizione. E' il dominio di una visione sulle altre, nel caso dell'America il dominio dei principi del libero mercato e della democrazia, insieme ad un sistema internazionale che li sostiene. L'ordine attuale durerà solo fino a quando coloro che lo favoriscono e ne traggono beneficio manterranno la volontà e la capacità di difenderlo[...]”; riguardo alle metodologie per mantenere sine die quest'ordine, Kagan non potrebbe essere più chiaro: “ A qualcuno pare assurdo che gli Stati Uniti debbano avere un apparato militare più grande di quelli delle altre dieci prime potenze militari messi assieme. Ma probabilmente è proprio quel divario nella potenza militare che ha giocato un ruolo decisivo nel mantenere un sistema internazionale che è storicamente unico, e in modo unico benefico per gli americani”.
Che gli americani dettino la linea in Ucraina lo si capisce anche dalla pubblicazione, sempre su Youtube, di una telefonata intercettata tra il numero due della diplomazia europea, Helga Maria Schmid, (http://www.fanpage.it/tensione-tra-usa-e-unione-europea-una-nuova-intercettazione-svela-i-retroscena-della-crisi-ucraina/) e il capo delegazione UE in Ucraina, Jan Tombinski; nella registrazione la Schmid si lamenta del comportamento degli americani: “[...] Volevo solo dirti – in via del tutto confidenziale – che gli americani stanno dicendo in giro che noi (europei) siamo troppo morbidi, mentre loro si focalizzano su sanzioni più forti […] Ma devi sapere, e questa è una cosa che davvero mi fa arrabbiare, che gli americani vanno in giro e ci mettono alla berlina, mi hanno riferito alcuni giornalisti.
Quindi se hai modo di parlare con l'ambasciatore americano, digli che noi non siamo troppo morbidi. Stiamo per pubblicare una dichiarazione, molto forte, riguardante Bulatov.
Ma certo non lo stiamo andando a sbandierare ai quattro venti. Secondo me, è molto meglio ed efficiente seguire la strategia di cui abbiamo già discusso in precedenza [...]”.
Dalla telefonata pare di capire, tra le altre cose, che gli americani avrebbero subito voluto un documento in cui l'Unione Europea – condannando implicitamente Yanukovich per il “sequestro” Bulatov – si sarebbe apprestata a comminare sanzioni all'esecutivo ucraino, ma che Bruxelles, prendendo tempo e indisponendo l'alleato, non fosse del tutto sicura della sua veridicità.
Il governo ucraino si è obiettivamente trovato dinanzi a un'impresa disperata, impossibilitato a proteggere l'incolumità dei propri agenti e delle sedi istituzionali, schiacciato tra il diritto/dovere di ristabilire la legalità e l'impossibilità di farlo per la costante minaccia di sanzioni, una strategia che doveva – per forza di cose – condurre Yanukovich all'impotenza; la verità è che non si voleva giungere ad un accordo compromissorio, nemmeno quando il 25 gennaio il presidente ucraino offrì il posto di premier all'opposizione che rifiutò.
Con il supporto politico e mediatico dell'”Invencible Armada” occidentale, i “pacifici manifestanti” potevano fare il lavoro sporco chiesto loro ed alzare impunemente - sempre di più - la posta in gioco, visto che il copione non scritto di “Euromaidan” aveva già assegnata la parte del “cattivo” e qualsiasi tentativo di provare il contrario sarebbe stato rintuzzato dalla propaganda, quello squallido megafono monodirezionale che giustifica apoditticamente l'intromissione salvifica della NATO nelle gerenze politiche di nazioni sovrane, quell'”interventismo umanitario” che Costanzo Preve tanto deplorava.
Finanziare un colpo di stato è però dispendioso; Sergey Glazyev – consigliere di Putin per la politica estera – ha comunicato che gli Stati Uniti stavano spendendo 20 milioni di dollari alla settimanaper l'opposizione ucraina, supportando i ribelli anche con le armi: di fronte alle accuse – probabilmente frutto di un lavoro d'intelligence – l'ambasciata americana a Kiev si è rifiutata di commentare la notizia.
Ne hanno ben donde, considerando che gli stessi servizi segreti russi e ucraini parlano (qui il video) dell'invio – a mezzo Lufthansa – di colli coperti da immunità diplomatica, pesantemente sorvegliati dalla sicurezza del Dipartimento di Stato, con procedure analoghe a quelle previste negli spostamenti di grandi quantità di denaro, come i pallet di banconote da 100 dollari che volavano in Iraq.
Come scritto la volta scorsa, uno dei maggiori finanziatori della rivolta ucraina del 2004 era il finanziere George Soros e anche questa volta i maneggi del “filantropo” magiaro-statunitense non si sono fatti attendere; già nel 2011 Alexandr Yefremov – parlamentare del Partito delle Regioni - parlava del progetto di spaccare l'Ucraina per arrivare ad un “Lybian scenario”, che Soros avrebbe preparato stanziando fondi per giovani ucraini in “progetti” sull'esempio delNord Africa.
Una delle creature di Soros è la pseudo ONG “Open Dialog”, impegnata anch'essa tra i manifestanti in piazza Indipendenza e Fausto Biloslavo – corrispondente da Kiev per “Il Giornale” - (http://www.ilgiornale.it/news/esteri/e-tutto-manovrato-994003.html) riferisce che nel Palazzo dei Sindacati, occupato da “Svoboda”, Open Dialog aveva un manifesto poi fatto sparire, con il sito che invita a recarsi a Kiev per“partecipare attivamente nel supportare i manifestanti”;( ) anche CANVAS (ex Otpor) - l'ONG diBelgrado, finanziata dal Dipartimento di Stato USA – è nel vivo dell'azione; sono stati sequestrati degli opuscoli contenentisuggerimenti ai manifestantisu come vestirsi e le tecniche d'ingaggio da adottare con le forze dell'ordine, che – debitamente tradotti – ricalcano fedelmente quelli usati da Canvas in Egitto nelle proteste in Piazza Tahrir del 2011, che portarono alla caduta di Mubarak in favore dei “Fratelli Musulmani” sostenuti dagli USA.
I tumulti di Kiev avrebbero visto anche agenti - sia palesi che segreti - occidentali infiltrarsi tra i manifestanti ; un video (https://www.youtube.com/watch?v=1_2qDrLotE8) di “EuroMaidan” mostra un Berkut della polizia speciale ucraina trattenere un uomo che portava una credenziale scaduta del 2012 dell’International Police Association (IPA) di nome di Oleksandr Bojarchuk, oltre a un distintivo dell’IPA ucraina: l’IPA è accusata di essere una copertura delle agenzie d’intelligence occidentali.
Inoltre, il tiro dei cecchinineo-nazisti sui manifestanti di piazza Maidan – accusa rivolta ai repartianti-sommossa - è in odore di essere uno stratagemma e un’operazione false flag, con l'intento di denigrare il personale di sicurezza ucraino con la morte di manifestanti e presentarle, agli occhi dell'opinione pubblica occidentale, come la prova della ferocia delle autorità governative.
Il giornalista investigativo russo Nikolaj Starikov ha scritto un libro che tratta il ruolo dei cecchini sconosciuti nella sovversione occulta dei paesi colpiti da un cambio di regime da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati; nel 2002, la CIA ha tentato di rovesciare Hugo Chavez, presidente del Venezuela, con un colpo di stato militare e l'11 aprile di quell'anno fu organizzata dall'opposizione venezuelana una marcia – sostenuta dagli Stati Uniti – verso il palazzo presidenziale. I cecchini nascosti negli edifici vicino al palazzo aprirono il fuoco contro i manifestanti, uccidendone 18; i media venezuelani ed internazionali affermarono che Chavez “uccideva il suo stesso popolo“, giustificando così il colpo di stato militare, presentato come un intervento umanitario: successivamente è stato dimostrato che il golpe era stato organizzato dalla CIA, ma l’identità dei cecchini non è mai stata stabilita.
L’impiego di mercenari, squadroni della morte e cecchini dalle agenzie di intelligence occidentali è ben documentato:nessun governo razionale che volesse rimanere al potere, ricorrerebbe a cecchini sconosciuti per intimidire i suoi avversari: sparare contromanifestanti innocenti sarebbe controproducente, di fronte alle pressioni deigoverni occidentali.
“Tetelestai” - il cerchio ormai si stringe e arriviamo ai giorni che - dal 18 al 20 febbraio - rappresentano la capitolazione dello stato di diritto in Ucraina e una delle pagine più nere della recente storia europea; le falangi neo-naziste cercano di raggiungere il Parlamento e lo scontro con la polizia è inevitabile, con gli estremisti armati di pistole che sparano ad alzo zero costringendo i Berkut ad usare le armi per legittima difesa, laddove – fino ad allora - si erano usati proiettili di gomma; in uno scenario da Inferno dantesco vengono sequestrati e seviziati dei poliziotti, nonché assaltato un pullman di giovani agenti del Ministero dell'Interno che verranno liberati successivamente: in questa escalation di follia (http://www.repubblica.it/esteri/2014/02/20/news/ucraina_scontri-79117130/) le cifre si rincorrono e il Ministero della Sanità ucraino parla di 75 persone uccise e 571 ferite.
Nonostante le evidenti responsabilità dell'estrema destra nello sconfinamento delle manifestazioni in pura guerriglia urbana - cosa voluta, come abbiamo visto – la cosiddetta “comunità internazionale” pensa bene di continuare a minacciare il governo nel caso avesse deciso di usare la forza; il 18 febbraio l’ambasciatore statunitense in Ucraina, Geoffrey Pyatt, dice che gli Stati Uniti credono che la crisi ucraina si possa risolvere con il dialogo e che le sanzioni saranno imposte a chi incoraggia l’uso della forza da entrambi le parti.
Il giorno successivo, l’ambasciatore dichiara che il diritto alla protesta pacifica deve essere garantito e notifica che ad alcuni funzionari ucraini sono stati rifiutati i visti: non ha mai ricordato la responsabilità dell’opposizione nelle violenze e non ha mai detto dove vedesse “la protesta pacifica”.
La Casa Bianca – per bocca del vicepresidente Biden – chiede a Yanukovich di ritirare le forze di sicurezza dalle strade e di esercitare la massima moderazione e, ovviamente se Washington si muove, Bruxelles non vuole essere da meno; parte così la gara a chi le spara più grosse e “l'interventismo umanitario” dispiega le sue ali immacolate e si aderge verso le vette del Sublime: Catherine Ashton, la “ragazza-copertina” di Bruxelles, apre le danze dichiarando che “Tutte le opzioni saranno esplorate, comprese misure restrittive contro i responsabili della repressione e delle violazioni dei diritti umani” , con tutti i big continentali – dalla Bonino, passando per Barroso – che partecipano a questa vorticosa quadriglia dell'indecenza; le maggiori soddisfazioni - però, ci arrivano da Twitter con il ministro britannico degli Affari esteri William Hague che scrive, “La violenza contro i pacifici manifestanti è inaccettabile e il governo ucraino dovrà risponderne”, e il Ministro degli Esteri svedese Carl Bildt : “Dobbiamo essere chiari: la responsabilità finale per le morti e le violenze è del presidente Yanukovich. Egli ha le mani insanguinate”.
E' veramente "singolare" osservare come uno strumento di condivisione - tutto sommato utile - come Twitter sia diventato un'arma di diplomazia coercitiva, con politici attempati che giocherellano con lo smartphone come farebbe un brufoloso adolescente: purtroppo per loro, la chiave del successo di questo new media ne amplifica i loro limiti , poiché la necessità di essere stringati rende evidenti l'inconsistenza e la falsità di cui sono permeati questi “gentiluomini”, laddove un lungo e ampolloso discorso ufficiale riuscirebbe a camuffarne le intime intenzioni; probabilmente – secondo costoro – il presidente ucraino avrebbe dovuto lasciar scorazzare uomini armati, magari dentro il Parlamento, liberi di disporre a piacimento di Kiev: del resto, anche a Londra e Stoccolma non usa così?
Dopo Milosevic, Gheddafi e chissà quanti altri ancora, adesso il “dittatore di turno” è Yanukovich, del quale viene mostrata la lussuosa villa e tutte le amenità di cui amava circondarsi, fornendo alle sonnacchiose coscienze occidentali il più comodo degli alibi ristoratori: viveva nel lusso, se lo è meritato! Come osserva acutamente Enrico Galoppini: “[...] a quando dei servizi speciali sulle regge dei grandi nomi della finanza, dell’economia e dell’editoria “italiane” ed“europee?[...]”.
C'è un segno che, passando spesso inosservato, indica quanto il governo del Paese preso di mira sia prossimo alla caduta: quando arriva la CNN in forze, per quel paese è finita.
Marco Cannavicci - direttore della sezione psicologia militare della Difesa – ha dedicato uno studio alle operazioni di guerra psicologica (PSYOPs) nei conflitti asimmetrici e un paragrafo è dedicato proprio al ruolo della CNN nelle cosiddette “guerre umanitarie”, vediamone il contenuto: “Anche il canale televisivo internazionale CNN ha impiegato militari statunitensi specializzati in operazioni psicologiche. La rivista 'Trouw' ne ha riportato più volte la notizia dopo aver avuto conferma da un portavoce dell'esercito USA.
I militari potrebbero aver influito sulla maniera in cui la CNN forniva notizie sulla crisi nel Kosovo. Membri del personale psyop, soldati e ufficiali, hanno lavorato alla sede della CNN ad Atlanta tramite il programma di Formazione nelle Industrie, come ha riferito il maggiore Thomas Collins della U.S. Army Information Service nel corso di alcune interviste alla stampa internazionale.
I militari delle psyops lavorano come normali dipendenti della CNN ed è possibile che abbiano lavorato alla preparazione di materiali informativi durante la guerra nel Kosovo ed hanno aiutato a produrre delle notizie.
La pratica di sistemare temporaneamente il personale militare coinvolto nelle psyops in vari settori esterni della società risale ad alcuni anni fa. I contratti hanno una durata che varia da due settimane a un anno.
La CNN è la fonte più grande e più seguita di notizie al mondo. Il personale militare dislocato presso la CNN apparteneva al Quarto Gruppo per le Operazioni Psicologiche, con base a Fort Bragg nella Carolina del Nord. Uno dei principali compiti di questo gruppo di circa 1200 persone tra soldati e ufficiali è di diffondere 'informazioni selezionate'. Le truppe americane psyops cercano di influenzare l'opinione pubblica e dei media nei conflitti in cui si dice che siano coinvolti interessi di Stato americani, adoperando diverse tecniche. Questo gruppo propagandistico ha partecipato alla Guerra del Golfo, alla guerra in Bosnia e alla crisi nel Kosovo”.
La CNN è stata presa con le mani nella marmellata anche in Siria, con Anderson Cooper che è stato scoperto a fabbricare false notizie su Damasco per giustificare l'intervento militare; è notizia di pochi giorni fa che il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha dato l'aut aut alla CNN, accusata di fomentare le proteste, presentandole come una guerra civile.(http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2014/02/21/Venezuela-Maduro-Cnn-propaganda-nera_10117228.html).
Il 22 febbraio, Yanukovich - per evitare che la situazione esploda – è costretto a firmare una sorta di resa incondizionata con i tre “paladini dell'opposizione”, nella quale è prevista l'amnistia generale, il ritorno immediato alla costituzione del 2004 che ridimensiona i poteri presidenziali, e un governo di coalizione con elezioni da svolgersi entro fine anno; inutile dire che per parlamentari e funzionari governativi la situazione si fa pericolosa e lo stesso presidente ucraino decide di lasciare Kiev a bordo di un elicottero.
Nulla più si frappone all'instaurazione di un regime – questo sì – nato da un “colpo di stato mascherato”; con una mossa prevedibile, “l’opposizione” ucraina usa la Verkhovna Rada (il Parlamento ucraino) per legittimare legalmente l'insurrezione; con la presenza di squadristi armati nei palazzi delle istituzioni, prima viene fatto dimettere – sotto minaccia - il presidente della Rada, Volodymyr Rybak ,(http://www.voltairenet.org/article182321.html) sostituito da un fedelissimo della Tymoshenko - Oleksandr Turchinov, avvocato della stessa - violando ripetutamente la Costituzione in diverse occasioni: (http://www.voltairenet.org/article182322.html) l'opposizione ha inizialmente usato l’instabilità e la fuga del governo per dichiarare opportunisticamente legittimi i contestati voti alla Rada.
Ciò è accaduto mentre circa la metà dei parlamentari ucraini era assente o in clandestinità per le violenze e i disordini a Kiev: in altre parole, i leader dell’opposizione hanno usato l’assenza di circa la metà dei parlamentari nella Rada per dare una finta legalità al loro colpo di Stato, cogliendo l’occasione approvando una legge parlamentare che sarebbe stata respinta se tutti i membridella Rada fossero stati presenti e votanti.
Il colpo di mano parlamentare ha consentito di formulare l'accusa di “strage” verso Yanukovich e la liberazione di Yulia Tymoshenko, che è apparsa in Piazza Indipendenza su una sedia a rotelle, dando ai più l'impressione di essere un abile escamotage mediatico per avvalorarne l'immagine di perseguitata; iI parlamento ucraino intanto designa all’unanimità il filoeuropeo Arsenyi Yatseniuk primo ministro del governo di transizione; sarà lui a guidare il governo di unità nazionale che terrà le redini del paese fino alle elezioni presidenziali anticipate del 25 maggio ed ha già anticipato agli ucraini ciò che gli darà in dote il “democratico” occidente: "Il tasso di disoccupazione va al galoppo, così come la fuga degli investimenti. Non abbiamo altra strada che prendere misure impopolari, come il taglio dei programmi sociali e delle sovvenzioni, la riduzione delle spese di bilancio".
Ma che bella coincidenza!
Nella ormai nota telefonata intercettata della Nuland, il nome di Yatseniuk era il “Manchurian candidate” degli Stati Uniti per il governo ucraino, e le coincidenze
(http://www.ilmondo.it/esteri/2014-02-24/ucraina-appello-ban-preservare-unit-del-paese_415492.shtml)diventano due se consideriamo che Robert Serry - il delegato ONU, ora in Ucraina - era il nome prescelto dagli USA; le parole di Yatseniuk sono anche propedeutiche all'arrivo del Fondo Monetario Internazionale – e le coincidenze sono tre - e Christine Lagarde fa sapere che la sua ONLUS è pronta a rispondere alla richiesta d'aiuto avanzata dall'Ucraina: "Le autorità ucraine mi hanno informato oggi della loro richiesta di aiuto dal Fmi. Siamo pronti a rispondere e, nei prossimi giorni, invieremo un team a Kiev per un dialogo preliminare con le autorità. Questo consentirà al Fmi di effettuare la sua consueta valutazione tecnica e indipendente sulla situazione economica in Ucraina e, allo stesso tempo, avviare il dialogo sulle riforme alla base per un programma del Fmi" afferma Lagarde, sottolineando che il Fmi sta inoltre "discutendo con i nostri partner internazionali su come meglio aiutare l’Ucraina in un momento critico della sua storia. Siamo incoraggiati dalle dichiarazioni di appoggio che sono state espresse". Saprete presto cosa vi aspetta.
Il quadro complessivo è veramente desolante e anche oltreoceano diversi ed illustri analisti lo confermano; uno dei più autorevoli è Patrick J. Buchanan - candidato repubblicano per le Presidenziali del 1992 e 1996 – che in un articolo sul “The American Conservative” (http://www.theamericanconservative.com/will-mobs-rule-in-ukraine/) trancia una serie di giudizi molto negativi sull'operato occidentale in Ucraina; Buchanan osserva che gli americani, nonostante blaterino all'infinito di democrazia, sono pronti a mettere sullo scaffale la loro devozione ai principi democratici quando questi intralcino la via al loro Nuovo Ordine Mondiale.
Viene puntualizzato che Yanukovich vinse le elezioni del 2010 che osservatori neutrali giudicarono “libere” e “leali” e adesso - con il pretesto della mancata firma all'Accordo di Associazione - Stati Uniti e Unione Europea stanno sollevano le folle per destituirlo, con Kerry e gli europei che mettono sul piatto un “piano di aiuti” per strappare l'Ucraina a Putin e Buchanan si chiede sarcasticamente: “Ma se l'offerta di Putin per 15 miliardi di dollari era una tangente, cos'è questa?”
Buchanan riconosce che il presidente ucraino “sta governando un Paese diviso e non può essere affatto considerato un tiranno”, avendo dimissionato il Governo, offerto il ruolo di Primo Ministro all'opposizione e abrogato le leggi contro le manifestazioni; il politico americano riconosce inoltre valide le rimostranze della Russia e ammette il ruolo sovversivo degli USA in Ucraina, quando scrive: “La polizia di sicurezza che ha interrogato i rivoltosi sembra credere che noi americani siamo dietro a quello che sta succedendo. E dato il ruolo clandestino del National Endowment for Democracy nelle “rivoluzioni colorate” di un decennio fa in Europa centrale e orientale, tale sospetto non è ingiustificato.”
AncheRomano Prodi, dalle colonne del New York Times, ammette che le cause dei disordini a Kiev sono imputabili a ”radical agents began to attack police, start fires, seize buildings and create an environment of destruction [...] which is occupying government buildings and attacking police officers with guns and explosives. It includes far-right nationalist groups like Right Sector, a new extremist movement, and Svoboda, an openly anti-Semitic group that is now the country’s third-largest opposition party” .
Ma perché la sostanza reale delle cose deve sempre essere relegata nelle pagine, magari interne, di un quotidiano straniero e in Italia – e in buona parte d' Europa, invero - tutto quello che ci viene “spacciato” è roba come questa (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/01/24/il-sogno-di-putin-le-speranze-dei.html) o quest'altra? (http://www.repubblica.it/esteri/2014/02/20/news/obama_incubo_putin-79112484/)
Quando assistete al crollo dei vostri fortilizieuro-atlantisti, la colpa non sarà stata solo dell'idiosincrasia italiana alla lettura ma soprattutto della “qualità” dell'informazione offerta, sempre “appecoronata” ai potenti e attenta a non contrastarne gli instabili umori.
Chi della situazione ucraina ha capito tutto è Laura Boldrini, Presidente della Camera; dopo avere incontrato Yevhenia Tymoshenko – figlia della pasionaria – e averne elencate le superiori doti morali, la Boldrini ha affermato che,”[...] i giovani in piazza a Kiev ricordano a tutti noi, cittadini europei tra i quali crescono l'euroscetticismo ed il distacco dalla vita politica, che il progetto europeo è capace di suscitare grande entusiasmo e di mobilitare masse che nell'Unione Europea vedono una prospettiva di diritti e sviluppo", serbando una gragnuola di fuochi d'artificio per l'esaltato e funambolico finale: "La crisi ucraina ha dimostrato che l'Europa può agire con forza ed in maniera unitaria per difendere i diritti umani e per contribuire alla stabilità della regione. Alla vigilia delle elezioni europee, in cui si leveranno le voci di chi predica un ritorno ai nazionalismi, da Kiev e da Bruxelles giunge la risposta: l'Europa c'è, e per farne parte c'è chi è disposto a battersi".
Dinanzi ad un'analisi così impeccabile e puntigliosa, alziamo le mani; ci pregiamo – sommessamente, peraltro – ricordare all'onorevole Boldrini che i NAZIONALISTI, quelli veri, sono già tornati e stanno proprio a Kiev, ad Atene e in tante altre parti d'Europa; suvvia Madame, non è elegante e non è nel Suo stile, assai raffinato, paragonare tante persone dabbene a dei furfanti della peggior risma.
Sembra che Putin – rimasto silente per diversi giorni – abbia le idee chiare su come muoversi e di quali siano le priorità; a Sebastopoli, già mercoledì scorso, giravano per la città alcuni blindati appartenenti al locale Reggimento indipendente di fanti di Marina composto da 1100 uomini a protezione delle istituzioni , e a Simferopoli – capitale della Crimea – il Parlamento della Repubblica autonoma è presidiato da molti uomini in mimetica verde, armati di mitragliatrici e privi di mostrine di riconoscimento che ne garantiscono l'intangibilità; intanto il Primo ministro della Repubblica autonoma di Crimea, Sergej Aksenov, ha preso il comando temporaneo di tutte le forze militari ed ha invitato la Russia a garantire la pace nella Repubblica autonoma di Crimea: “Mi appello al presidente russo Vladimir Putin per aiutarci a mantenere la sicurezza per i civili“, ha detto il Primo ministro.
Nel frattempo, il presidente russo ha chiesto l’approvazione dalla Camera alta del Parlamento per inviare le forze armate russe in Ucraina e usare la forza militare in risposta alle minacce contro i cittadini russi e il pericolo posto alle basi navali russe in Crimea. Le truppe russe rimarranno fin quando la “situazione politico-sociale nel Paese sarà normalizzata“, ha detto il Cremlino. L’approvazione del Consiglio della Federazione è necessaria per impiegare le forze russe al di fuori del Paese.
Il Consiglio della Federazione della Russia, quindi, ha approvato all’unanimità la richiesta del presidenteVladimir Putin di usare le forze militari russe in Ucraina, per risolvere le turbolenze nel Paese diviso.
Molte le reazioni a livello diplomatico; il Canada ha infatti richiamato il proprio ambasciatore a Mosca e si è unito a Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia nel condannare le azioni della Russia, annunciando il boicottaggio dei prossimi incontri preliminari al G8; il segretario di Stato statunitense, John Kerry, ha messo in guardia Mosca e avvertito che "gli effetti sulle relazioni Usa-Russia e sullo status internazionale della Russia saranno profonde".
Fonti accreditate parlano dell'arrivo in Crimea di circa 6000 soldati russi e il “governo” di Kiev ha già allertato i riservisti, con Yatseniuk che – in un appello stile “armiamoci e partite” - ha ribadito che “il Paese è sull'orlo del disastro” e che “la Russia ha dichiarato guerra” ; resta da vedere quanti generali e soprattutto quanti soldati siano disposti a muovere guerra contro quelli che sono – per molti versi – fratelli, e a seguire gli ordini di un esecutivo totalmente illegittimo che sta mostrando le prevedibili contraddizioni; è stata data notizia che domani, 3 marzo, Julia Tymoshenko sarà a Mosca per interloquire con Putin: è d'uopo ricordare che il Paese è finanziariamente agli sgoccioli e il debito pregresso dell'Ucraina verso Gazprom è arrivato a 1,55 miliardi di dollari, ai quali si aggiunge l'esorbitante cifra di 35 miliardi di dollari necessaria al risanamento del Paese.
La situazione è ancora estremamente fluida e solo le prossime ore ci diranno che piega prenderanno gli eventi, ma una cosa è chiara: gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno scelto un percorso pericoloso nel rovesciare un governo di un Paese sovrano legato alla Russia da radici culturali,linguistiche e storiche tanto profonde.
Come si diceva all'inizio questa è molto più di una mera disputa territoriale, è lo scontro tra due modi di pensare il Mondo Che Verrà: e se la scelta che ci è data è quella tra il mondo perennemente deflazionato - incarnato nel TTIP - presentato dagli ordoliberisti e quella di un moderato benessere nel segno della sovranità nazionale indicata da Vladimir Putin, be', allora non c'è proprio partita.
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