mercoledì 5 febbraio 2014

PERICOLO DELL'INFIAMMAZIONE CRONICA

I pericoli dell'infiammazione cronicaPDFStampaE-mail
Scritto da Dr Francesco Perugini Billi   
Giovedì 07 Febbraio 2013 16:13


Di solito l'infiammazione è intesa come un processo acuto, di breve durata e che spesso si risolve spontaneamente senza lasciare importanti conseguenze. Tuttavia l'infiammazione può anche essere meno evidente, assumere un andamento cronico, subdolo, e rappresentare uno delle cause principali di molte patologie degenerative o di un invecchiamento precoce. Infatti, secondo i più recenti studi, almeno sette delle dieci principali cause di morte sono dovute ad uno stato di infiammazione cronica di basso livello (chronic low-level inflammation): infarto, cancro, bronchiti croniche, ictus, Alzheimer, diabete e nefrite.
Mitocondri e infiammazione
I mitocondri sono organelli cellulari deputati alla produzione di energia, sotto forma di ATP. Infatti negli organismi pluricellulari, l'attività vitale dipende da una efficiente funzione mitocondriale. Tuttavia durante la “respirazione” mitocondriale vengono prodotti una serie di radicali liberi che contribuiscono all'infiammazione. Con l'età si diventa sempre più sensibili agli effetti di questi radicali e questo è dovuto al progressivo malfunzionamento dei mitocondri.

Fattori di rischio
Età – nei giovani i prodotti dell'infiammazione, come ad esempio le citochine, aumentano normalmente solo in risposta alle infezioni o ai traumi. Negli anziani invece questi prodotti possono essere costantemente elevati, soprattutto le IL-6 e il TNF-alfa. Ciò può essere riscontrato anche negli adulti apparentemente sani. Questo quadro pare sia legato ad un danno cumulativo dei mitocondri.
Obesità – il tessuto grasso è un organo endocrino, che accumula e secerne numerosi ormoni e citochine, influenzando il metabolismo di tutto l'organismo. Per esempio, le cellule adipose producono sia il TNF-α che la IL-6 e il grasso viscerale (addominale) è in grado di produrre queste citochine a livelli tali da provocare una forte risposta infiammatoria. In particolare, le cellule adipose addominali possono produrre tre volte la quantità di IL-6 rispetto ad una normale cellula adiposa del corpo e addirittura in alcuni soggetti obesi la produzione di questa citochina può raggiunge il 35% di quella prodotta in tutto il corpo. Inoltre il tessuto grasso può essere infiltrato dai macrofagi, anch'essi produttori di citochine pro-infiammatorie.
Dieta – alcuni studi, ma non tutti, hanno mostrato una significativa associazione tra una dieta ricca di grassi idrogenati e alti livelli di marker dell'infiammazione (IL-6, TNF-α, IL-8, PCR), soprattutto nel caso di soggetti obesi. L'alimentazione moderna, spesso eccessiva e soprattutto ricca di alimenti processati e devitalizzati è certamente uno dei fattori che più contribuisce al mantenimento di uno stato sub-infiammatorio cronico dell'organismo. Inoltre, alcuni studi mostrano che la restrizione calorica e una dieta frugale riducono sensibilmente i livelli di fattori dell'infiammazione.
Ormoni sessuali – tra le loro numerose funzioni, gli ormoni sessuali hanno anche quella di modulare la risposta immunologica/infiammatoria. Le cellule mediatrici dell'infiammazione (come i neutrofili e i macrofagi) hanno dei recettori per gli estrogeni e gli androgeni e quindi la loro funzione viene influenzata dai livelli circolanti di ormoni sessuali. Un esempio sono gli osteoclasti, responsabili del rinnovamento del tessuto osseo (demoliscono le ossa). Gli estrogeni riducono l'attività di queste cellule, ma con la menopausa questa attività inibitoria viene meno e qusto accelera la perdita ossea. Studi in vitro hanno mostrato che il testosterone e gli estrogeni sono in grado di reprimere la secrezione di diversi fattori dell'infiammazione, tra cui IL-1β, IL-6, TNF-α, NF-kβ). Livelli bassi di testosterone negli uomini anziani e di estrogeni nelle donne in menopausa sono associati ad alti livelli di fattori infiammatori (IL-1β, IL-6, TNF-α). Al contrario, livelli ottimali di ormoni sessuali sono associati ad una riduzione del rischio di patologie “infiammatorie”, come l'aterosclerosi, l'asma nelle donne e l'artrite reumatoide negli uomini.
Fumo di sigaretta – contiene diversi induttori dell'infiammazione, soprattutto radicali liberi. L'abitudine al fumo aumenta la produzione di diverse citochine pro-infiammatorie (TNF-α, IL-1β, IL-6, IL-8) e allo stesso tempo riduce le molecole antinfiammatorie.
Disturbi del sonno - la produzione di citochine pro-infiammatorie segue il ritmo circadiano e potrebbe essere coinvolta nel ritmo sonno-veglia, sia negli animali che nell'uomo. Un'eccessiva sonnolenza diurna, la narcolessia e l'apnea notturna sono tutte condizioni associate ad livelli aumentati di TNF-α e IL-6.
Stress – sia emotivo che fisico è in grado di aumentare il rilascio di citochine pro-infiammatorie (IL-6). Inoltre, lo stress è spesso accompagnato da un aumento di peso (dovuto all'aumento del cortisolo) ed entrambe le condizioni sono due fattori di rischio per l'infiammazione cronica.
Eccesso di zucchero – quando lo zucchero è utilizzato adeguatamente, allora le nostre cellule producono energia in modo efficiente, se invece la sensibilità all'insulina diminuisce, l'eccesso di glucosio si accumula nel sangue (iperglicemia). Troppo zucchero nel sangue da una parte costituisce una forma di “combustibile” e foraggia oltremodo i processi di infiammazione cronici e dall'altra reagisce con le proteine dei tessuti causando danni da glicazione. Diete relativamente ricche di alimenti con alto Indice Glicemico e Carico Glicemico sono state associate ad un aumentato rischio di ictus, malattie cardiovascolari e diabete di tipo II, soprattutto negli individui obesi. Infine, lo zucchero in eccesso si trasforma in trigliceridi che vengono poi immagazzinati come grasso che, come abbiamo visto, aumenta i prodotti dell'infiammazione.

Integratori e nutrienti
Magnesio – alcuni studi hanno mostrato che maggiori sono le assunzioni di magnesio e più bassi sono i livelli di PCR-altamente sensibile, IL-6 e TNF- α recettori (un indice di attività di TNF-α). In altri studi, le maggiori assunzioni di magnesio sono state associate ai più bassi livelli di omocisteina e fibrinogeno, due proteine infiammatorie. Tra 42 nutrienti testati per la loro capacità di ridurre la PCR, il magnesio si è classificato al primo posto.
Vitamina D – la vitamina D sembra esercitare la sua azione antinfiammatoria attraverso la soppressione dell'attività delle prostaglandine e l'inibizione del mediatore dell'infiammazione NF-kβ. Diversi studi mostrano che la carenza, oggi molto diffusa, della vitamina D può favorire l'infiammazione, tra cui l'artrite reumatoide, Crohn, rettocolite ulcerosa, lupus e diabete. Per altro, bassi livelli di questa vitamina sono più frequenti nelle fasce della popolazione più inclini all'infiammazione cronica, come quella degli obesi e degli anziani. Bassi livelli di vitamina D associati a ad alti titoli di PCR sono stati riscontrati in 548 pazienti con insufficienza cardiaca. Infine, bassi livelli di questa vitamina associati ad alti livelli di mediatori dell'infiammazione (IL-6, NF-kβ) sono stati riscontrati in un gruppo di uomini di mezza età con patologie endoteliali.
Vitamina E – è un potente antiossidante. Viene incorporata nelle LDL e protegge queste particelle dai danni ossidativi. Pare che abbia anche un'ottima azione anti-aterosclerotica. Come integratore, il migliore effetto antinfiammatorio si ottiene combinando il gamma-tocoferolo con l'alfa-tocoferolo. In alcuni studi, questa combinazione, paragonata al placebo, ha soppresso efficacemente la PCR e il TNA-α .
Zinco e Selenio – Zinco e Selenio sono contenuti nel SOD (Super-Ossido-Dismutasi) e nel Glutatione, due potenti antiossidanti che inibiscono direttamente l'attività dell' NF-kβ e prevengono la produzione di diversi enzimi e citochine pro-infiammatorie. Lo zinco inibisce l'NF-kβ anche in modo diretto. La supplementazione di zinco riduce la tendenza infiammatoria nei bambini e negli anziani, come dimostrano diversi studi. Anche la carenza di selenio è comune negli stati cronici infiammatori.
Resveratrolo e Pterostilbene – il resveratrolo è in grado di inibire parecchi mediatori dell'infiammazione (ciclossigenasi, TNF-α, IL-1β, NF-kβ), sia in vitro che in vivo. In modelli animali di cancro, infarto, pancreatite e infiammazione intestinale, il resveratrolo ha mostrato notevoli effetti protettivi. Assunto con un pasto grasso e ricco di carboidrati, il resveratrolo (100mg) è stato in grado di prevenire il modesto aumento di mediatori dell'infiammazione che si verifica dopo mangiato. I pterostilbene ha mostrato un'attività molto simile al composto precedente.
Curcumina – numerosi studi in vitro e su modelli patologici animali (aterosclerosi, artrite, diabete, patologie epatiche, gastrointestinali, cancro, ecc) hanno mostrato la notevole azione antinfiammatoria di questa sostanza contenuta nella curcuma. Anche nei pochi studi sull'uomo, la curcumina ha confermato la sua azione antinfiammatoria in varie condizioni, come la psoriasi, colon irritabile, artrite reumatoide, congiuntiviti.
Polifenoli del tè – l'azione antinfiammatoria dei polifenoli del tè, verde e nero, è stata ampiamente dimostrata da decine di studi in vitro e su animali. Le epigallo catechine gallate e la teaflavina esercitano la loro azione antinfiammatoria inibendo l'azione di numerosi mediatori biochimici, tra cui anche l'istamina. Nei trial clinici, il tè nero si è dimostrato più efficace del tè verde nel ridurre i mediatori dell'infiammazione. Particolarmente interessante è l'effetto sulla PCR, che si riduce sensibilmente fino ad uno stupefacente 50% nel caso di quei soggetti con i più alti valori.
Carotenoidi – nel Women Health and Aging Study le donne con i livelli ematici più elevati di betacarotene e di carotenoidi totali mostravano i più bassi livelli di IL-6. Le pazienti con i livelli più bassi di alfa e beta carotene, luteina/zexantina e carotenoidi totali mostravano una maggiore tendenza ad alti valori di IL-6.
EPA/DHA (omega-3) – l'olio di pesce è la migliore fonte di omega-3. L'EPA e il DHA sono prodotti dal nostro organismo in modo molto limitato e una buona assunzione con la dieta o sotto forma di integratori è di fondamentale importanza. Hanno una provata azione antinfiammatoria in grado di prevenire o migliorare le patologie cardiovascolari, l'asma, l'artrite reumatoide e le malattie infiammatorie intestinale. Una buona integrazione di omega-3 di pesce è in grado di abbassare significativamente gli indici di attività del TNF-α . Lo studio ATTICA, condotto su oltre 3000 greci cittadini greci di ambo i sessi non affetti da patologie cardiovascolari, ha mostrato che il consumo di 300 etti di pesce a settimana riduceva in media del 33% la PCR e la IL-6 e del 21% il TNF-α .
N-acetil cisteina (NAC) – la via biochimica del NF-kβ gioca un ruolo centrale nell'attivazione dei geni che esprimono le citochine infiammatorie. Il NAC è in grado di inibire l'NF-kβ in vitro e quindi di ridurre le interleuchine IL-6 e IL-8. Dati sull'uomo sono promettenti, ma ancora molto limitati. La somministrazione di NAC per 8 settimane ha ridotto in modo modesto ma significativo i livelli di IL-6 nel sangue nei pazienti con affezioni croniche dei reni. In un piccolo studio, il NAC è stato in grado di ridurre gli indici di infiammazione sistemica nei pazienti ustionati.
BoswelliaBoswellia serrata – è una pianta utilizzata tradizionalmente nella Medicina Ayurvedica. Possiede proprietà antinfiammatorie: inibizione della 5-LOX e riduzione della produzione dei leucotrieni pro-infiammatori. L'azione farmacologica è attribuita soprattutto agli acidi boswellici. Nelle culture cellulari è in grado di inibire la produzione del TNF- α e IL-1β. Alcuni, seppur piccoli, studi randomizzati condotti sull'uomo hanno prodotto risultati molto incoraggianti nell'artrosi e nell'asma. Risultati discordanti si sono ottenuti nel caso delle patologie infiammatorie intestinali (Crohn e rettocolite ulcerosa).
Lignani del sesamo – i semi di sesamo , e più precisamente il suo olio, contengono interessanti sostanze antinfiammatorie, i lignani (sesamina, sesamolina, sesaminolo). Diversi studi in vitro e in vivo hanno mostrato che i lignani possono inibire la produzione diversi fattori pro-infiammatori (prostaglandine, trombossani, leucotrieni). Nell'uomo, 5 settimane di integrazione con sesamina (39mg/die) ha ridotto del 30% la concentrazione di un mediatore della vasocostrizione (20-HETE). Anche altri studi hanno messo in evidenza la notevole azione ipotensiva dei lignani.
Bromelina – è un enzima ad azione proteolitica e antinfiammatoria derivato dal gambo di ananas. Riduce l'attività del COX-2, la sintesi delle prostaglandine e del trombossano, riduce i livelli di fibrinogeno circolanti e la adesione delle cellule pro-infiammatorie ai siti infiammatori. Gli studi sull'uomo hanno dato promettenti risultati. Nell'artrosi infiammata dell'anca e del ginocchio si è dimostrata efficace quanto il diclofenac (Voltaren®). I generale, è un ottimo sostituto degli antinfiammatori non steroidei nel caso di infiammazione articolare su base artrosica.
Coenzima Q10 (CoQ10) e pirroloquinolina chinone (PQQ) – sono due potenti protettori mitocondriali e inoltre possiedono documentate proprietà antinfiammatorie. Il PQQ è un co-fattore degli enzimi coinvolti nella omeostasi energetica e nell'equilibro redox. Ha un'azione protettiva nel caso di stress mitocondriale e aumentato carico ossidativo. Negli animali è capace di ridurre i trigliceridi e migliorare l'ossigenazione del tessuto cardiaco, in condizioni sperimentali avverse per la funzione cardiaca. Il CoQ10 è un indispensabile componente nella produzione di energia (ATP) da parte del mitocondrio. Gli studi mostrano che in condizioni di infiammazione acuta e cronica i livelli di Q10 sono bassi. E' capace di modulare l'espressione di diverse centinaia di geni coinvolti nella risposta infiammatoria. In particolare, in un esperimento ha ridotto del 25% la produzione di TNF-α .

Piccola legenda su citochine e mediatori dell'infiammazione
TNF- α
Azione di immunosorveglianza, rallenta lo sviluppo di molti patogeni. Quando in eccesso induce uno stato infiammatorio cronico, aumenta il rischio di trombosi, riduce la contrattilità cardiaca e potrebbe addirittura essere coinvolto nella promozione tumorale.
NF-kβImportante nella fasi iniziali della risposta infiammatoria. Coinvolge l'attività della ciclossigenzasi-2 (COX-2) e della lipossigenasi. La COX-2 è responsabile della sintesi delle prostaglandine, altri mediatori dell'infiammazione.
InterleuchineNumerose sostanze che hanno la funzione di promuovere o risolvere l'infiammazione. Quelle pro-infiammatorie oggetto di numerose ricerche sono: IL-1β, IL-6, IL-8.
Proteina C reattiva (PCR)Proteina delle fasi acute dell'infiammazione. Riveste le cellule danneggiate per renderle riconoscibili dai meccanismi di eliminazione. Il tipo ad "alta sensibilità" è associato ad un maggiore rischio di patologie cardiovascolari (infarto, ictus).

Bibliografia

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