lunedì 16 settembre 2013
VERGOGNOSO UCCIDERE SOLO PERIL MERCATO DI UMANI SENZA SCRUPOLI
Lievita il numero dei cervi condannati in Cansiglio, il CFS avalla la strage
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Mentre la politica regionale veneta si affanna per autorizzarla in tempi rapidi e il Corpo Forestale dello Stato dà la sua benedizione, la mattanza annunciata dei cervi del Cansiglio in provincia di Treviso, Pordenone e Belluno lievita nei numeri. Sembra che dai 1.200 esemplari di cui gli amministratori intendono ordinare l’uccisione si sia passati a duemila, con le motivazioni di sovrappopolamento e danni all’agricoltura. Nei mesi scorsi il governatore Zaia aveva espresso parere negativo all’abbattimento degli animali all’interno della riserva naturale protetta e gestita dal CFS, ma non nelle zone limitrofe. Seppure molto parziale, la restrizione scontenta i sindaci che sono ricorsi alla Commissione Agricoltura, ottenendone parere favorevole a che si spari ovunque.
“Siamo contrarissimi a queste uccisioni in ogni caso, in ogni luogo e in qualsiasi proporzione” dice Carla Rocchi, presidente dell’Enpa-Ente nazionale protezione animali. “I cervi sono troppi rispetto a cosa? L’ordine naturale prevede che essi aumentino fino alla capacità portante, ovvero il numero limite di esemplari che possono convivere bene nello stesso territorio” obietta Carlo Consiglio, zoologo e presidente onorario della Lac-Lega per l’abolizione della caccia. “A quel punto ne aumenta il tasso di mortalità e la natalità diminuisce, fino a un ri-equilibrio naturale. Può accadere che si raggiunga una popolazione in esubero solo limitatamente e per periodi circoscritti. Si possono ravvisare i danni in qualche albero scortecciato, oppure nel fatto che i cervi mangino germogli: niente che impedisca il rinnovamento ambientale. Nell’intera storia della scienza, non si è mai sentito riportare che una foresta scomparisse a causa dei cervi”.
Sorprendentemente favorevoli a risolvere la questione a suon di pallottole, anzi fra i primi a sottolineare l’aumento della popolazione degli ungulati, i dirigenti del CFS: “Il controllo della popolazione numerica di questo erbivoro, in assenza dei predatori naturali, va nella direzione di proteggere l’antica foresta da cui si ricavavano i remi per le navi della Serenissima, oltre a impedire che venga sottratto alimento ai bovini al pascolo” spiega Daniele Zovi, comandante regionale del CFS per il Veneto. Già, perché anche agricoltori e allevatori sono insofferenti alle incursioni dei cervi nei prati esterni alla foresta: un’abitudine normale, visto che nel buio intrico degli alberi l’erba non si trova. Secondo tale ragionamento, tuttavia, gli ungulati non avrebbe diritto a pascolare, né a utilizzare parte delle risorse del bosco: la soluzione logica è quindi ucciderli. Gli stessi censimenti che accusano i cervi di essere in soprannumero sono stati realizzati dalle province di Belluno e Treviso con l’Azienda regionale Veneto Agricoltura.
“Tra luglio e settembre 2010 pure l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha eseguito un approfondito campionamento mediante distance sampling e termocamere a infrarossi, stimando nel comprensorio del Cansiglio una popolazione di circa 3.200 esemplari, mentre una quindicina d’anni fa la presenza del cervo sul territorio era sporadica e il piano di controllo prevedeva l’abbattimento, mai attuato, di 400 capi l’anno” aggiunge Zovi. Rimane da capire come studi e strumenti riescano, oltretutto a distanza, a distinguere un cervo dall’altro. Ed è ancora poco chiaro chi dovrebbe uccidere gli animali: forestali o cacciatori? La risposta è enigmatica: “A oggi il personale del CFS ha operato solo azioni di dissuasione con sparo di dardi esplodenti, per allontanare gli animali dalla piana ove si concentrano le attività agro-pastorali. Né il CFS né altre istituzioni pubbliche hanno finora abbattuto un solo capo di cervo nel comprensorio del Cansiglio”.
Peraltro, prima di essere consegnati ai ristoratori della zona che li attendono con impazienza, gli animali dovranno essere analizzati per appurare che non contengano concentrazioni di radionuclidi, com’è avvenuto di recente nei cinghiali piemontesi. Ma per gli animali non cambierà niente, visto che saranno già stati sterminati.
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